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NEWCASTLE UPON TYNE, ENGLAND - AUGUST 06: Nice manager Francesco Farioli reacts during the pre-season friendly match between ACF Fiorentina and OGC Nice at St James' Park on August 06, 2023 in Newcastle upon Tyne, England. (Photo by Stu Forster/Getty Images)
“La tentazione di esistere”
Emile Cioran
Destino e mistero passando per il “Processo Dialettico” hegeliano, sempre alla ricerca di una nuova sintesi, alla ricerca di una vera soluzione, seppur momentanea, di ogni conflitto. Questo è Francesco Farioli, ovvero l’ennesima favola partorita da un gioco tenace nel non finire di stupire e che ci tiene abbarbicati alla vita attraverso traiettorie disegnate su un prato verde indirizzate ogni volta verso la storia. Bisogna davvero credere nei miracoli per amare fino in fondo il calcio, occorre ignorare il cinismo e tuffarsi nelle favole per avere in cambio da questo gioco sogni realizzati. Farioli viene dalla Garfagnana, un tempo terra di briganti celebri, dove uno di loro, Filippo Pacchione, restituì a Ludovico Ariosto i beni appena da lui derubati, perché le sue rime, seppur a volte sferzanti verso i briganti, meritavano comunque l’ossequio e l’immunità dal furto per la loro bellezza. Ed è proprio l’estetica il prologo del percorso di un allenatore con una delle più sorprendenti storie mai partorite dal mondo del calcio. A tal proposito non dovrà sorprendere se, dopo Claudio Ranieri e la sua storica impresa con il Leicester, si comincerà a parlare degli allenatori italiani come coloro capaci di far tornare ad “orizzontare” la vita verso la motivazione più dura a morire: quella di credere, crederci sempre. “Never Surrender”, tuonò Winston Churchill nei fatidici giorni del 1940, in cui si decisero davvero le sorti del mondo come oggi lo conosciamo, anche se molti lo hanno dimenticato. Non arrendersi mai, anche quando i ricordi sai che svaniranno. “Lo spettacolo dei novanta minuti – scrive nella sua tesi di laurea in filosofia l’oggi allenatore del Nizza –diventerà un flash chiarificatore, che a sua volta verrà sezionato in porzioni di tempo ancora più ristrette, in un lavoro minuzioso entro cui la bellezza del gesto tecnico diventerà ancora di salvezza sociale”. Siamo oltre la “bellezza salverà il mondo” di Fedor Dostoevskij (su cui si fonda tutta la tesi di laurea di Farioli), siamo nell’italianità cristiana ancestrale, quel cotè di sentimenti e di certezze sostanziate nel cielo che impediscono, fosse pure nelle intenzioni, di accettare di lasciare indietro qualcuno.
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Nel calcio gli italiani hanno trasferito la socialità dell’oratorio e la bellezza tracciata dalla fede cattolica nell’arte, facendo dello “stadio” il luogo dove tutti possono entrare con eguali diritti. A nessuno può essere negata l’attesa del miracolo, questo fu il motivo principale del successo italiano del dopoguerra. Fu questo a far partorire ad Enrico Mattei l’Eni e ad Enzo Ferrari la macchina da corsa più iconica del mondo. Ferioli, davanti all’ignoto di ogni inizio, come Claudio Ranieri(e si potrebbe dire come Cristoforo Colombo), non ha paura di imbarcarsi su qualche nave dal precario galleggiamento e di andare per rotte sconosciute. E’ giovane e non ha mai giocato da professionista, ma è allenatore dentro, un po’ come Josè Mourinho, ma senza essere un predestinato della panca come il tecnico di Setubal. “Il gioco – racconta il giovane allenatore toscano dalla pettinatura antica alla Peppino Meazza – è un qualcosa fatto di idee e connessioni. Ho una idea di calcio che vuole aiutare i giocatori a creare relazioni, perché sono loro ad essere al centro del progetto. Io rappresento la categoria degli ultimi, e come nell’evoluzione della specie bisogna adattarsi alle circostanze e alle necessità che via via si presentano”. La filosofia lo ha fatto entrare nel mondo terribile e selettivo di Charles Darwin, ma la sensazione è quella di aver preso da lui solamente la soglia di attenzione da allerta al combattimento continuo. Nel calcio non esiste la pace, nemmeno nel dopo partita, poiché questo sta già facendo affacciare alla prossima partita. Alla prossima battaglia. Il calcio ti da una certezza unica: se anche vinci, se anche sei il più forte, se anche ti senti Achille contro Ettore nel fatidico duello davanti le “Porte Scee”, sai bene come la sconfitta sia lì ad attenderti alla prossima partita. Con l’ultimo come contro il primo. È proprio un vero “Processo Dialettico” questo sport, non si sa mai quale sarà la prossima sintesi. Nel calcio contemporaneo italiano ridotto ad essere il meno hegeliano di sempre, probabilmente, anzi sicuramente, Ferioli non avrebbe trovato posto, ecco perché un bel giorno, consigliato da un amico finlandese, decide di gettare un messaggio in bottiglia nella corrente marina in direzione della qatarina “Aspire Academy” (il progetto dedicato allo sport giovanile con sede a Doha. L’obiettivo? Diventare il miglior vivaio del mondo).
