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Oltre il Covid-19. Oltre la paura

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Loquor / Torna la rubrica di Anthony Weatherill: "Il problema della libertà, dell’economia e del diritto non sono problemi di serie B rispetto a quelli sanitari; sono i motivi per cui l’occidente è fiorito nel corso dei secoli"
Anthony Weatherill

"Il segreto della libertà

è il coraggio".

Tucidide

Numerose polemiche e confronti tv si sono sovrapposti a seguito delle ormai note dichiarazioni di Gabriele Gravina sulla volontà di terminare il campionato di Serie A 2019/20. La notizia che sorprende, dopo settimane di posizioni assai diverse tra i presidenti della più importante lega professionistica sportiva italiana, è la loro decisione unanime di voler terminare la stagione in corso. Se uno avesse la ventura di leggere l’intervista rilasciata a Repubblica da Massimo Cellino, presidente del Brescia, pochi giorni or sono, tra i tanti ragionamenti (si fa per dire) stralunati di colui che del calcio ne ha fatto sempre e solo un affare, riuscirebbe a coglierne solo un tratto in comune: la contraddittorietà. Nel corso dell’intervista, il nostro, si dichiara assolutamente contrario alla ripresa del campionato, salvo poi nell’ultima riunione di Lega A cambiare idea contribuendo al voto all’unanimità. Colui che non se la sentiva di parlare di calcio alla gente di Brescia, provata dai lutti procurati dal Covid-19, deve aver evidentemente cambiato idea, e di molto, negli ultimi due giorni. Cellino non è padre Pio, e nel corso della sua controversa esistenza, costellata anche da molti procedimenti penali a carico, ha pensato sempre ad un’unica cosa: il denaro. Non c’è nulla di male in questo, ognuno ha i suoi obiettivi esistenziali, ma mentre attraverso Repubblica ci informava di essere ricco e persino con una villa a Miami, suonava un po’ stonato il suo insistere a tenere tutte le attività umane ferme (il concetto è sempre lo stesso mantra mainstream degli ultimi mesi: prima la salute), esortando lo stato, nello stesso tempo, a dare più di 600 euro alla gente in difficoltà. Difficile non essere d’accordo sulla questione del tratto esiguo dei 600 euro (chi è in difficoltà meriterebbe e dovrebbe ottenere di più), ma un dettaglio sembra essere sfuggito al presidente del Brescia, che pure di questo dettaglio dovrebbe averne particolare contezza: da dove prende i soldi lo stato per pagare tutte le sue spese di bilancio, ammortizzatori sociali compresi? Tale dettaglio, da tutti i pasdaran del “restiamo a casa” e del “non possiamo riprendere a lavorare fino a che non siamo al sicuro dal Covid”, curiosamente non viene mai preso in esame. Forse sarebbe necessario, prima di parlare, andarsi a ripassare qualche nozione di libero mercato, qualche semplice regola di scienza monetaria e le modalità di accesso al mercato valutario dei Paesi dell’eurozona. Attraverso questa pratica qualcuno potrebbe, ma non la do come questione certa, imparare il valore da dare alla parola prima di esprimerla. Per buona pace di chi ha una villa persino a Miami.

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È noto come il potere, se esercitato in modo discutibile, abbia tra le sue tante facoltà, anche quella della persuasione. Ecco perché in democrazia esistono “i poteri terzi”, come il giornalismo e la magistratura, proprio per evitare che il potere politico esondi nell’autoritarismo o, peggio, in una oligarchia dai contorni molto vicini ad una dittatura. “Il Consiglio dei ministri si trovò relegato ad un ruolo poco più che consultivo. Il capo del governo era autorizzato a legiferare senza l’assenso del Parlamento. Né il Parlamento poteva discutere di una qualsiasi questione se non espressamente invitato a farlo”, queste parole sembrerebbero una ricostruzione storica abbastanza fedele di ciò che sta accadendo in Italia in questi ultimi mesi, in realtà si è di fronte ad un resoconto storico di Denis Mack-Smith, uno dei più autorevoli studiosi della storia dell’Italia contemporanea, in cui si racconta la presa del potere assoluto da parte di Benito Mussolini nel 1925. Il filosofo Giorgio Agamben, a proposito dei provvedimenti governativi per contenere il Covid-19, ha riflettuto come, in questa situazione surreale italiana, i giuristi tacciano di fronte a delle regole costituzionali in tutta evidenza violate. Sarebbe opportuno ricordare come anche il diritto sia una scienza, non meno importante di quella medica, a cui in queste settimane si è dato un potere talmente spropositato, da apparire sospetto. E il diritto è una scienza perché da quando ha visto la luce, tenacemente tenta di mettere una barriera protettiva tra noi e la barbarie. Agamben si è chiesto “come è potuto avvenire che un intero Paese sia senza accorgersene eticamente e politicamente crollato di fronte ad una malattia”, provando ad immaginarsi quale sia il limite oltre il quale gli italiani rifiuterebbero di mettere da parte i loro principi etici e la loro libertà. Giorgio Agamben non è una persona qualunque, oltre ad essere un intellettuale illustre è anche uno con il coraggio di mollare una fruttuosa carriera accademica negli Stati Uniti nel 2003, per protesta contro la legge americana che impone ai cittadini stranieri di lasciare le proprie impronte digitali, riducendoli ad un conglomerato di schedati.

