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Ci furono due aspetti inquietanti in questa vicenda, e cioè il desiderio della politica della DDR di competere e vincere con le altre nazioni per esaltare il proprio modello di vita, e la ricerca degli atleti di competere e vincere sui propri connazionali, visto come il loro status di atleti di eccellenza gli faceva godere di una grande libertà di movimento all’estero e benefici sociali inimmaginabili per tutti gli altri cittadini della DDR. Vite anch’esse illusoriamente “perfettissime” queste degli atleti dell’ex Germania comunista, terminate con malattie gravissime e con atti di vendetta subite dai loro connazionali dal giorno dopo la caduta del Muro di Berlino. E mentre oltre la “Cortina di Ferro” erano gli stati ad organizzare la via della perfezione, in occidente erano, molto più banalmente e forse ferocemente, i soldi e il successo a determinare l’inizio dell’uso sistematico del doping per cercare a tutti i costi la via della vittoria. Non starò qui ad elencare i nomi degli atleti celebri sorpresi dalla Wada (Agenzia Mondiale Antidoping), perché sono noti a tutti, e che hanno contribuito in modo sistematico a minare la credibilità dello sport. Favorendo la pratica del doping, per ovvie necessità e spirito di imitazione, anche nelle competizioni giovanili. Questo ha provocato, tra gli atleti, morti precoci e malattie di ogni genere. Ma nel frattempo il mondo si è evoluto, e dal capitalismo comunitario sostenuto dai mezzi di produzione si è passati al capitalismo finanziario di stampo globale. Ecco così fare comparsa, nel mondo dello sport e in special modo nel calcio, il fenomeno del doping finanziario. Probabilmente meno grave del doping effettuato sul corpo umano, ma sicuramente foriero di degrado sia del concetto di lealtà sportiva, che di stravolgimento e sconquasso finanziario dell’ordine naturale delle cose con cui lo sport moderno era andato avanti per oltre un secolo. Siamo agli sceicchi che nella ricerca del loro “perfettissimo” utilizzano le ingenti risorse finanziarie a disposizione per abbattere le tradizioni dello sport europeo. Presto, purtroppo, si assisterà con tristezza alle macerie da loro lasciate. Siamo ad una Cina protagonista di un neo capitalismo fondato su un enorme forza lavoro a basso costo(siamo quasi alla schiavitù) a cui è stato consentito l’ingresso sul mercato mondiale, e che utilizza gli enormi capitali accumulati anche per condizionare lo sport moderno. Una Cina da tempo sospettata di far fare ai suoi atleti ricorso al doping(numerose sono state le squalifiche), aiutata in questo funesto percorso da diversi tecnici figli del sistema DDR.
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In questo contesto da far accapponare la pelle(molte sarebbero ancora le considerazione da fare), fa un po’ sorridere amaramente questo particolare accanimento contro la Russia. Non perché sia innocente, ma perché da qualche anno qualcuno vorrebbe fare apparire la pratica del doping come un’ esclusiva del Paese guidato da Vladimir Putin. La cosa fa venire facilmente il sospetto che sia proprio Putin l’obiettivo di questa campagna, e come quindi lo sport venga utilizzato per fini non proprio nobili, come quello della furiosa lotta geopolitica in atto nel mondo. Non si pensi qui si voglia difendere Putin, ma piuttosto far notare ancora una volta la perversione della ricerca della competizione indirizzata a chissà quale felicità “perfettissima”. Una felicità “perfettissima”, che ha portato il mercato del doping all’interno delle palestre dello sport amatoriale, promesse di felicità “perfettissime” raggiunte attraverso corpi scolpiti da una chimica feroce. Un mercato mondiale da miliardi di dollari. Sono e saranno macerie anche lì. A pensarci fa sorridere l’ingenuità di Pierre De Coubertin, per cui l’importante era partecipare, non vincere. Forse una risposta a tutta questa follia potrebbe venire dall’Uomo di Nazareth, il quale duemila anni scelse di farsi mettere in croce, scelse di accettare la sconfitta. Ho come l’idea, andando avanti nella vita, come probabilmente quella sconfitta fu un esempio di vittoria in assenza di macerie. Perché bisogna saper perdere, per imparare a saper vincere con lealtà,rispetto e verità. Ma vallo a spiegare a Lucifero…
(ha collaborato Carmelo Pennisi)
Anthony Weatherhill, originario di Manchester e nipote dello storico coach Matt Busby, si occupa da tempo di politica sportiva. E’ il vero ideatore della Tessera del Tifoso, poi arrivata in Italia sulla base di tutt’altri presupposti e intendimenti.
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