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Il futuro allenatore del Nizza è un po’ scettico sull’effettiva utilità di questa bottiglia lanciata in mezzo al “mare magnum”, in fondo è il mondo “relazionale” italiano quello in cui è nato e cresciuto, e invece viene assunto: è l’inizio, a soli ventisei anni, di una storia davvero incredibile. L’esperienza come preparatori dei portieri delle squadre allenate da Roberto De Zerbi (Benevento e Sassuolo), è solo un passaggio verso il suo destino, laddove gli incroci veri si incontrano e danno il via alla vita. Dopo l’esperienza a Doha, il tecnico toscano sa bene come il mistero del destino in Italia sia ingabbiato dall’ovvio di un mare diventato un lago stagnante. Deve cercare un luogo dove tutto non si riduca a quel che si vede e si capisce, dove la razionalità non è stata piegata al cinismo e alla mistificazione. E’ giovane, ancora molto giovane e con la consapevolezza donategli dalla laurea in filosofia(cosa non da poco, come la biografia di Sergio Marchionne insegna), e Roberto De Zerbi, persona perbene e visionaria(basti pensare al comportamento suo e del suo staff allo Shakthar Donetsk all’inizio delle terribili vicende belliche ucraine. Ci sono italiani di cui andare veramente orgogliosi), non può dargli l’occasione per provare ad arrampicarsi verso il cielo, non può dargli l’antitesi ossessivamente cercata. Ma se Hegel non ha scritto sciocchezze, se tutto quello studio della filosofia non è stato totalmente inutile, se un suo conterraneo ha visto giusto nel chiamare “Divina” persino una commedia, allora l’occasione arriverà. Ma quando? E soprattutto, dove? “Il mistero non esiste che nelle cose precise”, scrive Jean Cocteau. Il messaggio in bottiglia lanciato nel mare continua il suo percorso e la precisione, grazie al suo passaggio professionale all’Aspire Accademy, si appalesa in una semplice lezione di calcio tenuta nel 2020 agli allenatori de “La Masia”, il mitologico settore giovanile del Barcellona. Cadgas Atan, in quel momento allenatore dell’Alanyaspor, rimane impressionato del suo discutere sull’estetica nel calcio rifacendosi alle origini e al mistero che avvolge il mondo del gioco.
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Probabilmente è il momento magico in cui la cultura ancestrale dell’Islam si incontra con la fede e ragione di tutto il percorso esistenziale/spirituale/culturale dell’Europa. È il “logos” finalmente intrecciato con il mistero indicato da Benedetto XVI nel suo famoso e controverso “Discorso di Ratisbona”, l’abbracciarsi improvviso di due mondi diversi che incrociano le loro strade e in questo incrocio vedono la soluzione. A questo punto Farioli prende la valigia e raggiunge Cadgas nel luogo più turistico della Turchia, Alanya; ma l’intenzione non è quella di fare il turista ma di portare le riflessioni di Johan Huzinga e di Eugen Fink sul gioco all’interno di una cultura granitica nel vivere nello specchio metafisico ma scettica sulla ragione. Diventato, dopo un anno di esperienza al Fatih Karagumruk, allenatore dell’Alanyaspor, porta il club al suo record storico di punti nella “Super Lig” turca. La verità contraddetta non è per forza un smentire una verità per far posto ad un’altra verità(da questo punto di vista, ho sempre pensato ad un Hegel a volte mistificato nella sua “Dialettica”), è solo un momento di riflessione prima di “fare” qualcosa per raggiungere l’attimo estatico. Il gioco lavora esattamente per questo. Jean Paul Sartre che afferma come il “calcio sia metafora della vita” e Sergio Giavone che lo contraddice con “la vita è una metafora del calcio” (cit. dalla sua tesi di laurea), è in Farioli il conflitto per superare il conflitto e raggiungere così la bellezza. Pensare al mistero non per proclamarne il suo fallimento (come prefigurato dai positivisti), ma per farlo incontrare con la ragione ed innervarsi così in una esplosione di sentimenti perfetti. Che cosa è il calcio, scrigno prezioso dove la vita si specchia insieme alla verità. Siamo di fronte ad una persona, siatene certi, che farà la storia del calcio, e l’attuale primo posto occupato con il suo Nizza in “Ligue 1”, davanti alla corazzata Paris Saint Germain, impressiona e da coraggio per il futuro del gioco più amato e seguito. Il Nizza cercava un allenatore per un gioco d’attacco, Farioli gli ha portato anche una difesa blindata con soli 4 gol subiti. Il conflitto che supera il conflitto. “Ritengo la capacità di ragionare e l’estrema sensibilità d’animo un valore aggiunto, sia in campo che fuori”, sono le parole di un uomo emblema di una Europa del pensiero non finita, non ancora sconfitta dalla Storia. Se l’università italiana riesce ancora a partorire menti simili, se il calcio è riuscito ad accorgersi della sua esistenza, se il mistero e il destino ostinano a indicarci la strada, allora la via alla meraviglia è ancora aperta davanti a noi. Thank you Football, per rimanere tenacemente ancora con noi e con le nostre speranze.
Scrittore, sceneggiatore e regista. Tifosissimo granata e già coautore con il compianto Anthony Weatherill della rubrica “Loquor” su Toro News che in suo onore e ricordo continua a curare. Annovera, tra le sue numerose opere e sceneggiature, quella del film “Ora e per sempre”, in memoria del Grande Torino.
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