- Calciomercato
- Prima Squadra
- Giovanili
- TN Radio
- Interviste
- Mondo Granata
- Italia Granata
- Campionato
- Altre News
- Forum
- Redazione TORONEWS
NAPLES, ITALY - OCTOBER 17: Victor Osimhen of SSC Napoli celebrates after scoring their team's first goal during the Serie A match between SSC Napoli and Torino FC at Stadio Diego Armando Maradona on October 17, 2021 in Naples, Italy. (Photo by Francesco Pecoraro/Getty Images)
“Ogni limite ha la sua pazienza”
Totò
“Il male non ha il diritto dalla sua parte, ma ha gli avvocati”, scrive il celebre aforista Anton Regulski, probabilmente pensando a tipi come Mattia Grassani, legale del Napoli per il caso plusvalenze che sta animando in questi giorni le vicende del calcio nostrano, capace di dire come non si “possono condannare dirigenti (nel suo caso l’assistito Aurelio De Laurentiis a cui la Procura Federale ha richiesto 11 mesi di inibizione), peraltro con pene così afflittive, sulla base di una opinione diversa circa la valutazione di alcuni calciatori. L’autonomia negoziale delle parti è l’essenza del calciomercato”.
Ah se non ci fossero gli avvocati, la vita sarebbe certamente più monotona e meno divertente, capaci come sono, al prezzo di una adeguata parcella, di costruire scenari attraverso una abilità semantica pronta a giustificare tutto e il suo contrario. I clienti di questa versione di leguleio 2.0 sono, ovviamente, sempre in imbarazzo e in disappunto per essere stati chiamati a rendere conto delle loro azioni alla giustizia, ordinaria o sportiva che sia, visto come sia evidente “l’assenza della minima necessità di utilizzo di escamotages contabili per realizzare benefici di bilancio”. A volte è davvero difficile commentare certe parole, dove la ricerca necessaria di una logica al fine di stendere un filo di decenza fa dimenticare agli avvocati come anche gli altri abbiano un minimo di intelligenza e di capacità di analisi. Ora vediamo di comprendere il disappunto di De Laurentiis attraverso il ricorso a tre nomi: Luigi Liguori, Ciro Palmieri, Claudio Manzi. Chi sono costoro?
LEGGI ANCHE: Stadio Olimpico Paolo Rossi?
Tre baby calciatori improvvisamente apparsi nel bel mezzo del mercato estivo del 2020 e valutati complessivamente, nell’affare che portò Victor Osimhen al Napoli, 15 milioni di euro. E’ opinione comune, e con qualche ragione, come non esista un criterio oggettivo per la valutazione di un giocatore, dato come sia il mercato a stabilire di volta in volta, e rispetto ad esigenze momentanee e assolutamente insindacabili, il valore di una qualsiasi operazione di compra vendita. Esiste un “valore d’uso” e un “valore di scambio”, ricorderebbe il buon Karl Marx, che sono certo avrebbe dedicato un capitolo al calcio del suo “Das Kapital”, se solo avesse immaginato il concetto di “plusvalenza fittizia”, quasi una sorta di superfetazione del suo celebre concetto “D-M-D” (merce-denaro-merce). Ma torniamo alla “soggettività” delle trattative di mercato dello sport più amato in Italia… questo “relativismo mercatistico” presente nel calcio chiamato in causa dall’avvocato Grassani, cozza un po’ contro il buon senso e la logica da “Fair Play” finanziario con cui l’UEFA ha tentato di imporre un freno alle disparità di tipo economico tra i club presenti nel Vecchio Continente. “La passione deve fare rima con la ragione”, disse all’epoca dell’introduzione di questo meccanismo di controllo dei conti l’allora presidente UEFA Michel Platini, ma a fronte di carneadi valutati 15 milioni di euro con la complicità di un club importante come il Lilla si fatica a trovare anche una sola stilla di ragione.
LEGGI ANCHE: Firenze, il nuovo stadio, l'ombra araba
Sarebbe interessante avere a disposizione una prova contro fattuale, rispetto ai sospetti della Procura Federale, in cui, in nome della soggettività, si paghi una qualsiasi cosa dieci volte di più del suo reale valore di mercato. Perché nonostante il principe del foro si stia affannando a far passare la tesi come non ci siano valori di riferimenti oggettivi in un mercato calciatori, poi c’è la realtà a regalare un po’ di chiarezza sulla nebbia artificiale sovente spruzzata dai padroni del vapore del nostro calcio attorno alle loro nefandezze. Oggi Palmieri, Manzi e Liguori non giocano nel Lilla della Ligue 1, quel mondo trasformato in semidorato dai gas dollari dei qatarini del Paris Saint Germain, ma in serie assolutamente minori e ufficialmente ascritte al panorama del nostro calcio dilettantistico (certo, prima o poi non sarebbe male chiarire l’esistenza dei procuratori anche in un contesto dove si dovrebbe giocare per pura passione e al soldo unicamente di un rimborso spese. Ma questa è un’altra questione). Allora, caro avvocato Grassani, forse la sua critica feroce a “Transfermakt”, il sito specializzato in valutazioni di tutto il mercato del calcio, potrebbe essere una ablazione dei fatti mal riuscita nel tentativo di tenere un coperchio ben chiuso sull’agire del suo cliente. Il suo sostenere la tesi di un sito assolutamente inadatto ad essere considerato utile per “una pratica convenzionale per la valutazione dei calciatori”, si infrange malamente sulla reale condizione sportiva dei tre calciatori in questione, il cui valore di mercato complessivo, secondo “Transfermakt”, si aggirerebbe intorno ai 325.000 euro.
