“La verità spesso appare incredibile”
columnist
Claudio Marchisio sindaco di Torino?
Giovannino Guareschi
“Quando ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Da quando sono diventato uomo, ho smesso le cose da bambino”. Così scrive San Paolo in uno dei più celebri passaggi, “L’Inno alla Carità”, della sua “Prima lettera ai Corinzi”. C’è da chiedersi se Claudio Marchisio, ex giocatore della Juventus, abbia mai letto questa missiva indirizzata dal primo teologo cristiano della storia alla comunità cristiana della città greca di Corinto. C’è da chiedersi se anche Luca Zingaretti si sia mai soffermato a ragionare su una delle esposizioni più profonde dell’esistenzialismo cristiano, pietra fondante di tutta la cultura occidentale. E semmai si fossero cimentati in codesta lettura, Zingaretti e Marchisio, sarebbe interessante sapere da loro che tipo di riflessione escatologica ne abbiano ricavato, in relazione all’interpretazione dei destini ultimi dell’uomo e dell’universo. Mi rendo conto che scomodare la “Lettera ai Corinzi” di San Paolo e il suo significato escatologico, potrebbe apparire agl’occhi di molti un tantino esagerato per commentare l’idea del Partito Democratico di prendere in seria considerazione la candidatura a sindaco dell’ex centrocampista della Juventus, ma a volta bisogna per forza sparare alto per dare l’idea di come progressivamente la classe dirigente di questo Paese stia perdendo il senno, precipitando sempre più verso terra.
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“Il Principino”, così veniva chiamato Marchisio dai tifosi bianconeri, ha detto di “essere pronto a studiare la politica. Se Torino ha bisogno sono il primo ad esserci”. Non deve essere proprio balenato nella sua mente una domanda semplice, ma davvero semplice: “ma cosa sarei mai in grado di fare in un eventuale scranno comunale torinese? passo dal 4-3-3 al 4-2-4, per risolvere con un passaggio filtrante un’emergenza abitativa?”. Perché vede Marchisio, e vorrà scusarmi se per un attimo uso un tono confidenziale, il problema, nella vita, non è mettersi a studiare “dopo” aver ricevuto la proposta di dirigere una centrale nucleare, ma piuttosto di aver studiato “prima”. Magari in un buon corso di laurea in ingegneria. “Anche Dio ha il suo inferno; è il suo amore per gli uomini”, scrive Friedrich Nietzsche nello splendido capolavoro “Così Parlò Zarathustra”, e deve essere veramente difficile anche per Dio, continuare ad amare delle creature ostinate nel rifiutare di dismettere i panni da bambino, per assumere quelli di un uomo.
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Viviamo in un’epoca in cui un’eccessiva fama, e il calcio in Italia ne regala davvero in eccesso di fama, con difficoltà convince a crescere. L’eccessiva fama, nel suo gioco perverso, porta ad alterare la percezione con cui si assume la realtà, e si finisce, nel risibile gioco dello “specchio delle mia brame, dimmi chi è la più bella del reame”, nel credere sul serio di essere diventati delle gemme preziose, mentre tintinnii sinistri ricordano più essere alla presenza di un rumore da fondo di bottiglia. La prima lezione dovuta dallo sport è insegnare a guardare dentro se stessi, in modo da essere pronti con coraggio, vincendo ogni paura, a guardare dentro ogni tipo di abisso. Perché se si riesce a sporgersi dentro un abisso, allora si è veramente pronti ad essere a servizio di qualcosa o di qualcuno. Anche della politica. Servire, nel suo significato positivo, vuol dire essere in possesso di un’attitudine o di un senso per una comunità(un acquedotto “serve”). Ma più che ad un servizio, oggi si è inclini alla filosofia del posso prendere, quindi prendo, tanto c’è sempre il suddetto “specchio delle mie brame” pronto ad avvalorare ogni pretesa, a creargli intorno la giusta narrazione. Ma a prescindere da una narrazione artificiale, che sicuramente costruiranno all’ex giocatore se dovesse concretizzarsi la candidatura a sindaco(l’ex giocatore, attraverso un tweet, ha provato a smentire questa candidatura. Ma in politica le smentite spesso sono solo tattica. La formazione del Governo Draghi, smentito da tutti fino al giorno prima, è solo l’ultimo esempio), su cosa realmente si sta basando la voglia del Partito Democratico di far correre politicamente Marchisio sotto l’ombrello protettivo del partito erede di Palmiro Togliatti?
