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Arbitri prevenuti e un rigore non dato

Arbitri prevenuti e un rigore non dato - immagine 1
Torna l'appuntamento con Carmelo Pennisi che si sofferma sulla querelle tra Sarri, Napoli, Lazio e stampa

Carmelo Pennisi

“Grandi rancori suscitano

                                                                              grandi contese”.

Tito Livio

Nella querelle Maurizio Sarri-Napoli-Lazio-stampa napoletana è difficile comprendere quale sia la cosa più imbarazzante ad essersi verificata. Se è certamente incomprensibile non dare un rigore per una evidente gomitata di Mario Rui su Lazzari (in casi come questo è consuetudine in altre parti del campo fischiare prontamente la punizione con conseguente cartellino giallo, e chi dice il contrario o non vede le partite del campionato italiano o mente per eccesso di faziosità), è ancora più incomprensibile l’atto accusatorio dell’allenatore della Lazio contro la classe arbitrale. Le dichiarazioni di Sarri gettano più di un’ombra sull’imparzialità di chi dovrebbe garantire la regolarità di una partita rispetto alle regole del gioco e poco importa se l’Ufficio Inchieste federale ha aperto un fascicolo sulle parole improvvide dell’allenatore dei biancocelesti. Si sa già come tutto, nella peggiore delle ipotesi per Sarri, finirà o con una lieve squalifica o con una ammenda ridicola per chi ha dei ricchi emolumenti da allenatore di un club di Serie A.

L’ennesima spallata data alla credibilità del calcio nostrano, al contrario, andrà a sedimentarsi nel già fervido panorama immaginifico di complotti e bagattelle che anima la mente di molti tifosi di questo Paese. Il problema di dare spazio ai complotti è che questi non ammettono espiazioni, non c’è un percorso di redenzione possibile da prefigurare, visto come il complotto, una volta andato in porto, è per sua stessa natura un dato di fatto immodificabile, da cui mai si potrà tornare indietro. Bisognerebbe stare molto attenti quando lo si ipotizza, perché il passo da arguta intelligenza a volgare calunniatore è davvero un confine labile e quasi invisibile.

Il “vi siete comportati male con il Bologna e queste sono le conseguenze” attribuito dal tecnico laziale a dei componenti della classe arbitrale è questione talmente grave da non poter essere risolta da un eventuale “sono stato frainteso” o un “ci si è capiti male”, considerato come in effetti sia stato un po’ strano il non intervento del VAR in occasione dell’episodio incriminato nell’area di rigore del Napoli. La questione ora non è stabilire se ci fossero gli estremi per un penalty o meno (altre menti avvezze al regolamento lo hanno stabilito o lo stabiliranno), ma piuttosto cercare di capire come ogni volta si possa dubitare di qualsiasi cosa accada nelle vicende del nostro calcio, immersi come siamo in una patologica non accettazione degli eventi sfavorevoli di cui siamo vittime.

Confesso di sentirmi sovente a disagio di fronte ad una pubblica opinione convinta come ogni cosa sia obbediente a qualche grande disegno pensato in chissà quale piano alto delle elite di governo dello sport più seguito dagli italiani. Il comune sentire sembra essere stato partorito da una visione del mondo alla William Blum, che è stato uno dei più importanti giornalisti investigativi americani, talmente certo di quante più cose si possano ipotizzare accadano dietro le persiane del potere da aver concluso che “non importa quanto tu sia paranoico o cospiratore, ciò che il governo sta effettivamente facendo è peggio di quanto immagini”.

 

Se bisogna stare attenti dal pensare con faciloneria ad una qualsiasi situazione prodotta unicamente dal caos, è pure vero come qualche ragione i portatori insani dell’eterno sospetto potrebbero pure averla, ma la perversione narcisistica di essere in possesso di un sapere tenuto nascosto a volte può far giungere a delle conclusioni assolutamente distanti dalla realtà, per quanto la sensazione sia quella di essere avvalorati da tutta una sequela di luoghi comuni. Quando i fatti non ci soddisfano e addirittura tale insoddisfazione si manifesta contro una squadra con cui non si è lasciati tanto bene, può capitare di inserire un rigore non dato in uno schema generale apparentemente complesso teso a danneggiare, chissà perché, l’attuale club per cui lavora.

