“Occorre molta pazienza perché
columnist
Il calcio al peggior offerente
gli uomini ritrovino la verità”.
Viktor Frankl
Cvc Capital, fondo di private equity britannico, sarebbe intenzionata a rilevare i diritti della Serie A per dieci anni, a partire dal 2021. L’indiscrezione proveniente dal “Sole 24ore”, ha lasciato molti esperti del settore assai spiazzati, anche perché al momento è assai difficile capire perché un fondo di gestione da 80 miliardi di dollari, si sia improvvisamente innamorato delle potenzialità economiche del calcio italiano. Un calcio tricolore che, a voler dar credito alle stime fatte da Gabriele Gravina, avrebbe avuto, nell’ultimo anno, un crollo dei ricavi stimabili intorno ai 700 milioni di euro. Inoltre, seguendo la scia dei rumors, pare si andrebbe a costituire un comitato di valutazione della proposta costituito da quattro, a mio parere, discutibili personaggi: Andrea Agnelli, Claudio Lotito, Aurelio De Laurentiis e Antonio Percassi. Quando un giornale di “sistema” come il “Sole” spara nell’etere un certo tipo di anticipazioni, non è certo l’amore per la notizia a guidarlo. Appare chiaro come si inizia un processo per rendere accettabile, agl’occhi della gente, l’idea conclamata di un pallone che rotola solo per generare fatturati sempre più floridi. Se escludiamo il presidente della Juventus, intento ad usare il calcio per trasformare il marchio bianconero in spot per la creazione di un conglomerato di imprese a livello planetario, gli altri tre presidenti, molto più modestamente, si sono sempre occupati di fare soldi con il trading dei giocatori. Attività spesso avvolta, come il caso Lotito-Zarate insegna (“Loquor” si occuperà la settimana prossima di questa vicenda), da ombre inquietanti di malaffare.
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Si è insistito, in questi ultimi mesi, su come il Covid-19 avrebbe cambiato in meglio la sensibilità del mondo, attribuendo alla sofferenza dello stare forzatamente reclusi in casa e al distanziamento sociale doti taumaturgiche sulla necessità di riscoprire gli scopi primari della nostra esistenza. Era, temo, pessima retorica di regime, lesta ad approfittare dello stato di debolezza psicologica indotta da un regime, a metà tra il dilettantismo e l’opportunismo di potere, ad una popolazione stordita da ospedali affollati e da esposizione mediatica smodata di camion militari trasformati in carri funebri. Non bisogna avere timore di definire regime una politica (sia di governo, che di opposizione), inerte in tutte le sue componenti davanti ad una progressiva sottrazione di libertà costituzionali. Sarà bene ricordare, specie alla retorica di regime, come una costituzione o è, o non è. Perché se si decide che l’impalcatura costituzionale è, allora non si può mai, per nessun motivo, sospenderla. Sembrerebbe, quest’ultima cosa, una questione non troppo inerente con l’ipotesi di offerta della Cvc Capital, ma in realtà, al solito, soffermarsi sul concetto di calcio come bene comune, potrebbe donarci qualche analisi sensata. Siamo così migliorati(sic), emotivamente, dopo le vicende del Covid-19, tanto da permettere ai mercanti di vendere ciò che resta del tempio. La ricetta è quella da sempre utilizzata dagli sfruttatori di ogni tempo, pronti ad approfittare di un momento di crisi della ricchezza stratificata, per appropriarsi persino dei riti di un popolo.
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“Dimmelo e me lo dimenticherò. Mostramelo e forse lo ricorderò. Coinvolgimi e capirò”, recita un vecchio detto, monito alla capacità di ogni intelligenza di mettersi in collegamento davanti ad una realtà costituita. Il calcio ha sempre cercato quanto meno di mostrarsi, e, nelle accezioni più virtuose, ha coinvolto la sua gente perché voleva ostinatamente essere capito. Esso non è mai stato detto, ma si è sempre trasformato in un fatto, e il fatto presto è diventato rito. I rituali raccontano la tua storia, coinvolgono la tua gente, creano un’eredità, rendono reale l’intangibile. Mettendo in scena un rituale, concretizziamo il sistema di valori della nostra comunità e cultura. I rituali agiscono come un vero e proprio processo psicologico, operano una transizione da uno stato all’altro, ci portano in un nuovo luogo dell’essere. Gli All Blacks, la famosa e forte squadra di rugby neozelandese, usano la “haka”, il noto rituale che precede ogni loro partita, per riconnettersi con il loro obiettivo fondamentale, per fondersi con il cuore della loro cultura, per evocare in loro aiuto gli antenati. Tutto questo ci dice come lo sport non sia solo un mezzo per facili guadagni (questi, se leciti, vanno pure bene), ma anche un mezzo dove le persone trovano uno scopo e realizzando una parte importante della propria esistenza.
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Tempo fa un editoriale del New York Times spiegava come “gli umani, per loro natura, cercano uno scopo, una causa più grande e duratura di loro stessi”; in buona sostanza si tentava di svelare, pensate un po’, come non siano i soldi a dare la felicità, quanto semmai gli obiettivi. Viktor Frankl, neurologo e psichiatra austriaco di origini ebraiche, dopo essere sopravvissuto ai campi di concentramento nazisti, scrisse “Uno Psicologo nei Lager”, in cui analizzava le possibilità di scelta di una persona in un’esperienza fortemente estrema e stringente, quale era la vita quotidiana di un lager nazista. “Ciò che serve davvero all’uomo – sostiene Frankl – non è uno stato privo di tensione, ma piuttosto lo sforzo per un obiettivo degno, per un compito scelto liberamente. L’autorealizzazione è possibile solo come effetto collaterale della trascendenza da sé”. Questa riflessione di Frankl istintivamente mi ricollega alla primaria essenza dell’essere “un tifoso”, o almeno a come era il tifoso fino a qualche tempo fa, prima dell’inizio della sua mutazione genetica a consumatore, risultato nichilista del capitale finanziario che lo ha recluso dentro casa a seguire come un automa un moltiplicarsi di partite da lui partecipate in via digitale. Il Covid-19 ha completato quest’opera di automatizzazione dell’individuo, rendendolo debole e trasformandolo, nella narrazione della comunicazione di regime, nell’elogio del “bravo cittadino” auspicato da ogni dittatore o oligarchia.
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Ed è in questa debolezza che Cvc Capital si sta incuneando, certa di trovare dei mercanti ormai padroni di un tempio, da cui sono stati espulsi definitivamente i fedeli. La Figc, al solito, rimane a guardare e continuerà a consentire ai mercanti, la Lega di Serie A, di fare il loro esclusivo interesse, in barba a qualsiasi interesse di “sistema”, al quale il calcio, come bene comune, legittimamente appartiene. Il neoliberismo, da sempre, funziona così: prima provoca una crisi feroce, poi ti terrorizza rendendoti debole, poi ti fa digerire qualsiasi cosa a esso convenga per moltiplicare denaro. E le complicità e gli atti di ignavia non si contano, tra intellettuali politici e giornalisti. “Gli italiani – ha dichiarato Luca Ricolfi, uno dei più accreditati sociologi e politologi italiani – mi hanno sorpreso per la loro docilità e il loro scarso amore per libertà e democrazia. Abbiamo bevuto tutto ciò che le autorità ci dicevano, senza pretendere l’unica cosa che dovevamo pretendere: serietà e trasparenza. In democrazia – ha concluso Ricolfi – ogni popolo ha i governanti (e i giornalisti) che si merita”. Nei primi rumors della stampa nostrana, si sta già assistendo a qualche pena in favore dell’intervento di Cvc Capital, definito con frettolosità sospetta una sorta di salvatore dalle cattive acque in cui navigherebbe, causa pandemia, attualmente il calcio italiano. Cvc Capital, è quasi banale sottolinearlo, non è una onlus, e in genere ha un metodo operativo già collaudato in altri settori sportivi: moltiplica i debiti dell’organizzazione di cui cura (si fa per dire) gli interessi, distribuisce munifici dividendi agl’azionisti, per poi dopo qualche anno cedere tutto e dileguarsi.
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Ma già li vedo Lotito e De Laurentiis (come avrebbe sorriso Carlo Collodi nel vederli operare) sfregarsi le mani e il portafoglio di fronte all’offerta di 2,2 miliardi recapitata dal fondo britannico. “Salus populi suprema lex esto” (la salvezza dello stato sia la legge suprema), scriveva Cicerone nel tentativo di far comprendere ai suoi contemporanei e ai posteri come esistesse qualcosa a venire sempre prima dei nostri privati interessi. Lo stato generale del calcio dovrebbe venire prima di ogni avidità, ma temo che lo stordimento in cui i cittadini sono precipitati, causa di molti fraintendimenti della realtà, impedirà la comprensione della drammaticità della situazione. Perché dalla pandemia non stiamo uscendo migliorati, ma soggiogati. Ma volendo rimanere ottimisti, viene ancora in soccorso Viktor Frankl, a ricordare come “il potenziale umano al suo meglio è trasformare una tragedia in un trionfo personale, per trasformare la propria situazione in un risultato umano”. Si ha ancora tempo, quindi, per opporsi al trionfo del denaro sul rito. Per sconfiggere i meri interessi personali, in nome di ciò che è stato e si è amato. Per rammentare come prima responsabilità quella di essere dei buoni antenati. Magari si potrebbe prendere le mosse da una bella frase di Fedor Dostojevkij: “temo una sola cosa: di non essere degno del mio tormento”.
(ha collaborato Carmelo Pennisi)
Anthony Weatherhill, originario di Manchester e nipote dello storico coach Matt Busby, si occupa da tempo di politica sportiva. E’ il vero ideatore della Tessera del Tifoso, poi arrivata in Italia sulla base di tutt’altri presupposti e intendimenti.
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