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Agnelli lascia, De Laurentiis rilancia con un bacio

Agnelli lascia, De Laurentiis rilancia con un bacio - immagine 1
Torna l'appuntamento con Loquor, la rubrica a cura di Carmelo Pennisi

Carmelo Pennisi

 

La cultura di oggi è

fatta di offerte”.

Zygmunt Bauman

“Quando parliamo di calcio di cosa parliamo in realtà? Il calcio fa parte dell’industria dell’intrattenimento, un’industria da 750 miliardi”. Andrea Agnelli lascia il mondo del calcio e regala un’ultima chicca del suo credo, della sua visione del mondo. Una visione che vorrebbe tenacemente traslare l’anima sociale del calcio verso il metamondo del sollazzo tout court.

Un cesto di pop corn e una birretta e via, rilassiamoci davanti ad una partita manco fossimo davanti all’ultima serie Netflix di successo. Il Dante Alighieri recentemente collocato a “destra” del Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano direbbe, attualizzando un suo celebre verso, “nati non foste per essere tifosi ma per seguir intrattenimento e spot dell’ultima automobile trendy”. Ammettiamolo, noi contemporanei siamo raggirabili con una facilità simile al “pollo da spennare designato” seduto al tavolo da poker con dei marpioni navigati della “scala reale”. In giro per i social non si tracciano più ragionamenti, magari anche contraddittori e dolorosi ma ragionamenti, ma residuati verbali retorici da cui la produzione dei “Baci Perugina” trova continuamente ispirazione per i suoi pensierini sopportati in virtù della qualità assai gustosa del suo celebre cioccolatino. Apri un libro di successo e capita di leggere “vai dove ti porta il cuore”, ovvero un consiglio che avrebbe potuto dare anche mia nonna istruita fino alla “sesta elementare”(eh sì, un tempo, quando le cose andavano meglio, grazie a Vittorio Emanuele Orlando la scuola elementare era composta da sei annualità), e ti rompi la testa per cercare di capire quando si è cominciato a radere al suolo l’opera di alfabetizzazione portata avanti nel dopoguerra anche da figure celebri come il “maestro” Alberto Manzi.

Sono i giorni dell’ira e degli scontri tra pseudo tifosi ad una stazione di servizio dell’autostrada, variante psichedelica dell’industria dell’intrattenimento auspicata dal figlio di Umberto. Sarà frutto del prefigurato orizzonte di un altro romanzo di successo in cui si spera in un Dio assente, che è l’oltre dell’essere atei. Non ci si sforzi più a verificare se un altrove esista o meno, non ci si preoccupi nemmeno di confutare l’idea di Dio: troppa fatica e il sudore prodotto non si addirebbe all’aurea dello “show must go on”. Affidiamoci al nulla più che al giudizio, in armonia con lo spettatore medio da reality show, dove tutto è parodia. Ci si parla e non ci si capisce, succede a Gabriele Gravina e Lorenzo Casini, il primo “triste per la Supercoppa giocata in Arabia”, il secondo per “non aver visto l’Italia ai mondiali in Qatar”. La replica del presidente della Lega A è degna di una organizzazione responsabile di aver portato il calcio del Bel Paese sull’orlo della bancarotta (oltre 4 miliardi di debiti a fronte di 3,5 miliardi di fatturato).

Il povero Gravina si augura che il movimento calcistico “trovi un momento d’equilibrio economico per coltivare il calcio sul nostro territorio”, l’altro, stizzito(manco se il Presidente federale avesse proferito una bestemmia), si abbassa a livello della rissa da bar o da battibecco da “asilo mariuccia” e spara una bordata ad alzo zero su un presunto fallimento della FGCI. “Nessuno è perfetto” recita la battuta finale di un noto film, ma dalle parti di Via Rosellini la perfezione non è mai stato un obiettivo; a dire il vero nemmeno il concetto del bene e del male, e nemmeno della giusta conduzione degli affari. In Lega, da tempo, la parola d’ordine è sopravvivere e distribuirsi il potere, tanto la mala gestione e i conseguenti debiti saranno sempre scaricati sui conti dei club, che sono di tutti e di nessuno (basti vedere il gioco di scatole finanziarie che attualmente controlla il Milan).

Il Victor Hugo che scrive “Dio è l’invisibile evidente” ha ben chiaro quale sorta di contraddittorio esistenziale stia venendo su dalla modernità che ben presto sarà imprigionata dal culto delle macchine e del denaro in procinto di sostituire (in forma cartacea o digitale) una moneta composta di materia prima di valore. Il celebre scrittore e drammaturgo francese percepisce senza nessun dubbio come l’800 sia il secolo della mescolanza polifonica del reale, il punto di caduta di un tempo influenzato da una religione nuova, il Cristianesimo, che impone una ricerca della verità contrapposta al sublime (quest’ultimo rappresentazione incompleta e falsata della realtà), in cui il tragico e il comico si fondono per dare vita al grottesco, unica vera unità di misura dell’esistenza. Il grottesco, riducendo l’amplificazione dei sentimenti, da la possibilità di valutare uno scenario per ciò che è, almeno per chi ha occhi protesi a voler vedere veramente. Nel loro ultimo consiglio di amministrazione della Juventus, Agnelli e Nedved si congedano come fossero tornati vincitori da una vittoriosa battaglia campale e reduci da un corteo trionfale dipanatosi lungo Corso Vittorio fino alla Continassa.

