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columnist
Questa settimana fa il suo esordio sulle colonne di TN, con la sua speciale rubrica, il nostro Riccardo Agnello: vostro personale Psicologo del Toro. Chiariamolo subito: Riccardo con la scienza della mente avrebbe poco a che fare, visto che a scuola ha studiato ben altre materie. Detto questo il nostro Riccardo certe cose le ha imparate stando in strada, seguendo da vicino il Toro e suoi fedelissimi tifosi. Un po’ come avrebbe fatto un certo Sergeevič Stanislavskij. Con l’obiettivo storico di trovare una cura alla malattia che lo affligge – e con lui migliaia di altre persone – sin da bambino: il granatismo. La lunga ricerca ha portato un solo e certo risultato: quando la fede granata ti contagia, non si può più guarire. Ma non bisogna disperare, perché con il granatismo si può convivere e passare una lunga vita, tutto sommato serena. Ed è così che il nostro ‘Psicologo Granata’ ha pensato bene di portare su queste colonne i casi da lui osservati, per farvi un po’ sorridere e allo stesso tempo riflettere… Oggi vorrei partire da un episodio avvenuto in una partita della stagione 2004/05 (per intenderci: l’anno della finale col Perugia, l’anno prima del fallimento). Tutto sommato è una stagione positiva, siamo sempre stati tra le prime con qualche alto e basso, ma la serie A è alla portata e considerando le 2 stagioni precedenti dovremmo essere di buon umore. La partita in questione è Torino-Albinoleffe, 4 giugno 2005, ve la ricordate? Quella col palco di Vasco già allestito davanti alla curva Scirea (3-1 per noi, ma il risultato conta poco). Siamo alla fine della stagione e al vecchio Delle Alpi c’è un clima rilassato; si aspetta la partita senza troppa ansia. Tanto noi siamo già terzi e di arrivare secondi ed evitarci i play-off non se ne parla neanche. All’ingresso delle squadre per il riscaldamento però, succede un fatto singolare: uno dei tizi con il megafono invece di far partire un coro zittisce tutti e dice: ‘’Non applaudiamoli eh, non se lo meritano, perché dovremmo già essere in A, e invece siamo qui a giocarci i play-off. Come ogni anno, come ogni volta, come ogni m…a’’. Non gli do molto peso sul momento ma a posteriori capisco quanto quel modo di ragionare sia attuale e quanto mai tipico del tifoso granata. Che memore del passato non riesce mai a gioire fino in fondo, neppure in situazioni positive. Perché bisogna sempre aspettarsi molto di più. Quasi come se la normalità fosse una squadra tra le prime in Italia. In questo anno di serie A con l’esplosione dei commenti sui social network ho rivissuto quel dibattito generatosi quel giorno: da una parte l’essere felici per aver messo ‘’la testa fuori’’ e dall’altra l’essere scontenti perché ‘’noi siamo il Toro, non una neopromossa’’. Talvolta questi aspetti coesistono e si alternano all’interno della stessa persona, con costante regolarità. Ecco, questo è uno dei primi sintomi palesi della malattia. E se anche a voi è capitato di provare certe sensazioni, certi stati d’animo al limite del bipolarismo, allora potete stare tranquilli: avete contratto il morbo, siete Granata! Di guarire, a questo punto della malattia, non se ne parla – ve l’abbiamo spiegato in apertura, anche se non ce n’era bisogno –. Detto questo, con l’aiuto di un ‘esperto’ o con la canonica terapia di gruppo (ormai va tanto di moda), si può condurre ad ogni modo una vita ‘normale’… Ammesso e non concesso che ne abbiate voglia, questo dipende solo da voi.
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