Allora si sbuffa, si gesticola nervosamente, si arriva a parlare di rispetto come se gli altri avessero un serio motivo per non concedertelo. Sarri non è nuovo a questi salti nel vuoto dell’illogico, uno di questi salti lo vide protagonista nel famoso “scudetto perso in albergo” a causa di una mancata espulsione di un giocatore della Juventus nell’incontro decisivo per lo scudetto dei bianconeri contro l’Inter. La stampa napoletana, che su quella battuta surreale dell’allora tecnico degli azzurri ha costruito la teoria dello scippo del campionato 2017/18, oggi riesce a definire il suo ex idolo un “piangina” di professione poco incline ad accettare le sconfitte. Dopo aver consumato tutta la felicità per una vittoria di un Napoli strabordante all’Olimpico, i giornalisti napoletani sono riusciti nella non facile impresa di riproporre la narrazione della solita elite di cui sopra assolutamente tenace nel disegno di non voler far vincere il campionato ad una squadra del sud (per la serie “noi siamo i più forti di tutti, ma tanto faranno in modo di farci perdere”). È il riproporre il complotto che pare andare avanti sin dai tempi del “Risorgimento” e della dissoluzione del “Regno Borbonico”, senza il quale noi meridionali siamo stati, secondo alcune curiose teorie, condannati da più di un secolo alla marginalità.

A volte le esagerazioni riescono a far mentire persino quando si sta dicendo la verità e la questione più importante diventa irrimediabilmente il cercare ogni rimedio e ogni espediente verbale per sfuggire ai reali motivi di alcuni reiterati fallimenti. In tale contesto evidentemente narcisistico si diventa degli eletti alla rovescia, lusingati e stimolati dalla disgrazia si trova in essa il vero surrogato della vittoria mancata. La questione vera è che mentre facciamo di tutto per delegittimare i successi degli altri non ci rendiamo minimamente conto di stare delegittimando tutto il contesto in cui tali successi avvengono, sottraendogli il motivo per cui dovremmo in qualche modo dargli valore. La conseguente domanda, a questo punto, sorge spontanea: perché continuiamo a seguire un avvenimento, in questo caso il calcio, di cui non abbiamo nessuna fiducia sulla regolarità leale delle sue competizioni? Per quale motivo continuiamo a soffrire per una squadra se qualcuno ha deciso a tavolino, a prescindere dai suoi meriti o demeriti sportivi, il suo non poter mai vincere? C’è un motivo valido per questo continuo farci del male? Non credere a niente ha lo stesso crisma di insensatezza del credere a tutto, è aver perso la capacità di distinguere il reale tra le trappole irreali posate dall’esistenza nel percorso della nostra vita, ricondotta ad una sceneggiatura scritta da chissà chi o da chissà cosa. Confondere la sudditanza psicologica (ingiustificabile ma umanamente comprensibile) degli arbitri verso i club di vertice con un presunto disegno preordinato per assegnare vittorie ci ha infilato in un tunnel relativistico foriero di un ulteriore perdita di fascino da parte della nostra Lega più importante.

Si sta vivendo un’epoca in cui chi esagera ha buone probabilità di essere riconosciuto come un punto di vista veritiero e non importa se non ha mostrato nessun supporto a giustificazione di come viene percepito, ecco perché le parole di Maurizio Sarri nel post partita Lazio/Napoli non possono rimanere senza una risposta da parte degli organi federali. C’è l’occasione per dare finalmente un segnale contro lo scetticismo imperante e dare un senso al sentimento di giustizia. Lasciare cadere tutto nel vuoto di una insignificante ammenda pecuniaria o di una squalifica talmente breve da essere pateticamente dimostrativa, vorrà dire mettere ancora una volta mettere la polvere sotto il tappeto lasciandoci tutti un po’ più rancorosi e disillusi. Scrivere sulla sabbia o scrivere sulla pietra, questo è l’ennesimo bivio davanti il quale si trova la Federazione. Auguriamogli saggezza.

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Scrittore, sceneggiatore e regista. Tifosissimo granata e già coautore con il compianto Anthony Weatherill della rubrica “Loquor” su Toro News che in suo onore e ricordo continua a curare. Annovera, tra le sue numerose opere e sceneggiature, quella del film “Ora e per sempre”, in memoria del Grande Torino.

Attraverso le sue rubriche, grazie al lavoro di qualificati opinionisti, Toro News offre ai propri lettori spunti di riflessione ed approfondimenti di carattere indipendente sul Torino e non solo.

 

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