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Loquor

Parliamo della vendita dell’Atalanta

Carmelo Pennisi

Torna una nuova puntata della rubrica Loquor, a cura di Carmelo Pennisi

“Quando le informazioni mancano,

                                                 le voci crescono”.

Alberto Moravia

A volte è lecito, anzi è doveroso chiedersi quale sia l’attuale stato dell’arte della nostra stampa, specie quando avvengono operazioni da “prima pagina” come quella dell’Atalanta appena passata in mano americane. Nei giorni antecedenti l’arrivo di Stephen Pagliuca sul ponte di comando del club bergamasco, i rumors, ormai certi di un cambio di proprietà imminente, si erano detti certi dell’ingresso nel mondo del calcio italiano da parte del fondo di investimenti Kohlberg Kravis Roberts (meglio conosciuto con l’acronimo “KKR”). In poche ore si sono visti vergare articoli a dir poco sorprendenti per la quantità di particolari snocciolati con la stessa autorevolezza e sapienza di Oronzo Canà, il mitico “Allenatore nel Pallone” interpretato a suo tempo da uno stralunato Lino Banfi. Quasi nessun giornalista, o presunto tale (so bene come molti considerino l’iscrizione all’albo dei pubblicisti un punto di arrivo della loro carriera di comunicatori, o presunti tali. Ma quante cose si potrebbero dire sulle iscrizioni ad un albo professionale ormai desueto e sostanzialmente inutile, e alcune di queste temo sarebbero da codice penale, perché veri e propri raggiri.

Ma fermiamoci sulla commedia andando al ricordo di un Carlo Verdone d’annata protagonista di un noto sketch televisivo dove tirava fuori più volte una “tessera timbrata e firmata” di legittimazione e andiamo oltre), a chiedersi cosa mai potesse c’entrare un fondo tra i più specializzati al mondo in operazioni di “Leverage Buyout” con l’acquisto di un club calcistico italiano operante in un sistema, quello dell’attuale Serie A, dove è praticamente impossibile avere delle buone perfomance in bilancio. Quale poteva mai essere la relazione tra il colosso media tedesco “Axel Springer” (di cui “KKR” ha acquisito il controllo nel 2019 pagando il 43,54% di azioni per la modica cifra di 3,2 miliardi di dollari) e una squadra di calcio di una provincia lombarda. Quale sarebbe stato il disegno? Quale la strategia? Mistero. Eppure, nel prefigurare una ipotesi con le stimmate di una futura certezza incorporata, avrebbe dovuto spingere qualcuno ad approfondire e a chiedersi questioni davvero elementari. Ma niente di tutto questo è accaduto, poiché siamo nell’Era degli articoli fotocopia e nell’essere immediatamente presenti nel villaggio globale nel coro, più stonato che da voci bianche, dello scoop partito da chissà quale tastiera di un computer. Ci sono cascati tutti, o quasi, nel precipitarsi nel fare gli “strilloni” 2.0 sulla notizia “che tremare il mondo fa”, anche testate autorevoli e con la cravatta di “Marinella” indossata persino sul loro nome di battesimo. Per quasi due giorni su tutti i social apprendisti stregoni della scrittura e dell’analisi, arrembanti nel varcare continuamente la soglia del proprio “Super Io”, si sono inerpicati nel voler spiegare cosa fosse “KKR”, inebriandosi di sospiri di malcelata invidia sulla fortuna improvvisamente abbattutesi sulle teste dei bergamaschi. Inutile, a quel punto, provare a sottolineare come non basti e sia alquanto insensato accostare il tentativo di “KKR” di prendere il controllo di Telecom con l’eventuale acquisto di una società di calcio, ormai il “clickbait” sulla rete era totalmente fuori controllo: “KKR” aveva le mani sull’Atalanta e guai a provare a dire il contrario.

“E’ la stampa bellezza”, no, a dire il vero è la follia di un “tempo” in cui l’istinto anarchico presente in ogni essere umano è tracimato senza nessun tipo di freno nel magico mondo della circolazione delle notizie, a corroborare qualsiasi tipo di convinzione fino a quelle più malsane e completamente senza logica o contesto. E ciò in un’epoca dove la nostra Camera dei Deputati ha dato il via libera all’istituzione di una Commissione d’Inchiesta sulle “fake news”. Per molti anni nel nostro Paese è circolato l’aforisma, diventato presto celebre, di un contesto socio/culturale dove esistevano (ed esistono) più scrittori che lettori, ed era facilmente intuibile come con l’avvento di internet la tribù dei grafomani nostrani si sarebbe precipitata a espandere il suo verbo attraverso un agone digitale con il pregio/difetto di aver aumentato la circolazione di notizie ad una velocità superiore alla luce, realizzando di fatto l’impossibile stabilito da Albert Einstein con la sua “Teoria della Relatività”. Ammaliati dalla velocità e dalla bulimia digitale, è stato facile dopo pochi giorni saltare sul carro di Stephen Pagliuca e del fondo  di private equity “Bain Capital”, rimuovendo in fretta l’ombra e il ricordo di “KKR”. In pochi secondi di insano “clickbait” tutto il mondo ha saputo l’irrompere di un altro fondo nel meraviglioso mondo del calcio italiano… ma leggiamo cosa racconta, nel suo comunicato ufficiale, l’Atalanta: “Atalanta Bergamasca Calcio S.p.a annuncia la sottoscrizione di un accordo di Partnership tra la famiglia Percassi e un gruppo di investitori capitanati da Stephen Pagliuca, Managing Partner e CO-owner dei “Boston Celtics”, oltre che Co-chairman di “Bain Capital”, uno dei principali fondi di investimento del mondo”.

