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“Tu non vinci l’argento, tu perdi l’oro”.
Anonimo
Confesso che comincio ad essere stanco della polarizzazione delle idee che ha preso sempre più piede in Italia. La sindrome da “Romeo e Giulietta”, nel nostro Paese, è andata oltre la descrizione scespiriana delle vicende dei Montecchi e Capuletti, e sovente si trasforma in tragica farsa, come in alcune vicende degli ultimi europei di calcio. Si è assistiti, nei giorni post europei, a banalità travestite da articoli su quanto sia opportuno o meno provare un sentimento patriottico attraverso la nazionale di calcio. Non sono mancate alcuni istanti di autentici deliri, dove Elsa Fornero, ex ministro del governo presieduto da Mario Monti(un altro Mario che nel 2011 era stato indicato con stimmate da “super” da tutta la stampa nostrana. Ma si sa, l’istinto di guardare alla Corea del Nord come modello di informazione è irresistibile per molti giornalisti italiani), si è data da fare per inaugurare uno studio interessante sulla “sociologia delle lacrime”, nuova materia discussa nei salotti bene che frequenta, dove si spiega per cosa sia lecito versare le lacrime e per cosa sarebbe bene non farlo. Ma, soprattutto, su cosa sia assolutamente prioritario versarle. E allora, dopo aver stabilito su “la Stampa” quanto siano belle le lacrime per “diventare più umani”, ha esortato a commuoverci, “in questo oceano di lacrime”, per quelle versate dai migranti “gettatisi da qualche barcone sul punto di affondare”. A questo punto, lo ammetto, viene davvero difficile comprendere il “salto intellettuale” tra le lacrime degli italiani e degli inglesi(per ragioni contrapposte) alla fine di una partita di calcio e quelle dei migranti che sfidano le onde del Mar Mediterraneo.
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Ma la “sociologia delle lacrime” è una nuova materia e diamole ancora tempo per farsi comprendere da noi poveri comuni mortali, prima o poi aprirà uno spiraglio di luce anche nelle nostre povere menti eccessivamente semplificate. Sempre nei commenti ispirati dalla lezione comunicativa di Pyongyang, si sta assistendo da giorni ad un revanscismo italico anti inglese a cui confronto il “Miles Gloriosus” di plautiana memoria appare davvero un gigante del pensiero. Come hanno osato i giocatori inglesi togliersi la medaglia dal collo qualche secondo dopo averla ricevuta? La cosa, da giorni, sta animando i commenti di giornalisti e intellettuali(e persino il mio barista sottocasa), perché la si sta vivendo come un atteggiamento antisportivo, le cui immagini starebbero facendo il giro del mondo suscitando indignazione. Chi scrive ha la fortuna di leggere sia l’inglese che lo spagnolo, e di buona lena si è messo a cercare traccia di tutto questo pubblico ludibrio a cui sarebbero stati additati i giocatori inglesi. Ha cominciato, in modo quasi compulsivo, ad aprire organi d’informazione canadesi, australiani, statunitensi e di molti Paesi sudamericani. Niente, nessuna traccia di questo supposto comportamento antisportivo dei giocatori inglesi, segnalato con grande coraggio e sprezzo del pericolo da grandi e valorosi giornalisti come Nicola Porro. Sempre chi scrive poi è andato con la mente alla notte tra sabato e domenica in cui si è svolta la finale di Coppa America tra Argentina e Brasile, e che ha visto soccombere per uno a zero la nazionale carioca. La mente può fare davvero brutti scherzi, perché sono quasi certo di ricordare i giocatori brasiliani sfilarsi la medaglia dal collo subito dopo averla ricevuta. Anzi, leviamo il “quasi”, se la sono sfilata in piena depressione da delusione per la sconfitta. Sono andato a “sfogliare”(la curiosità non è solo femmina) le notizie del portale del “Clarin”, il “Corriere della Sera” argentino, e con grande delusione non ho rilevato nessuna menzione sui giocatori brasiliani e le loro medaglie sfilate dal collo. Ma può darsi io non sappia cercare, oppure i giornalisti argentini non sono cosi coraggiosi e sagaci come quelli nostrani.
