“Sorga tra voi una comunità


LOQUOR
Il rinvio a giudizio di Aurelio De Laurentiis
che inviti al bene”
Il Corano
Cercare la giustizia da sempre appare come una pratica astratta, quasi impossibile da raggiungere tanto da rendere sconfortati o cinici ogni qual volta ci si trova di fronte ad essa. “I ricchi vincono e i poveri perdono” dice l’avvocato Frank Galvin/Paul Newman nello splendido film “Il Verdetto”, a sottolineare davanti ad una giuria di un processo quanto possa essere aleatoria la giustizia per la stragrande maggioranza delle persone. Ecco perché il rinvio a giudizio di Aurelio De Laurentiis da parte della Procura di Roma per la faccenda del trasferimento di Victor Osimhen dal Lille al Napoli, ha tutti i crismi della giustizia che finalmente si muove per chiarire una delle vicende più opache mai avvenute nel calcio mercato. Potrebbe essere un buon auspicio quello di far capire al calcio, e allo sport in generale, che l’idea di sentirsi zona “franca” rispetto a tutte le attività umane potrebbe volgere al termine. Bisognerebbe smetterla di credere alle varie foglie di fico disseminate lungo tutti gli accadimenti dello sport, il voler intestardirsi a difendere i suoi protagonisti ebbri di denaro e di gloria, additati addirittura come esempi, salvo poi arrampicarsi su dei vetri abbastanza insaponati quando vengono colti in flagrante ad aggirare regolamenti e divieti. Ieri erano i tifosi juventini a lamentarsi, oggi sono quelli di Napoli, completamente ciechi e sordi di fronte a delle evidenze da far impallidire il più truculento pirata frequentatore della “Tortuga”.
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Le persone oneste e leali devono animarsi di buona volontà per accettare dei processi sportivi da operetta, dove il formalismo giuridico impedisce di chiamare alcune plusvalenze fittizie con il loro vero nome: raggiro. Ieri erano i tifosi della Juventus a lamentarsi, oggi sono quelli del Napoli, tutti incapaci di vedere la truffa protetta da un vuoto giuridico presente, ovvero quella di un criterio oggettivo di valutazione dei giocatori. O almeno così dicono, perché poi è difficile convincere la persona di buon senso come un panchinaro del Napoli non possa avere la stessa valutazione in sede di mercato di un Alessandro Buongiorno. Si gira sempre intorno alla voglia di non far interrompere la giostra, divenuta sedativo sociale e macina soldi inarrestabile. Che poi non si capisce mai dove vadano a finire realmente tutti questa montagna di soldi generati. Su una cosa bisogna essere chiari: le plusvalenze fittizie sono trucchi contabili da malavita organizzata, da mondo artificiale e “nero” dove si potrebbero nascondere tutto e il suo contrario, facendo diventare quasi un accenno da cabaret l’acronimo “S.p.A”. E in tutto questo via vai di trattative, di procuratori, di presidenti, di calciatori che si dichiarano sempre ignari, riesce davvero difficile capire in quale modo i soldi vengono fatti girare, e quale sia praticamente il reale valore dello sport più seguito dagli italiani. Mentre la Guardia di Finanza metteva insieme le carte che ora costringeranno il Napoli e il suo presidente a difendersi di fronte alla Giustizia, Gabriele Gravina veniva rieletto allo scranno più alto di “Via Allegri” con il 98.7% dei voti del mondo del calcio.
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E’ vero, era l’unico candidato, ma qualche astensione poteva pure esserci, giusto per non dare l’idea di una Federcalcio divenuta una copia sbiadita del regime Nordcoreano. Gravina è stato forse il peggiore Presidente Federale della storia, con modi di fare da “Mandarino” malriuscito e mai conscio di dover rispondere alle sue responsabilità. Agisce con le modalità di Giovanni Malagò, con cui condivide gli stessi modi di fare e l’attaccamento alla poltrona. Con la scommessa di Roberto Mancini alle spalle ampiamente persa, sbeffeggiato dall’ex attaccante dal ciuffo morbido e dall’immenso talento, che ha preferito veleggiare verso le dune arabe piene di dollari piuttosto che rispettare un contratto che aveva ai suoi albori promesso molto nelle velleità di un rilancio del calcio italiano. La retorica ipocrita aveva addossato a Gian Piero Ventura la responsabilità di una eliminazione mondiale da parte di una pur sempre rispettabile Svezia, poi con il duo Gravina/Mancini era arrivato lo spirito oratoriale della Macedonia del Nord a buttare fuori un palmares di una Federazione che conta quattro titoli mondiali, due europei e uno olimpico. Gravina avrebbe dovuto dimettersi dopo la “rotta” macedone di Mancini e company, e lo aveva anche paventato, addirittura quasi assicurato. Però poi il tempo passa, i giorni portano altre urgenze e polemiche, la gente dimentica, e i poteri si riallineano in spirito di complicità: quindi tutto riparte come prima, e più di prima. Una situazione come quella della Juventus e del Napoli, e anche di molte altre squadre, non poteva restare in piedi se il potere federale non si fosse non solo costantemente voltato dall’altra parte, ma non avesse anche supportato la bizzarra teoria che non ci sia una “forchetta” credibile per dare un valore reale ad un giocatore. Ai club è stato consentito, e si sta consentendo, di fare di tutto in perfetta anarchia, approfittando del carattere di “bisogno popolare trasversale” assunto nel tempo dal calcio. Così accade che il confermato Presidente Federale metta nel suo programma dei sogni il chiedere allo Stato, quindi alla fiscalità generale, l’utilizzo del “tax credit” per gli investimenti virtuosi nel calcio, curandosi nello stesso tempo di avvallare, con la sua inanità, operazioni di mercato come quella di Osimhen. Spero il Governo non osi concedere l’utilizzo del “tax credit” al calcio, sarebbe un insulto al buon senso e una delle pagine più nere della storia degli aiuti di Stato.
