Quando la vita rovescia la nostra barca, alcuni affogano, altri lottano strenuamente per risalirvi sopra. Gli antichi connotavano il gesto di tentare di risalire sulle imbarcazioni rovesciate con il termine “resalio”. Come scrive Pietro Trabucchi nel suo “Resisto dunque sono”, è probabile che derivi da qui il concetto di “resilienza”, la qualità di chi non perde mai la speranza e continua a lottare contro le avversità.
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L’incredibile bellezza dell’attimo granata
In psicologia, la resilienza è un concetto che indica la capacità di far fronte in maniera positiva a eventi traumatici, di riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà, di ricostruirsi restando sensibili alle opportunità positive che la vita offre.
In tema calcistico, invece, resilienza vuole dire Toro. Siamo noi i paladini massimi della capacità di reagire a qualsiasi attentato del destino. Siamo sopravvissuti alla madre di tutte le tragedie, Superga. Siamo sopravvissuti alla morte drammatica di Gigi Meroni, alla convivenza coatta con una delle squadre più potenti e arroganti del mondo, alla sequela di banditi e fanfaroni che si sono succeduti alla guida del Toro tra Sergio Rossi e Cairo; siamo sopravvissuti ai tre legni di Amsterdam e al fallimento del 2005, a Umberto Agnelli che voleva annientarci proponendo una delirante “fusione” e a una città che, senza mai riuscirci, ha sempre fatto di tutto per farci sentire figli di un dio minore e ha permesso che andasse in rovina il Filadelfia, tempio del calcio mondiale, sacrario calcistico che in qualsiasi altro luogo del pianeta sarebbe stato tutelato come patrimonio inalienabile di cultura e identità.
Esistono però alcuni attimi di “granatismo” che valgono più di qualsiasi trattato scientifico sulla resilienza e sulla capacità di risorgere dalle proprie ceneri. Ieri abbiamo avuto la fortuna di viverne uno. A nove minuti dalla fine stiamo incredibilmente perdendo in casa contro il Sassuolo, i sogni d’Europa stanno svanendo nel modo più assurdo contro una squadra che dalla mezz’ora del primo tempo gioca con un uomo in meno. Lo stadio è tanto gremito quanto attonito, è il solito Toro, tradisce sul più bello, maledetti.
E invece no. Meitè taglia dentro per Zaza, sinistro a incrociare ed è il gol del due a due. Palla al centro, la magia sta per compiersi, è una specie di nemesi dovuta alle centinaia di bambini presenti allo stadio, alla muraglia granata del Grande Torino e a tutti noi che continuiamo a credere nell’incanto del pallone alla faccia dei pagliacci che vogliono un calcio a inviti. Non è neanche passato un giro d’orologio dal gol del pari; Meitè allunga sulla destra per De Silvestri, cross in mezzo … ed eccola lì l’ebbrezza granata, è una rovesciata meravigliosa, un sublime gesto acrobatico, è la storia del Torino che ha attraversato il Novecento, è passata da Libonatti, Gabetto e Pulici per arrivare sulle spalle del Gallo. E’ un gol che vale molto più dei tre punti e della corsa europea, è un gol che ci riappacifica con il senso più intimo della nostra passione granata e alimenta quell’aura di unicità a cui teniamo più di ogni altra cosa.
Belotti; è incredibile la capacità di emozionarmi di questo ragazzo. E’ la mia idea di calcio, la mia idea di Toro. E' questi gol pazzeschi alla Pulici che ti tolgono il fiato da quanto sono belli. E' calciare un rigore alle stelle, non beccarne una per quarantacinque minuti, sbuffare e maledire il mondo, poi rientrare in campo come un animale ferito, risalire sull’imbarcazione, trascinare la squadra, compiere la meraviglia e correre pazzo di gioia per tutto il campo. Per me Il Gallo è un ponte con gli anni 70, con la mia infanzia, con le partite allo stadio viste insieme a mio padre. Per me il Gallo è l’eco di Pulici che si tuffa a filo d’erba e insacca il gol dello scudetto, è Corso Traiano imbandierato dopo la vittoria di un derby, è la Fiat Mirafiori laggiù in fondo. Per me il Gallo è giocare fino a che in cortile fa buio.
E’ questa la nostra idea di calcio, a Venaria e altrove non possono capire; noi granata siamo collezionisti di attimi.
Marco Cassardo, esperto in psicologia dello sport e mental coach professionista. E’ l’autore di “Belli e dannati”, best seller della letteratura granata.
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