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Ma quando il revanscismo italico in salsa plautiana parte a razzo è davvero impossibile fermarlo, e capita di assistere a tutto e al contrario di tutto, perché c’è sempre un ora del destino scoccare sopra il nostro cielo. Ed ecco Lucio Caracciolo e Dario Fabbri di “Limes”, il mensile di quelli che sanno tutto o quasi tutto, sottolineare, in uno dei loro approfondimenti in cui tenacemente ricordano agl’italiani quanto contino poco e male, affermare in modo chiaro e autorevole(e la postura di quelli baciati dalla sorte e dal mainstream culturale a sancire autorevolezza) che la vittoria dell’Italia agli Europei di calcio non ha nessuna valenza geopolitica, quindi attenti a farsi delle illusioni. Polvere eravamo e polvere continueremo ad essere, nonostante i rigori rifilati ai perfidi inglesi. Nonostante la sicumera di Fabbri e Caracciolo(ammetto che a volte riescono a farmi credere all’esattezza scientifica delle loro analisi), non ho riscontrato, tra amici o semplici conoscenti, voglie di sfruttare le parate di Gigio Donnarumma per rivendicare un ritorno di Nizza o dell’Istria sotto il tricolore che sventola sul Quirinale. Quelli di “Limes”, o similari, proprio non riescono a capire come la voglia di sotterrare sotto una valanga di gol la Francia, abbia poco da vedere con mire espansionistiche nella terra di Macron e Sarkozy. Forse c’è solo la voglia di non fargli dimenticare come la “Gioconda”, la cosa più preziosa del “Louvre”, sia stata partorita da un genio italiano, così giusto per ridere un po’ nel vedergli arricciare il naso ancora più all’insù per il rodimento. Stiano tranquilli i sedicenti esperti di politica internazionale presenti in Italia, non sfrutteremo la prossima vittoria calcistica sulla Francia per rivendicare nuovi diritti sulla fregatura che i “cugini”(si fa per dire) ci hanno rifilato in Libia. Ci accontenteremo che raccolgano molti palloni in fondo alla rete. Devono sapere, i sedicenti intellettuali e giornalisti italiani, che il calcio non ha bisogno di scopi politici o geopolitici per alimentare passione, esso vive di rivalità, a volte sana e a volte insana.
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E’ una rivalità condita di gioia e sofferenza, ed è la semplicità dei sentimenti a trionfare, come la voglia di urlare a squarciagola come sia bello essere italiani mentre Donnarumma fa la parata decisiva del nostro europeo vittorioso. Vedere la politica, e i giornalisti ad interpretare i suoi desiderata, appropriarsi di questa bellezza semplice fa girare un po’ le scatole, specie quando si tenta di approfittare della paura pandemica per provare a spostare la finale di Wembley a Roma. Così, giusto per far pagare agl’inglesi lo sgarbo della “Brexit” e provandoci con un bel sorriso mentre si è appena finito un vertice con frau Merkel, la quale non vede sempre l’ora di tirare un calcio negli stinchi a Boris Johnson. Il nuovo super Mario(stavolta ci assicurano sia quello veramente bravo) asserisce come la vittoria degli Azzurri avrà un effetto positivo sul PIL(Prodotto Interno Lordo) e sulla ripartenza del Paese, proprio mentre l’Istat avverte che sono in corso rincari ovunque su una media del 10%. La vittoria dell’Italia del calcio serve anche a oscurare le “buone” notizie e a inventarsi i nuovi nemici inglesi, additandoli come quelli che fischiano gli inni nazionali altrui, come se dalle nostre parti non avessimo assistito agli stessi indecenti spettacoli. Ma oggi bisogna parlar male degli inglesi ad ogni costo, perché questo è l’ordine recapitato a tutte le principali redazioni giornalistiche della mirabolante Unione Europea, che tremare il mondo fa. Si approfitti anche del calcio, il tanto vituperato calcio, per menare randellate a non finire alla “Perfida Albione”. Sono stati capaci, i nostri valorosi giornalisti cresciuti sotto la filosofia della famiglia Kim Jong, di venderci come atto di arroganza il “Football’s Coming Home” cantato a squarciagola dai tifosi inglesi, sorvolando volutamente, o per ignoranza o per malafede, il senso ironico tipicamente british del testo della canzone. Per quanto mi riguarda veder vincere l’Italia gli Europei di calcio mi ha regalato una gioia incontenibile, e vedere i festeggiamenti dei nostri emigranti a New York o a Toronto mi ha commosso abbastanza. Questo perchè gli italiani sono la mia famiglia e l’Italia è casa mia. Per provare gioia non ho bisogno di inventarmi un nemico o di rimproverare qualcuno di gesti troppo tristi mentre io festeggio, tenderei a riconoscermi nel titolo di prima pagina che il quotidiano belga “Le Soir” ha voluto dedicare all’affermazione Azzurra: “La Vita è Bella”. Il calcio, come il bel film da Oscar di Roberto Benigni, ha il potere di poter fare pensare per un attimo come la vita possa essere a volte davvero bella. Fateci godere quest’attimo e, se potete, date un attimo di pausa alle vostre fake news. Un attimo di pausa farà bene anche voi. Provateci.
Scrittore, sceneggiatore e regista. Tifosissimo granata e già coautore con il compianto Anthony Weatherill della rubrica “Loquor” su Toro News che in suo onore e ricordo continua a curare. Annovera, tra le sue numerose opere e sceneggiature, quella del film “Ora e per sempre”, in memoria del Grande Torino.
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