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La fine del calcio?

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Torna l'appuntamento con Loquor: "Il cambiamento non lo si avverte subito, anche perché manca ancora un tassello importante per far diventare il calcio un’occasione di mercato senza limiti"

Carmelo Pennisi

“La libertà è frutto

                                                                                             del valore”.

Pericle

Qualcuno ha detto, osservando criticamente il nostro tempo, che stiamo vivendo un maledetto futuro dal quale non sappiamo come uscire, anche perché siamo continuamente così informati in tempo reale da non avere un momento per pensare. Se avessimo tempo di farlo, ovvero pensare, sarebbe facile accorgersi come forse anche nel calcio si sia arrivati alla “fine della storia” teorizzata da Francis Fukuyama, dove si stabilisce il termine della evoluzione umana alla fine del XX secolo. Il pensiero del noto politologo americano induce a ritenere  l’antagonismo tra capitalismo e comunismo l’ultima stazione della lotta per il “domani”, dopodiché il tentativo di imporre un diritto transnazionale su base capitalistica privo di qualsiasi contraddizione essenziale avrebbe fatto calare definitivamente il sipario sulla storia del pensiero. Le idee di Fukuyama sulla questione assomigliano ad una via di mezzo tra un paradosso e una provocazione, anche perché vengono formulate all’inizio degli anni 90, in un mondo ancora completamente sotto shock per la caduta del “Muro di Berlino” e assai inquieto perché si trova improvvisamente senza un paradigma di riferimento sul quale fare ruotare ogni tipo di azione o prospettiva. Anche la Premier League prende vita all’inizio degli anni 90, e in nome di un principio a segnare il vero spartiacque tra un secolo di calcio come fenomeno sociale e l’avvento di un calcio dominato dalla tv e dagli sponsor: non è più vincere lo scopo, ma fare soldi e in ogni modo possibile.

Il cambiamento non lo si avverte subito, anche perché manca ancora un tassello importante per far diventare il calcio un’occasione di mercato senza limiti: manca la Sentenza Bosman, che giunge nel 1995 e ha come effetto di trasferire il potere del calcio dai club ai giocatori e ai loro sponsor tecnici. La prima conseguenza è un immediato avvitamento dei costi del calcio verso uno smisurato e insostenibile “alto”, il resto delle conseguenze  sono legate all’affermazione di nuove forme di potere(per esempio i procuratori) nelle vicende del gioco più seguito al mondo. Ma Fukuyama, anche per sua successiva parziale ammissione, ha avuto torto sull’arrestarsi della storia, visto come questa continui ad andare avanti anche se, temo, l’ordine degli addendi dell’esistenza sono cambiati: non sono più il denaro e la tecnica ad essere al servizio dell’uomo, ma è l’uomo a essersi messo al loro servizio. La matematica insegna come anche cambiando quest’ordine il risultato non cambi; ma la matematica non “pensa”, prova a “recintare” solo dei fatti, e quindi non può porsi il problema davvero centrale di ogni tempo: chi si avvantaggia del risultato? Esiste un limite nell’accaparrarsi parte di esso? Ogni volta che si cerca di affrontare tale questione la tendenza, almeno nell’età moderna, è quella di provare a risolvere la titanica questione cultural/esistenziale buttando la palla nel campo della contrapposizione tra idee socialiste e “mercatistiche”. E’ ciò che si intende con il famoso detto del “buttare la palla in tribuna”. Una somma algebrica, inoltre, non può da sola stabilire il concetto dello “spazio” in cui risultato può essere “paracadutato”, e quindi dovrebbe giungere in suo soccorso quantomeno la geometria.

Ma l’ammontare di denaro illimitato(cartaceo e digitale) ha annullato il concetto di spazio(grazie alla tecnica), riuscendo così ad abolire la geometria dalle decisioni più importanti della vita delle persone dell’inizio del terzo millennio. Javier Tebas, Presidente della Liga spagnola, è uno di quelli che sta provando a riportare un po’ di geometria nel calcio, ubriacato dalla sbornia da entusiasmo “dell’abbattiamo ogni inutile barriera/frontiera/spazio e facciamo correre tutto nell’etere compresi i nostri sogni”, sostenendo da tempo la necessità urgente di affrontare il nodo della protervia esercitata dai fondi sovrani arabi nel calcio continentale. “Quello che farà il PSG – ha detto Tebas - rinnovando Mbappè con grandi somme di denaro (a sapere dove e come le paga), dopo aver avuto perdite per 700 milioni di euro nelle ultime stagioni e con un monte ingaggi di più di 600 milioni di euro, è un insulto per il calcio. Al-Khelaifi è pericoloso quanto la SuperLega”. Il riferimento alla SuperLega è una stilettata perfetta indirizzata ad Aleksander Ceferin, Presidente dell’Uefa e nemico giurato dell’ipotesi di campionato europeo per club con il sistema delle franchigie e amico/complice di Al-Khelaifi. E’ una guerra tra bande quella in corso nel continente progenitore dello sport moderno, una guerra figlia dello smarrimento dettato dalla perdita del nostro senso geometrico. La vittoria “della somma che fa il totale” non appaga e, anzi, incita a cercare ogni volta un altro “totale” in nome di un calcio da salvare da una voragine di debiti o di una presunta volontà di rifondare il calcio con un criterio manageriale e aziendale.

