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L’ora più buia

Carmelo Pennisi
Carmelo Pennisi Columnist 
Loquor / Carmelo Pennisi prende in mano la rubrica che ha realizzato per anni con Anthony Weatherill: “I soldi sono esattamente come i bambini, non hanno un passato, ma creano legami tra ciò che si è e ciò che si vorrebbe diventare"

In memoria di Anthony Weatherill, Toro News è lieto di annunciare che la rubrica "Loquor" continuerà. A portare avanti l'enorme eredità di pensiero lasciata da Anthony sarà Carmelo Pennisi, che insieme a lui già collaborava per la stesura della rubrica condividendo opinioni, ideali e sensibilità. Buona lettura!

“L’ora più buia precede

                                                                                         il sorgere del sole”.

Paulo Coelho

 

Numerosi e autorevoli studi di psicoanalisi dicono che la sostanza del futuro sarebbe racchiusa nei nostri ricordi. Ecco perché un bambino non riesce ad immaginarlo, il futuro: non ha immagazzinato abbastanza ricordi. Ecco perché al bambino non si può chiedere di parlare del futuro, e anzi egli chiede un nostro sforzo per concentrarci sui dettagli del suo presente. La lezione del bambino è che senza esperienza si naviga a vista, incuranti dei pericoli che pure prima o poi si presenteranno davanti. Sapremo riconoscerli, i pericoli? Questa è una delle domande cruciali dell’esistenza. Il presidente della Lega di Serie C, Francesco Ghirelli, pare essere sull’orlo di una crisi di nervi, perché da mesi prova, invano, a farsi ascoltare da chi di dovere sul rischio di “default” della Lega da lui presieduta. “A gennaio –ha detto Ghirelli – il rischio di chiudere i battenti della Lega Pro è altissimo. Da mesi siamo senza un euro. Serve una riforma di sistema”. Pochi giorni fa la “Virtus Roma” ha dichiarato fallimento, e un pezzo di storia del basket italiano è andato via come in un soffio di vento maligno. Storia di scudetti, di coppe europee, di segni lasciati sul parquet da gente come Carlton Myers e Dejan Bodiroga. Niente, tutto svanito. La capitale d’Italia non è riuscita a trovare un imprenditore disposto a salvare tutta quella storia. Notizie e spifferi provenienti da vari organi d’informazione, raccontano di club della massima serie calcistica che non riescono da mesi a saldare gli stipendi dei giocatori. E’ un mondo sempre più incline a rotolare verso il basso, impaurito di scivolare verso l’inferno, ma incapace di trovare una via d’uscita verso il paradiso. Solo i diritti della tanto vituperata tv ancora riescono a tenere a galla lo sport italiano. Ma è, appunto, un galleggiare.

L’Istat, in uno studio depositato qualche settimana fa in Commissione Bilancio del Senato, ha reso particolarmente funesta la previsione di fallimento di attività economiche legate direttamente o indirettamente allo sport: il 60% del totale. Sono numeri da ecatombe occupazionale, dalla quale difficilmente l’Italia potrà riprendersi. Il bambino che si sta costruendo un passato in questo finire del 2020, si ritroverà a gestire il ricordo di una tragedia sociale, prima ancora che economica, senza precedenti nella storia d’Italia. Tornando al concetto del tempo, sembra quasi il suono di una campana triste la riflessione di John Maynard Keynes sul denaro: “l’importanza dei soldi deriva essenzialmente dall’essere un legame fra il presente il futuro”. Eh già, perché i soldi sono esattamente come i bambini, non hanno un passato, ma creano legami tra ciò che si è e ciò che si vorrebbe diventare. E’ strana l’evoluzione avuta dal denaro nel corso dei secoli, partito come risolutore di problemi tra le parti, da qualche “Era” si è reso protagonista di portatore di fratture di un sano equilibrio della mente. Jitander Sareendel, del dipartimento di psichiatria dell’Università di Manitoba, ha dimostrato come le cattive condizioni economiche concorrano fortemente al rischio di far ammalare mentalmente una persona, a rendere l’individuo un deluso cronico. Un antico adagio popolare sostiene come senza soldi non si canti nemmeno la “Messa”, tale è l’importanza assunta dall’economia nella vita dei popoli da qualche secolo a questa parte.

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I bambini che hanno incominciato ad immagazzinare ricordi durante l’Italia del boom economico, avevano nel salvadanaio una delle certezze granitiche. Non importava la sua forma, importava la fessura da dove potevano essere infilati dei soldi da mettere da parte. Il salvadanaio era il simbolo di un Paese così ricco, così uscito dalla sua condizione di povertà endemica da record di emigranti verso terre sconosciute, da poter mettere in attesa dei soldi da utilizzare chissà quando. Magari per comprarsi il primo abbonamento per andare allo stadio. Non era il trionfo del superfluo, era la rappresentazione di generazioni che finalmente potevano pensare allo svago come una delle condizioni necessarie dell’esistenza. Qualche artigiano diventato ricco imprenditore, addirittura poteva permettersi di comprarsi una squadra di calcio o di sponsorizzare una squadra di basket. Era l’Italia di Gino Alfonso Sada, che rompe il suo salvadanaio e decide di sponsorizzare con il marchio della sua azienda di carne in scatola, la “Simmenthal”, l’Olimpia Basket Milano, portandola alla conquista della prima Coppa dei Campioni della storia della pallacanestro italiana. E’ il periodo in cui i cestisti milanesi vengono chiamati quelli dalle “Scarpette Rosse”, ma soprattutto è il periodo in cui la crescita economica italiana è inarrestabile e studiata nel mondo come modello. Tutti hanno un salvadanaio o sono nelle condizioni di poter ambire ad averlo, e fa quasi tenerezza quando Davide Serra, ideatore del fondo di investimento “Algebris”, in un’intervista ricorda la nonna utilizzare tutti i suoi buoni di risparmio postali per permettergli di studiare all’università.