Grandi pacche sulle spalle e autocelebrazioni a go go, davanti a degli azionisti ancora stravolti dall’aver dovuto ricapitalizzare il club per 700 milioni di euro e dalle parole dal nuovo presidente Gianluca Ferrero: “ci difenderemo in tutte le sedi giudiziarie e non”. Il grottesco auspicato da Hugo diventa impietoso quando prende la parola Maurizio Scanavino, i concetti espressi sono di impressionante continuità con il recente passato: “ci concentreremo per allargare il pubblico degli affezionati della Juventus, per aggiungere al nostro pubblico classico, target giovani internazionali”. È lodevole (si fa per dire) lo sforzo titanico di evitare la parola “tifosi” troppo legato ad un passato fatto di “500” non elettriche e di pane e salame, si avverte la continua necessità di volersi evolvere in qualche altra cosa, che poi sarà rubricata come progresso e modernità.

Un giorno qualcuno forse finalmente spiegherà come progredire e evolversi non dicano esattamente la stessa cosa; l’evoluzione di un corpo fisico non necessariamente corrisponde ad un progresso, il più delle volte invecchia e qualche altra volta si “adultera”. Ne sanno qualcosa gli ex giocatori degli anni 90 spaventati dalle recenti dipartite premature di Mihajlovic e Vialli, rivelando al mondo di aver abusato di flebo “di uno strano liquido rosa e della troppa chimica”. Non ci piace morire, la viviamo alla stessa stregua di un tramonto senza l’alba, ma purtroppo la vita è una corsa, più o meno lunga, verso la fine e allora ci pensa Roberto Mancini a fare una dichiarazione sensata: “bisogna andarci con i piedi di piombo con certe dichiarazioni. Queste cose accadono a chi è stato giocatore e anche a persone normali. Bisogna stare attenti”.

Le malattie non risparmiano nessuno, nemmeno gli dei del campo di gioco e di Instagram, anche se forse qualcuno si è evidentemente illuso sulle capacità divine di atleti capaci di recuperare sforzi fisici in poche ore rendendosi pronti per il prossimo sforzo, come se ciò fosse presente in natura, assicurata da un Creatore attento alle nostre performance. Si può essere certi che Dio, se esiste, non ha sottoscritto un abbonamento a Dazn, quindi tutto torna alla verità di Victor Hugo e alla necessità di capire la differenza intercorrente tra “il giusto” e “lo sbagliato”. Tanta roba per uno spirito del tempo dove ormai si è inaugurata la formula di fotografare delle mani che stringono quelle di colui/lei in procinto di trapassare, per poi pubblicare l’evento sulla Rete. L’operazione di rendere tutto palcoscenico e spettacolo è quasi giunta alla quadratura del cerchio, risolvendo il dubbio amletico letterario di dove va il cuore: verso il portafoglio. Lo ha capito bene Aurelio De Laurentiis, che non pubblica libri e nemmeno fa più film, pronto a non farsi sfuggire il buon momento del Napoli e la prossima festa di San Valentino: un bacio rosso fuoco stampato sulla maglia del club campano e una edizione limitata per chi deciderà di spendere 126 euro per farne un regalo rendendo speciale il giorno degli innamorati (per buona pace della sacralità della maglia andata a ramengo).

Il “Mercante di Venezia” scespiriano, al cospetto dell’Aurelio nazionale, è un dilettante allo sbaraglio, anche se lui non poteva sapere delle intenzioni dell’uomo moderno di abolire il senso dell’essere “fatto per virtute e conoscenza” al fine di consegnarsi, corpo e mente, al mercato. “E’ mia volontà di affrontare il futuro come una pagina bianca”, ha chiosato liricamente Andrea Agnelli nel suo discorso di commiato. Consiglio non richiesto: scriverci sopra qualcosa non è strettamente necessario. Lo dico da cliente, da target, da boomer, da Generazione X, da dove mi porta il cuore, da Bacio perugina, da Instagram, da tutto quel che vuole caro Agnelli. Magari leggerne qualcuna di valore già scritta non sarebbe male. Ci pensi.

Scrittore, sceneggiatore e regista. Tifosissimo granata e già coautore con il compianto Anthony Weatherill della rubrica “Loquor” su Toro News che in suo onore e ricordo continua a curare. Annovera, tra le sue numerose opere e sceneggiature, quella del film “Ora e per sempre”, in memoria del Grande Torino.

Attraverso le sue rubriche, grazie al lavoro di qualificati opinionisti, Toro News offre ai propri lettori spunti di riflessione ed approfondimenti di carattere indipendente sul Torino e non solo.

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