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Il problema della libertà, dell’economia e del diritto non sono problemi di serie B rispetto a quelli sanitari; sono i motivi per cui l’occidente è fiorito nel corso dei secoli, sancendo alcuni primati etici e morali a garanzia di livelli di civiltà mai raggiunti prima. In relazione ai quali, ad esempio, il lavoro non è considerato solo un mezzo per procurarsi un salario, ma è anche motivo di dignità sociale imprescindibile. Bisogna dire una cosa con chiarezza: un sussidio di disoccupazione, per quanto giusto e indispensabile, è da considerarsi sempre una sconfitta. Perché se si giunge a quel punto, vuol dire che il senso della vita stessa è messo a rischio. Questo perché non siamo solo esseri biologici, spinti da questa modernità scientista alla ricerca di un’immortalità impossibile da ottenere. Siamo fatti anche di anima, racchiusa in un corpo destinato alla mortalità, che dobbiamo imparare a tornare ad accettare senza paura. È sconsolante, per non dire altro, aver visto gli italiani ripudiare in un secondo, per paura, qualsiasi loro passione, tra le quali anche quella del calcio. Un ripudio talmente veloce da far venire su una domanda spontanea: ma c’è qualcosa in cui gli italiani, oggi, credono veramente? Alcune persone, tra insulti e offese inenarrabili varie (fatte da individui che magari si autodefiniscono pomposamente “democratici”), hanno provato timidamente a sottolineare l’utilità sociale del calcio, incredibilmente, e in sole poche settimane, fatto regredire agl’occhi della pubblica opinione come bene voluttuario. Il calcio è portatore di una sicurezza economica per una moltitudine di persone, è espressione di una cultura che diventa memoria, è senso di appartenenza, è recupero di parte della nostra umanità. È, in altre parole, un bene comune. Come tutte le cose belle e utili, forse ne capiremo il valore solo se lo perderemo definitivamente. Si deve difendere il bene comune, specie in questo momento. Quando un primo ministro (e vi prego di non farne una questione politica) umilia il Parlamento negandogli la possibilità di esprimere un voto su una questione vitale per il Paese, e tutto ciò sembra non avere nessuna ripercussione, anche fosse solo emotiva, sulla pubblica opinione, allora il problema comincia ad essere davvero grave. Vuol dire che la paura sta vincendo su tutto. Quando si è smesso di cercare il bene comune, che non è solo la protezione del nostro presente egoistico?

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Con l’espressione “katà metron” (con misura), gli antichi greci usavano indicare la massima virtù da possedere. La misura indica sempre chi sa avere cura di sé, con una consapevolezza delle proprie possibilità e dei propri limiti. Oltre determinati confini, sosteneva Orazio, non può esistere il giusto. C’è una misura in tutte le cose, a raccontare come non sia molto conveniente cercare la felicità nella dismisura, che spinge le persone a volere ciò che non è in loro potere. Il Covid-19 ha messo a nudo la fragilità degli uomini contemporanei, li ha costretti a svelarsi, e al momento non è stato un bello spettacolo. Accettare di chiudersi in casa senza pensare alle conseguenze del domani, relativizzare i diritti legali e religiosi, credere a qualsiasi cosa diramata dalla scienza (che su questa vicenda non è riuscita a mostrare nessuna evidenza scientifica certa), arrendersi al caos e dimenticare le passioni, è stata una manifestazione di cedere al terrore a dismisura. Temo si pagheranno conseguenze non piacevoli, anche se ovviamente mi auguro di sbagliare. Spero e prego che per l’Italia non valga il rammento di Tucidide: “la peste segnò per la città l’inizio della corruzione… nessuno era più disposto a perseverare in quello che prima giudicava essere il bene, perché credeva che poteva forse morire prima di raggiungerlo”. L’Italia dovrà presto dimostrare di essere più forte della paura, e dovrà farlo anche attraverso il calcio. Non lo si abbandoni come idea, esso ha il potere di regalare gioia: ancora una volta. Ricordiamo ancora cosa è, la gioia?

(ha collaborato Carmelo Pennisi)

 

Anthony Weatherhill, originario di Manchester e nipote dello storico coach Matt Busby, si occupa da tempo di politica sportiva. E’ il vero ideatore della Tessera del Tifoso, poi arrivata in Italia sulla base di tutt’altri presupposti e intendimenti.

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