Sono ovviamente bugie funzionali allo schema matematico studiato per polverizzare il “luogo” sociale del calcio. “Non permetteremo a una squadra di distruggere l’ecosistema calcistico europeo”, ha tuonato il Presidente della Liga spagnola, dettosi pronto a depositare a Nyon, sede dell’UEFA, una denuncia contro il Paris Saint Germain contenente “dati economici oggettivi”. C’è da immaginare l’espressione sardonica del volto di Ceferin davanti all’ennesima denuncia presentata contro i suoi amici qatarini, da lui definiti parte integrante della famiglia del calcio europeo. Sarà per questo che “beIN Media Group”, il conglomerato della comunicazione e dell’intrattenimento del Qatar, ha investito miliardi di dollari per acquisire, strapagandoli, i diritti televisivi della Champions League e dell’Europa League. Con i complici si fa così, li si tranquillizza facendoli vivere nel lusso e assegnando pubblicamente a loro il merito di questo lusso. Ma gli amici di oggi potrebbero essere i nemici di domani, infatti il “New York Times” ha rivelato come Gianni Infantino, il potentissimo Presidente della FIFA, stia approfittando dell’entusiasmo mediorientale venuto su attorno ai mondiali del Qatar, per favorire gli appetiti degli altri Paesi del Golfo interessati ad organizzare prossime edizioni dei mondiali di calcio. A quel punto Al-Khelaifi giocoforza dovrebbe elevare a nuovo interlocutore proprio Infantino con la sua idea di mondiali biennali e che non ha mai fatto mistero di vedere di buon occhio la nascita della SuperLeague.

Chissà, forse il tempo della grande amicizia tra il magnate qatarino e Ceferin ha i giorni contati. Sono affari, ovvero il famoso calcolo a dare il risultato. Considerando come ci sia una zona del mondo(il Medio Oriente) dove la materia per fare calcoli si estrae senza nessun merito dal sottosuolo o da un fondale marino, si può comprendere facilmente come l’analisi del risultato e del suo utilizzo non vengano presi minimamente in considerazione, non essendoci un “patto sociale” siglato dalla “fatica”.  Il calcio europeo e la sua storia sono ormai in mano all’onnipotenza del calcolo, arabo o americano che sia; marciando deciso verso l’abbattimento di ogni “mura” a proteggere ogni suo luogo geometrico, esso ha dimenticato come quest’ ultimo protegga “Il Diritto della Città”, senza il quale siamo delle canne al vento pronte a piegarsi nella direzione del volere “del più forte”. E’ il luogo geometrico a rendere la matematica confinata prudentemente a ciò che dovrebbe essere, ovvero un mezzo tecnico per facilitarci la vita. Ecco perché Ettore, in una delle pagine più belle dell’Iliade, sceglie di affrontare il suo duello mortale con Achille dinanzi alle “Porte Scee”, simbolo del luogo geometrico chiamato “Troia”. La sensazione è quella di non essere alla fine della storia ma all’inizio dell’incubo, e sorprende come Aurelio De Laurentiis non comprenda, al pari del suo sodale Andrea Agnelli, il perchè il suo nipotino preferisca le magie promesse dal suo telefonino invece del pathos di una partita dove il Napoli è stato raggiunto sul 2-2 e ora si affanna per riacciuffare la vittoria. Il pathos è patrimonio di un’idea esistenziale e ha bisogno per vivere di un essere umano bidimensionale, non ridotto dalla “tecnica” ad essere unidimensionale con il mondo. “Riacchiappare” il mondo è la sfida ad attenderci per smentire il pessimismo di Francis Fukuyama e Martin Heiddeger sul futuro dell’esperienza umana. “Le cause della crisi dei campionati di calcio non sono sportive”, continua a dire instancabilmente Javier Tebas. E’ una fortuna, una vera fortuna, come qualcuno in questo Continente si ostini ancora a pensare e non semplicemente a prendere atto.

Scrittore, sceneggiatore e regista. Tifosissimo granata e già coautore con il compianto Anthony Weatherill della rubrica “Loquor” su Toro News che in suo onore e ricordo continua a curare. Annovera, tra le sue numerose opere e sceneggiature, quella del film “Ora e per sempre”, in memoria del Grande Torino.

Attraverso le sue rubriche, grazie al lavoro di qualificati opinionisti, Toro News offre ai propri lettori spunti di riflessione ed approfondimenti di carattere indipendente sul Torino e non solo.

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