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In primo luogo stiamo parlando di un personaggio molto “social”, da sempre attento ad utilizzare i canali di comunicazione per far passare un’immagine di se stesso molto rassicurante, e molto incentrata sulla sua famiglia. Le foto presenti su “Instagram” piuttosto che su “Facebook” sono quelle di una vita trascorsa serena e appagante, quasi in un “bucolico” stile virgiliano. I suoi 1,8 milioni di frequentatori della sua pagina di “Facebook” si ritrovano improvvisamente immersi in un paesaggio arcadico, dove le foto di mamma Marchisio circondata dai nipotini diventa rimpianto di un mondo perduto, una godibile rivisitazione da “piccolo Mondo Antico” di Antonio Fogazzaro. Dopo un po’ pare essere presi da un’atarassia classica da filosofia greca, dove tutto è pace dell’anima perché liberi da ogni passione. Liberi persino dal suo passato da calciatore. Ma nonostante nel mondo contemporaneo una foto ben fatta, e postata sui social, rappresenti l’aforisma perfetto a perpetuare dei pensieri, direi sarebbe una cosa alquanto scorretta dimenticarsi a cosa debba, il “Principino”, quei suoi milioni di “follower” che oggi lo omaggiano sui social: lo deve al fatto di essere stato un calciatore di successo nella squadra italiana con il più alto numero di tifosi.
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Gustave Le Bon, considerato il fondatore della “psicologia delle masse”, ovvero come trovare efficaci sistemi per controllarle e condizionarle(le masse), fonda la sua opera di studioso sulla convinzione che fin dal principio di ogni civiltà, i popoli hanno sempre subito l’influenza delle illusioni. E il calciatore moderno è uno dei paradigmi eccelsi dell’illusione, si presenta etereo collocato in un altrove paradisiaco ma nello stesso tempo presente nella vita di tutti i giorni attraverso la sua immagine sfruttata ovunque, persino in una pubblicità di un bisogno primario come l’acqua. E’ il rappresentante di una religione, a cui i tifosi prestano un affetto incondizionato, persi come sono in un amore a cui si è disposti a perdonare ogni difetto. Semmai si arrivasse a contemplarne qualche difetto. Tutto questo Marchisio lo sa bene, perché una delle sue fortunate attività imprenditoriali si occupa proprio di gestire la comunicazione e l’immagine di sportivi di grande successo planetario. Non si sta parlando, insomma, di uno sprovveduto intento a postare foto sui social semplicemente per vanità narcisistica. Tutto fa parte chiaramente di una strategia di immagine sapientemente coltivata negli ultimi anni, una strategia pensata per coltivare ambizioni
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Ma se si parla di impegno politico, allora un problema etico ineludibile si impone: può il rappresentante autorevole di una religione fortemente empatica e dai contorni assoluti( una squadra di calcio), impegnarsi in prima persona in un contenitore antropologicamente e socialmente trasversale come un partito politico? O più correttamente: sarebbe giusto se lo facesse? La corsa del candidato Marchisio al comune di Torino, porrebbe i tifosi del Toro, probabilmente, nella scomoda posizione di non poterlo votare a prescindere, perché non sarebbe facile per loro rimuovere un giudizio sulla dichiarazione sul come “sono felice di essere una delle bandiere bianconere”. E di converso gli juventini di Torino potrebbero votarlo turandosi il naso sulle sue non competenze in campo politico, perché accecati dall’affetto per un ragazzo in maglia bianconera sin dalla più tenera età. Forse l’ultima esternazione di Zlatan Ibrahimovic(“non mi piace quando le persone con qualche tipo di status parlano di politica”) contro l’ingombrante presenza della star “NBA” Lebron James nell’agone della battaglia politico/sociale portata avanti dal “Black Lives Matter”, potrebbe avere un suo senso. Tralasciando gli accadimenti oltreoceano, e ritornando alle questioni di casa nostra, ritengo sia il caso Claudio Marchesi dismetta i panni del bambino paolino, per entrare finalmente nel mondo degli adulti.
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A una certa età non è più il tempo di desiderare, come da infanti, di fare gli aviatori o i benzinai, solo perché la fantasia carburata dall’eccesso di fama ci fa credere sul serio di poter guidare uno jet a dispetto delle nostre qualità. Giovannino Guareschi, lo scrittore di “Peppone e Don Camillo”, sosteneva come la verità non si possa insegnare, ma occorre scoprirla e conquistarla. Non esiste “l’arcadia” mostrata nelle foto dei profili social di Marchisio, è solo un sogno di seduzione. Non è un sogno originale, altri ci hanno provato prima di lui. Credo come nel nostro amato Paese sia giunto il momento di riappropriarsi della verità, o almeno di una porzione di essa. Fermiamoci a ragionare finché siamo ancora in tempo, mettiamo un limite di decenza alle ambizioni. È il momento di smettere con le cose da bambino, e di riappropriarsi della nostra condizione di uomini. Se proprio non lo vogliamo fare per noi, facciamolo per l’Italia. Ne ha davvero bisogno.
Scrittore, sceneggiatore e regista. Tifosissimo granata e già coautore con il compianto Anthony Weatherill della rubrica “Loquor” su Toro News che in suo onore e ricordo continua a curare. Annovera, tra le sue numerose opere e sceneggiature, quella del film “Ora e per sempre”, in memoria del Grande Torino.
Attraverso le sue rubriche, grazie al lavoro di qualificati opinionisti, Toro News offre ai propri lettori spunti di riflessione ed approfondimenti di carattere indipendente sul Torino e non solo.
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