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“I discorsi d’amore sono nubi, le
chiacchiere da mensa sono fumi”
Victor Hugo
In Italia vendere qualsiasi cosa è divenuto un esercizio davvero complicato, con un mercato delle compravendite vittima del cattivo momento che sta attraversando tutta la nostra economia nel mercato interno. Non voglio dire quasi nulla sulle voci riguardanti il Toro sulla soglia di una cessione da parte di Urbano Cairo(anche se molto potrei dire, ma ho promesso a me stesso di non parlare più nello specifico su questo argomento, perché quando quasi due anni fa osai mettere al corrente di una trattativa e di una due diligence che coinvolgeva i Granata non fui assalito da quesiti e argomenti, ma da insulti e ironie incomprensibili e fuori luogo. Ma il clima in Italia negli ultimi anni è quello di un caravanserraglio di voci che provano a trovare spazio diffamando violentemente tutto e tutti. Va bene così, anzi non va bene, ma non voglio farmi più coinvolgere, avendo abbondantemente altre cose da fare nella vita, e non avendo bisogno del Toro per trovare un po’ di notorietà con amici e parenti), però vorrei approfittare di queste voci per fare un discorso in generale sulla questione vendere o comprare oggi un club calcistico in Italia, anche per rispondere un po’ surrettiziamente alle centinaia di mail in cui mi sono stati chiesti lumi sulla cessione del Toro(approfitto dell’occasione per scusarmi se non ho risposto a nessuno, ma, come detto, non dirò mai più una parola sulla cessione dei Granata).
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All’inizio del 2023 il quotidiano “Libero”, ripreso poi da “Sky” e da tutto il cucuzzaro nobile del giornalismo italiano, vergò ben due pagine con la firma più prestigiosa della sua redazione sportiva, Fabrizio Biasin, per raccontare una fantastica storia alla Philip Dick in cui l’Inter era stata già venduta al fondo arabo “Public Investment Fund”(PIF) e che il closing sarebbe avvenuto nel luglio di quello stesso anno. Rapida precisazione: per ragioni di vita e professionali sono ben introdotto sia nella famiglia reale araba che in quella del Qatar, questo per dire come da quelle parti abbia buone fonti. Fonti consultate un attimo dopo aver finito di leggere l’articolo di Biasin, e che smentirono categoricamente, argomentando, un qualsiasi interesse di Ryad sulle sorti del club neroazzurro. Stessa cosa capitò con le comiche voci nate intorno alla Sampdoria di un presunto investitore della famiglia Al-Thani che sarebbe stato pronto a rilevare il club blucerchiato in gravissima agonia economica, una agonia da cui al momento ancora parrebbe non essere uscito. Un giorno Anthony Weatherill, colui che mi ha preceduto nel redigere questa rubrica ed esperto di questioni qatarine, fu chiamato da un noto giornalista napoletano per partecipare alla sua trasmissione radiofonica e commentare così le voci che volevano la famiglia Al Thani in procinto di comprare il Napoli per un miliardo e duecento milioni di euro. “Cosa gli dovrei dire, Carmelo? Questo vuole che gli confermi la notizia”, mi interrogò al telefono, ed io lo esortai a dire la verità, ovvero che il Fondo Sovrano del Qatar mai avrebbe comprato il Napoli, non c’era un motivo socio/politico per cui avrebbe dovuto farlo. Anthony era un buono, non gli piaceva intristire le persone, ragion per cui raccontò una mezza bugia lasciando aperto uno spiraglio all’immaginazione di vedere le dune appalesarsi sul golfo di Napoli. Riguardo alla Sampdoria, un giorno accompagnai Anthony nella sede milanese di un importante fondo di investimento italiano(uno dei più importanti in Italia), il tema fu la ricerca di un possibile acquirente della società ligure, acquirente per modo di dire visto come il mandato dato al fondo di investimento da Garrone, all’epoca proprietario della Samp, fosse quello di cedere gratis il club.