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Ma andando oltre, e saltando da sconcezza a sconcezza, diventa una trovata da teatro dell’assurdo ciò che ha detto il legale del presidente del Napoli, Fabio Fulgeri: “E' un dato oggettivo che il Napoli non abbia bisogno di fare plusvalenze fittizie, il bilancio è noto a tutti ed è un bilancio assolutamente in regola. Non c’era bisogno di nessun artifizio per l'iscrizione al campionato italiano”. Per la serie: l’avvocato Fulgeri o ci fa o ci è. Oppure possiamo fare una ipotesi peggiore: pensa che noi qui si sia tutti dei cretini. Contro un così evidente complesso di superiorità poco ci si può fare, se non far notare una cosa quasi banale all’esimio avvocato: una plusvalenza fittizia non la si fa solo per iscriversi ad un campionato, ma anche per altri svariati motivi (chi è dotato di intuito può immaginarsene diversi), tra cui quella di voler concludere a tutti i costi l’affare per prendere un giocatore in grado di farti vincere, spostando ad un dato momento di una partita gli equilibri a tuo favore. Toh, sembra proprio il caso di Osimhen nel corso del campionato che portò la società partenopea a vincere lo scudetto. “A saper bene maneggiare le grida nessuno è reo e nessuno è innocente” dice l’Azzeccagarbugli manzoniano ad un Renzo protagonista di un formidabile viaggio di educazione esistenziale nelle vicende dei “Promessi Sposi”, la cui stazione finale sarà quella di essere una persona non più raggirabile dagli eventi. Fulgeri fa il suo lavoro, che non è quello di cercare la verità, ma solo quello di sbrogliare matasse in favore del suo cliente, approfittando, come tutti i suoi colleghi, della mancanza di trasparenza nelle norme, dove sovente tutto diventa una serie di pieghe in favore dell’interpretazione. La plusvalenza si è voluto farla diventare una matassa con bandolo annesso, affinché la possibilità di aggiustamento, attraverso infinite interpretazioni arbitrarie, potessero diventare realtà. L’arbitrio è la principale fonte a cui si abbevera la complicità, esso cementa anarchie stabili, trasformando un ossimoro in sinonimo della tranquillità. Difficile immaginare la fine di questa storia, considerato come in ogni processo giudiziario,anche in presenza di una legge chiara, sia arduo che questa possa assumere i connotati del Vangelo o di un oracolo; figuriamoci in totale assenza di una norma ad inchiodare l’arbitrio alle sue responsabilità. Comunque si spera che un “giudice a Berlino” si materializzi sul serio, e che una sua sentenza di condanna dell’operato del Napoli sull’affare Osimhen faccia da “Common Law” per la giustizia sportiva. “C’è un oltre in tutto” scrive Luigi Pirandello, e in quest’oltre dobbiamo aggrapparci. Oltre la presidenza federale di Gravina, oltre i presidenti di club che non sono capaci nemmeno di costruire stadi nuovi, oltre ad un sistema calcio vorace di profitti e avido di contenuti, oltre la nostra sofferenza di aver visto un amato gioco stravolto da volgari mercanti del tempio. In questo oltre, ne sono sicuro, ci sarà l’eterno ritorno del calcio e traccia di un barlume di felicità.
Scrittore, sceneggiatore e regista. Tifosissimo granata e già coautore con il compianto Anthony Weatherill della rubrica “Loquor” su Toro News che in suo onore e ricordo continua a curare. Annovera, tra le sue numerose opere e sceneggiature, quella del film “Ora e per sempre”, in memoria del Grande Torino.
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