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Nella stessa intervista Serra sottolinea anche come oggi il problema italiano risieda soprattutto nella bassa produttività del lavoro, ovvero della quantità di valore aggiunto che riusciamo a mettere in ogni nostra ora lavorata. “E’ un problema di talento acquisito”, aggiunge nella stessa intervista l’imprenditore di origini genovesi naturalizzato britannico, mettendo l’accento sul fatto come negli ultimi decenni in Italia si sia stata elevata a singolare regola quella di mettere la persona sbagliata nel posto giusto. E quando si legge di una vicepresidenza della Lega di Serie C al momento  al momento affidata ad una che di mestiere nella vita fa l’attrice, allora qualche ragione a chi accusa il nostro Paese di non occuparsi con serietà della faccenda della produttività bisogna darla. Al momento della sua elezione, avvenuta nel 2018, aveva messo in cima ai suoi intendimenti il coinvolgimento della scuola nelle vicende del calcio. la scuola, ad oggi, non ha notizia di attività portate avanti in suo favore dall’attrice romana. Ma il problema, a dire il vero, non è la povera Capotondi, ma piuttosto di un presidente del Coni che ormai da anni batte un colpo solo quando si parla di organizzare olimpiadi o quando un ministro gli toglie una qualche gestione economica dello sport italiano. E siamo sempre lì, ai soldi. Nell’antichità il “talento” designava una moneta greca, perché al denaro si dava il simbolo archetipo del “valore”, cosicché quando una persona realizzava positivamente le proprie qualità sul mercato, finiva per realizzare se stesso come persona di valore. Era l’indice di produttività di cui parlano Serra e tanti altri quando puntano il “focus” sulle criticità del nostro Paese. Difficile comprendere, oggi, quale sia il rapporto reale tra gli emolumenti acquisiti e il valore reale dei talenti della nostra elite. Questa rubrica più volte ha parlato della sua palese inadeguatezza. E’ un Italia che se progetta, ormai progetta solo al ribasso, avendo come orizzonte il galleggiamento mentre si rosicchia qualche osso lasciato dalle generazioni precedenti. Quelle della nonna di Davide Serra, per intenderci.

Ove mai arrivassero fondi dal mitologico “Recovery Fund”, c’è da sperare si sia ipotizzato un piano per ristrutturare anche il mondo dello sport, ma il rischio di rimanere disperati rimane altissimo. Agl’italiani, a mio parere, non è stato spiegato bene il carattere da “ultima fermata” del “Recovery Fund” e del “Mes”, ove mai sul serio si decidesse di accedervi. Non è un problema di essere d’accordo o meno con queste due forme di finanziamento, ma di prendere coscienza che se si dovesse ancora una volta fallire dopo avervi aderito, il prossimo passo sarebbe la ristrutturazione del nostro debito. A quel punto lo scenario diventerebbe drammatico e irreversibile. E di fronte alla scelta più cruciale dei 150 anni di storia italiana, c’è un presidente di una lega calcistica “occupato” a chiedere soldi senza spiegare in che modo li utilizzerà, chiede soldi senza presentare un piano di rilancio del calcio di provincia, chiede soldi e basta. La produttività del lavoro e l’investimento di denaro pubblico come effetto moltiplicatore dell’economia? Solo un banale dettaglio. Ma bisogna capirlo, Ghirelli, perché dal lato del governo c’è chi va sostenendo come il Paese non debba “essere guidato solo dalla volontà di favorire il business”. Quando uno come Francesco Boccia, l’autore di questa sciocchezza travestita da solenne analisi politica, non riesce a comprendere dalla posizione privilegiata di uno scranno governativo come non si stia parlando di business ma di sopravvivenza di un Paese, si fa improvvisamente chiarezza sui perché e i per come del declino italiano. Aver messo in concorrenza tra loro, causa pandemia, denaro e salute, è l’ultima fatale sciocchezza di una elite senza nessuna qualità. Fosse di destra o di sinistra. Se osserviamo le cose dal lato dello sport, perché di questo “Loquor” si occupa, non resta che una tenue speranza di una dirigenza sportiva finalmente disposta a prospettare idee di futuro. Nel mentre i bambini del 2020 continuano, ignari, a costruire nel presente il bagaglio dei loro ricordi. Non saranno, temo, bei ricordi, ma almeno saranno un necessario monito per costruire un futuro diverso da quello che noi gli stiamo consegnando.

Attraverso le sue rubriche, grazie al lavoro di qualificati opinionisti, Toro News offre ai propri lettori spunti di riflessione ed approfondimenti di carattere indipendente sul Torino e non solo.

Scrittore, sceneggiatore e regista. Tifosissimo granata e già coautore con Anthony Weatherill della rubrica "Loquor" su Toro News, annovera tra le sue numerose opere e sceneggiature quella del film "Ora e per sempre", in memoria del Grande Torino.