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La speranza era che Anthony potesse trovare un acquirente nel mondo arabo. Non sto nemmeno qui a dire quanti personaggi importanti e tifosi genoani, nel corso degli anni, abbiano provato a cercare la proprietà giusta per uno dei club storici del nostro calcio. Poi il Genoa è finito nelle mani della peggiore ipotesi possibile, il fondo “777 Partners” oggi in via di liquidazione fallimentare e che probabilmente aveva preso il calcio per una occasione di speculazione spericolata. La questione non è capire se le indiscrezioni giornalistiche siano vere o false, considerato come per molti ciò sia una mission impossible capirlo o verificarlo, ma cercare di focalizzare l’attenzione sulla Luna e non sul dito che la indica. Chissà perché nessuno riflette sul fatto che Milan e Inter, due club con un valore di mercato di poco superiore al miliardo di euro, alla fine di gestioni tormentate o di tante ipotesi di trattative sono stati accaparrati, per un terzo del loro valore, da due fondi di investimento americani di medio livello(“Fondo Elliot” e “Oaktree”), come escussione dei debiti contratti da Li Yonghong(Milan) e Steven Zhang(Inter). La situazione della nostra massima serie calcistica è sull’orlo del disastro economico, e il problema è sempre lo stesso: il valore della produzione supera quello degli utili sui ricavi. A parte l’eccezione del Napoli di Aurelio De Laurentiis(un vero mistero della fede), guardare i bilanci dei club procura solo la sensazione di mettere distanza dall’ottimismo. E allora perché qualcuno dovrebbe avere ancora la voglia di investire i propri denari e il proprio tempo su una società di calcio italiana? C’è sempre da chiedersi una cosa, con la sincerità di quando ci si mette davanti ad uno specchio: se fossero nostri, i denari, li rischieremmo in una situazione seduta su più di tre miliardi di debiti e prossima allo sfascio? Quali sono i motivi che, eventualmente, ci porterebbero a prendere in considerazione tale rischio? C’è molta incapacità nella gestione dei club e, diciamolo pure con franchezza, molti segnali di malaffare, di introitare utili non rintracciabili nel “grigio” piuttosto che provare a farli nel “chiaro”. C’è tutto un mondo a fluire dietro le quinte, su cui ogni tanto la magistratura fa capolino e prova a sanzionare. Ma giusto ogni tanto, considerato come il calcio abbia un valore talmente importante per la quiete sociale da potergli consentire diverse digressioni dai buoni comportamenti. Si parla d’amore, e non puoi dare facilmente della “puttana” alla donna di un altro. In questa situazione che definire opaca è dire assai poco, alla fine gli unici ad essere interessati sono i “fondi speculativi”, quelli abituati a brigare finanziariamente con la voce “debito”. E generalmente questi fondi sono americani, animati dal concetto anarchico e da spregio delle leggi della “frontiera”, e non hanno timore di essere disinvolti nei loro affari. Tanto i bilanci dei club sono dei buchi neri in cui nessuno vi si tufferà mai sul serio, ed è forse a causa di questa insondabilità che la Lega Calcio ha deciso di non seguire l’esempio del “Rapporto Taylor” e dell’allora governo di Margaret Thatcher, ovvero di approfittare dei fondi pubblici del “PNRR” per proporre una legge di sistema e obbligare così i club calcistici ad ammodernare o a costruire stadi. Il finanziamento pubblico del Governo Thatcher all’epoca funzionò, e mise la premessa per la nascita e il successo della “Premier League”. Ma riproporre lo stesso schema con il “PNRR” avrebbe voluto dire spalancare le porte ai controlli governativi sui bilanci, e allora forse è stato meglio perdere una occasione che rischiare di far portare tutto alla luce del sole.
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Ma forse sono troppo malizioso in questa mia ipotesi, forse in Lega sono così incapaci da non aver pensato a questa vantaggiosa opportunità di finanziamento. E allora capita in un giorno di autunno che l’autorevole quotidiano “La Stampa” pubblichi una indiscrezione su una possibile vendita del Toro alla “RedBull”, a firma di due giornaliste della redazione economica del quotidiano torinese. Giornaliste che dopo aver pubblicato l’articolo hanno ritenuto di non esporsi oltre sull’argomento, nonostante le varie richieste di interviste. Come detto, non voglio dire niente su questa vicenda e su qualsiasi cosa riguardi la cessione del club Granata, ma una piccola osservazione posso farla. Ove mai questa trattativa fosse reale, porrebbe conseguentemente un quesito importante. La “RedBull, anche nella vicenda che in Francia la vedrebbe in procinto di acquisire con Bernard Arnault il Paris Fc, si farà coinvolgere ulteriormente nel calcio solo con quote minoritarie, il 15%, dei club acquisiti. Quindi, volendo seguire l’anticipazione riportata da “La Stampa”, rimarrebbe da capire a chi andrebbe il restante 85% delle quote del Toro. Su questo le due valenti giornaliste niente hanno scritto e nemmeno sfiorato come argomento. Molto strano. Se penso alle molte chiacchiere che circondano il calcio italiano, mi sovviene una bella frase di Karel Capek: “immagini il silenzio se tutti dicessero solo quel che sanno?"
Scrittore, sceneggiatore e regista. Tifosissimo granata e già coautore con il compianto Anthony Weatherill della rubrica “Loquor” su Toro News che in suo onore e ricordo continua a curare. Annovera, tra le sue numerose opere e sceneggiature, quella del film “Ora e per sempre”, in memoria del Grande Torino.
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