LEGGI ANCHE: Parliamo della vendita dell'Atalanta
Non saprei dire se questa valutazione sia scientificamente corretta, ma sono certo come per i 15 milioni iscritti al bilancio del Napoli si sia andati un po’ oltre al concetto di “feticismo delle merci” teorizzato da Karl Marx, perché davvero non si capisce quale tipo di rapporti sociali o situazioni antropologiche avrebbe aumentato il “valore d’uso” dei tre, allora, baby calciatori in questione. Un valore d’uso evidentemente spropositato, ma però perfettamente accessibile, secondo lo schema Grassani, ad un club perfierico, e lo dico con tutto il dovuto rispetto, come l’Ercolanese. Quando i fatti, notoriamente più cocciuti delle opinioni, sentenziano chi sia più adatto a giudicare pratiche convenzionali e chi, invece, punta tutto sull’oceano del relativismo nel tentativo assai maldestro di buttare la palla in tribuna per difendere l’indifendibile. Il ridicolo del “nostro” principe del foro non si ferma nemmeno davanti alle parole di Luigi Liguori (“abbiamo scoperto dopo che quanto accaduto nell’operazione Osimhen non era stato fatto per noi. Era per altro”) e giunge ad un surrealismo sfacciato che nemmeno i personaggi più laidi della letteratura russa: “abbiamo evidenziato(davanti alla Corte Federale) la genuinità dell’operazione, dimostrando come il valore di Osimhen – e dunque dei quattro calciatori dal Napoli al Lille(insieme ai tre poveri disgraziati delle giovanili del Napoli c’era anche Orestis Karnezis, panchinaro di lungo corso della nostra Seriea A, e ora della Ligue 1) sia stato individuato sulla base di considerazioni di natura tecnica”.
LEGGI ANCHE: Il Derby
Di fronte ad una tale faccia di bronzo (ci scusino i lavoratori del bronzo) diventa arduo continuare un qualsiasi ragionamento, e non per paura di essere classificati inaffidabili come “Transfermakt”, ma perché anche lo sconforto è dotato di un qualche limite (e sono rammaricato di aver scomodato Karl Marx per provare a spiegare una trama da farsa). Sono undici i club e 61 le persone fisiche messe sotto accusa da Giuseppe Chinè, il capo della Procura Federale, deciso a perseguire la linea di punire dirigenti e società, ma non i meriti sportivi (punti, quindi posti in classifica) delle squadre. E qui verrebbe voglia veramente di dedicarsi ad altro e abbandonare definitivamente il calcio, perché se la Giustizia, intervenendo, decide di ignorare di essere a garanzia della proporzione tra il dolo e la punizione, allora il rischio di come tutto possa apparire come un teatrino mal riuscito risulta alto. Se la pratica della “plusvalenza fittizia” serve per aggirare i paletti del Fairplay finanziario e quindi poter agire in modo indisturbato sul mercato rinforzando in modo scorretto la propria squadra, spalmando i debiti verso un vomitevole infinito, allora ci si trova davanti non solo ad un mancato rispetto delle norme federali, ma anche ad una palese violazione della lealtà sportiva. E ciò lo si è fatto proprio per assicurarsi quelle posizioni in classifica immuni dall’inchiesta federale in corso.
LEGGI ANCHE: Mbappé diventa un affare di stato
Occorre ricordare come Juventus e Napoli stiano per qualificarsi in una Champions League foriera di lauti profitti in denaro, ottenendo proprio lo scopo prefissato quando hanno scientemente deciso di dare un valore di 15 milioni a tre giocatori da calcio dilettantistico. Sarebbe un dovere chiarire se Juventus e Napoli avrebbero potuto fare le loro importanti operazioni di mercato senza la pratica delle plusvalenze fittizie, in modo da stabilire se è legittima la loro attuale posizione di classifica di vertice e quindi fare giustizia. Risolvere tutto con inibizioni e multe ai club sarebbe solo un’ennesima manifestazione del ridicolo, un invito ad aggirare tranquillamente ogni tipo di regola. Questa inchiesta sulle plusvalenze fittizie sta avendo almeno il merito di chiarire perché la nazionale italiana non abbia un attaccante degno di questo nome, visto come ormai sia sufficientemente chiaro quale sia l’unico scopo dei settori giovanili nostrani. E spero sia altrettanto chiaro la tendenza di presidenti e fondi di investimento di accaparrarsi la proprietà di più club. Vedrete come ci sarà qualcuno pronto a dire come in questa vicenda non ci sia niente di penalmente rilevante. Fidatevi: qualcuno lo dirà.
Scrittore, sceneggiatore e regista. Tifosissimo granata e già coautore con il compianto Anthony Weatherill della rubrica “Loquor” su Toro News che in suo onore e ricordo continua a curare. Annovera, tra le sue numerose opere e sceneggiature, quella del film “Ora e per sempre”, in memoria del Grande Torino.
Attraverso le sue rubriche, grazie al lavoro di qualificati opinionisti, Toro News offre ai propri lettori spunti di riflessione ed approfondimenti di carattere indipendente sul Torino e non solo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA