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Nuove opportunità per il calcio italiano?

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Nuovo appuntamento con "Loquor", la rubrica su Toro News di Carmelo Pennisi: "Credo sia giunto il momento che Federcalcio, Lega Calcio e Ministero dello Sport si muovano di concerto..."
Carmelo Pennisi
Carmelo Pennisi Columnist 

“Fare un nuovo passo, dire

una nuova parola”

Fedor Dostoevskij

La politica e la geopolitica possono cambiare le cose e apparecchiare i tavoli in modo impensabile fino a qualche tempo prima, e ciò si riverbera fatalmente nelle attività economiche e di impresa di un determinato Paese, mondo del calcio compreso. L’avvento di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti, indipendentemente da come la si pensi, sta facendo ruotare l’asse politico/economico dell’Italia in una direzione nuova, specialmente nei confronti dei ricchi fondi sovrani del Medio Oriente, ma non solo. L’ingresso di “Tether”, la più importante e redditizia “stablecoin” del pianeta, ovvero la moneta digitale ancorata a “un bene fisico” (sovente il dollaro o l’oro), nell’azionariato della Juventus è un segnale forte di cambiamenti che potrebbero avvenire nel tessuto d’impresa italiano. La “stablecoin” ha come sua natura la necessità di investire in cose molto concrete, proprio perché non nasce come un espediente finanziario, e allora per diversi analisti è stato naturale ipotizzare una prossima intenzione di John Elkann, che sta per cedere anche il 5% delle azioni Ferrari possedute da “Exor”, di liberarsi della proprietà della Juventus, nella sua sempre più evidente intenzione di allontanarsi quanto più possibile dall’Italia. Non sono un mistero le manovre degli ultimi mesi del nipote dell’Avvocato, per provare a cedere il gruppo editoriale “Gedi” (“La Repubblica”, “La Stampa”, ecc…), ma trattasi di una operazione assai ardua nell’asfittico e poco redditizio mercato editoriale italiano. I “dominus” di “Tether” sono Giancarlo Devasini (patrimonio personale stimato in 9 miliardi di dollari, quattro volte quello di John Elkann, che ne fanno uno degli uomini più ricchi d’Italia) e Paolo Andoino, grandi sostenitori di Donald Trump, e hanno le idee molto chiare, dichiarate da Andoino in una intervista al “Corriere della Sera” parafrasando uno ormai celebre slogan: “Make Juventus Great Again”.

Forse è per questo che John Elkann, contraddicendo tutte le linee editoriali dei suoi giornali, si è letteralmente scapicollato a donare un milione di dollari per la cerimonia di insediamento alla “Casa Bianca” di Donald Trump. Siamo alla sindrome da pellegrinaggio con un tale cappello in mano, da avvalorare come non peregrina il credito dato all’idea del rampollo Agnelli di operare la svolta copernicana della cessione del club bianconero. Continuando nel valutare i segnali di cambiamenti in corso nel nostro Paese, non sarà sfuggita praticamente a nessuno gli accordi recentemente firmati dal Governo Meloni con Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, che recano investimenti futuri per cinquanta miliardi nell’economia italiana. Fanno particolarmente impressione i 40 mld promessi dagli Emirati Arabi Uniti, sia per il valore dell’investimento che per il fatto sia la prima volta di un impegno economico così importante fatto dal piccolo emirato affacciato sul “Golfo Persico” dalle nostre parti. Questo, come detto, apre nuovi scenari nel calcio italiano a livello di assetto proprietario dei club, considerato come gli arabi ritengano il calcio elemento prioritario della loro penetrazione economico/culturale in Occidente. Se ieri era impossibile  vedere il fondo “PIF” acquistare l’Inter (tutte le notizie riportate a suo tempo da alcuni quotidiani, correva l’anno 2023, di Amanda Stavely in procinto di concludere per il fondo pubblico sovrano arabo l’acquisizione del club meneghino erano balle, come ho provato a spiegare in diversi articoli e in audizioni in alcune sedi opportune), oggi ogni scenario diventa possibile.

Quaranta miliardi sono davvero tanti soldi e non semplici da collocare in un mercato assai ingessato da pastoie burocratiche e tradizionali veti e contro veti delle varie consorterie di potere, quindi il calcio potrebbe divenire una suggestione interessante se si è accortamente abili a farlo diventare la stura di investimenti prospettici che da esso potrebbero derivare. In una recente intervista, il presidente del Como Mirwan Suwarso ha chiarito bene i motivi dell’investimento fatto dai fratelli Hartono (tra le persone più ricche del mondo) sul club lariano, trattasi di sviluppo di un brand, il territorio comasco, sfruttando la capacità attrattiva dello sport più seguito al mondo. “Un club di calcio in una città di 85.000 abitanti - ha detto Suwarso - ha enormi difficoltà a diventare sostenibile solo con il calcio, ma siamo fortunati a trovarci in un luogo in cui la città stessa è un brand: il Lago di Como è un marchio globale… il calcio deve diventare parte di questo ecosistema”. Il presidente lariano è arrivato ad ipotizzare il “brand Como” un giorno alla stessa stregua del modello di business della “Walt Disney”, creando le premesse per un lucroso “custode products”(merchandising, licenze, ecc…). Attrarre le giovani generazioni a livello internazionale, per farle poi desiderare di convenire a Como, magari con genitori al seguito, per vivere una esperienza stile “Disneyland” parigino. L’idea della proprietà indonesiana di far diventare il nuovo stadio un centro di aggregazione per la comunità e per i turisti utilizzabile 365 giorni l’anno, riporta un po’, anche se in chiave forse eccessivamente mercantile, all’origine sociale del calcio. Credo sia giunto il momento che Federcalcio, Lega Calcio e Ministero dello Sport si muovano di concerto per promuovere opportunità verso club che, per storia e bacino d’utenza, possano risultare attrattivi al fiume di denaro in procinto di arrivare nella nostra economia.

Da notare come sia l’Arabia Saudita che gli Emirati Arabi Uniti non abbiano scelto, nel loro investimento calcistico nella “Premier League”, il classico investimento londinese, ma piuttosto città più decentrate, ma ricche di storia, come Manchester e Newcastle. Città in declino industriale e minerario e schiacciate dallo strapotere economico/finanziario della Capitale, che hanno trovato, e stanno trovando, anche nel calcio opportunità di rilancio economico/sociali. Insomma, qualcosa potrebbe finalmente cambiare negli assetti del nostro calcio, da due decenni impossibilitato da ricevere supporto dalle imprese del Paese, al momento impegnate a risollevarsi da una delle crisi economiche e di sistema più gravi mai vissute dall’Italia. C’è bisogno soprattutto di chi possa impegnarsi anima e corpo allo sviluppo dell’impresa calcio, che non può più essere il “secondo lavoro” dei proprietari dei club, ma bensì una vera e propria “catena di valore” foriera di ricavi e, soprattutto, di utili. Torino, sia in sponda Juve che in quella Granata, potrebbe essere il luogo adatto per provare ad aprire una pagina nuova, con proprietà nuove a portare non solo ossigeno finanziario, ma anche a mandare nell’archivio della storia proprietà fin troppo vecchie e svogliate, evidentemente incapaci di intercettare le possibilità del nuovo. Il capoluogo piemontese, svuotato dalla sua vocazione automobilistica e industriale, avrebbe bisogno di nuove idee e di nuovi slanci, perché non ci si può rassegnare al declino di una città così importante. Lo sport, e in particolare il calcio, ha la grande capacità di generare entusiasmo e prospettive, basta ci si allontani dalla tentazione di utilizzarlo come facile occasione di speculazioni finanziarie, siano nuovi stadi o plusvalenze a getto continuo, reali o fittizie non fa alcuna differenza. Bisogna lavorare per un suo “rinascimento”, che deve passare anche, e soprattutto, attraverso la sua natura sociale. Va bene essere trattati pure da consumatori, se questo lo spirito del tempo richiede, ma tenendo sempre presente la “maglia” e i suoi tifosi, che sono la “storia” senza la quale il calcio non esisterebbe. I soldi sono importanti, il business è importante, le nuove visioni sono importanti, ma tutto rimanga in un quadro originale. L’eternità non è fatta di copie malriuscite.

Scrittore, sceneggiatore e regista. Tifosissimo granata e già coautore con il compianto Anthony Weatherill della rubrica “Loquor” su Toro News che in suo onore e ricordo continua a curare. Annovera, tra le sue numerose opere e sceneggiature, quella del film “Ora e per sempre”, in memoria del Grande Torino.

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