L’italiano è quello formale tipico di una comunicazione alla stampa e ha il pregio di essere di una chiarezza cristallina: “Bain Capital” nulla c’entra con l’acquisizione del club bergamasco. “Una bugia fa in tempo a viaggiare per mezzo mondo mentre la verità si sta allacciando le scarpe” ha detto qualcuno (forse Mark Twain, forse Jonathan Swift. Chissà…) cristallizzando per sempre un teorema incontrovertibile per chi si occupa di comunicazione, ovvero come si debba sempre prestare massima attenzione alle balle a costo di rimanere con le scarpe slacciate, perché quando non lo si fa il rischio è quello di una nazione intera  al momento certa di come “Bain Capital” sia stata sedotta dall’Atalanta, mentre potrebbe essere possibile trovarsi alla presenza del classico “Cavallo di Troia” lasciato dal fondo bostoniano davanti alla porta di ingresso di via Rosellini 4 in attesa della prossima riunione di Lega A, da dove potrebbe partire l’ennesima scalata ad una parte della proprietà della Lega stessa. A pensar male… spesso ci si azzecca, soleva dire il “Divo” Giulio. E nonostante si faccia peccato, non ho potuto non riflettere maliziosamente sull’offerta di 3 miliardi di dollari, non andata in porto, fatta qualche tempo fa da “Bain Capital” per acquisire il 25% del Campionato di Calcio Italiano:  queste sono le operazioni “tipo” con cui un “private equity” soddisfa i suoi clienti, remunerando il loro investimento senza correre eccessivi rischi.

Ecco cosa non è assolutamente peccato: provare e riprovare sempre, magari cambiando strategia. Vanamente ho aspettato qualche atto di contrizione  da parte di chi aveva dato per certo l’acquisto dell’Atalanta da parte di “KKR”, giusto per provare a ridare un senso di autorevolezza al ruolo della stampa assolutamente da tenere sempre a cuore, come dote necessaria per un buon grado della nostra qualità della vita. Pazienza, sarà per un’altra volta. Qualche anno fa mi recai in Polonia a causa del mio lavoro,e passai giornate intere ad incontrarmi e a intervistare diversi rappresentati dell’intellighenzia polacca. Fu un’esperienza incredibile alla stessa stregua di pagine di libri di storia che si sfogliavano senza fermarsi davanti ai miei occhi, una storia di coraggio e resilienza ad un frequente destino avverso tra i più duri mai esistiti. Scrittori, intellettuali, professori universitari, religiosi, politici a raccontarmi con sfumature diverse aneddoti della vita della loro terra, ma con unico identico rammarico: non accettavano una Europa non conscia come fosse la Russia, e non la Germania, il principale problema polacco di sempre.

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Qualche tempo dopo mi ritrovai a tenere una “conversazione” sulla comunicazione (preferisco non chiamarla lezione) ad alcuni studenti di un “master” di un’importante università. Ricordandomi di quel mio viaggio in Polonia, quasi come mosso da un improvviso istinto dell’inconscio chiesi loro chi avesse invaso la Polonia nel settembre 1939: “la Germania”, fu la risposta unanime, non senza qualche stupore per la mia domanda. Quei studenti laureati e pronti ad andare incontro ad una vita gravida di possibilità professionali, non avevano minimamente considerato i sovietici, forti del “Patto Molotov-Ribbentrop”, entrati in Polonia da est. Questo succede nell’era dei “clickbate”, dove sempre più frequentemente si preferisce seguire l’onda della corrente anziché fermarsi a riflettere sul perché si stia leggendo una cosa piuttosto che un’altra. Teniamolo d’occhio Stephen Pagliuca, magari è un cavallo di legno lasciato in dono lasciato al calcio per ingraziarsi gli dei, o magari è il cerino che accenderà il fuoco distruttivo sul mondo dello sport più amato dagli italiani. Ogni tanto diamo un po’ retta agli scrittori, l’Iliade non fu certo scritta da Omero solo per intrattenerci o impressionarci.

 

Scrittore, sceneggiatore e regista. Tifosissimo granata e già coautore con il compianto Anthony Weatherill della rubrica “Loquor” su Toro News che in suo onore e ricordo continua a curare. Annovera, tra le sue numerose opere e sceneggiature, quella del film “Ora e per sempre”, in memoria del Grande Torino.

Attraverso le sue rubriche, grazie al lavoro di qualificati opinionisti, Toro News offre ai propri lettori spunti di riflessione ed approfondimenti di carattere indipendente sul Torino e non solo.