“In questo mondo basta fare sìcon gli occhi e no con la testa” da “Un Borghese Piccolo Piccolo”
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Report, plusvalenze, Andrea Agnelli: il complotto
“Noi perlopiù nella vita ci sentiamo smarriti… diciamo, ti prego Dio dicci che cosa è giusto, dicci che cosa è vero”, recita Paul Newman nella splendida arringa finale del film “Il Verdetto”. Il tentativo, di fronte ad un evidente sopruso e all’indifferenza delle istituzioni, è quello di giungere al cuore di una giuria composta da gente comune. Una giuria popolare in condizione di far riavere l’udito ad una giustizia resa sorda da una rete di complicità lobbistica/relazionale, determinata a rendere colpevole la vittima. Il contesto del film di Sidney Lumet assomiglia tanto alle testimonianze raccolte dall’ultima puntata di “Report” sature non solo di tracce dello sfascio in cui versa il calcio italiano, ma anche di ennesime ombre inquietanti incombenti su una classe dirigente del Paese totalmente incapace o impotente nel riaffermare una parvenza di decenza e di legalità riguardo al bene comune, al quale il calcio a buon diritto si ascrive. Le parole giunte dalla tv sono un profluvio di sberle alla nostra necessità di credere in qualcosa, di immaginare almeno “il gioco” una sopportabile e gioiosa variante di una vita a tratti dura da mandar giù. “Ci sentiamo un po’ morti e dubitiamo di noi stessi, dubitiamo delle istituzioni, e dubitiamo perfino della Legge”, quando sentiamo il giornalista economico sentenziare il fallimento del calcio italiano, perso in frodi generalizzate di cui ormai si è perso il conto e con la triste consapevolezza che senza di queste i campionati nemmeno riuscirebbero a partire. La Procura della Repubblica di Torino scrive nelle sue carte che metà delle plusvalenze della Juventus sono “artificiali”(modo eufemistico per denunciarne la falsità), e il programma di Rai 3 conferma con la sua inchiesta ciò che la Giustizia Sportiva non aveva ammesso nel suo procedimento dell’aprile 2022 contro undici club, tra cui la stessa Juve, mandando tutti prosciolti.
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Dalla scorsa primavera tutto è stato un crescendo di “pastrocchio”, una impressionante sequenza di colpi di verga sulla tenuta legale delle vicende del nostro calcio. Il racconto di Massimo Cellino davanti alla telecamerina di Report pare uscire da un film di Martin Scorsese, dove sono tutti “bravi ragazzi” fino al momento dell’arrivo della Guardia di Finanza, e allora riunione davanti ad un bidone di ferro a bruciare con la trielina le prove non solo di malefatte fiscali, ma di parodie da “Circo Barnum”: “la Finanza venne – dice Cellino ridendo, e non si capisce davvero cosa ci sia da ridere – e non trovò un cazzo. Io non c’ero neanche”. E qui la trama abbandona Scorsese e si avvinghia a Checco Zalone, dove l’unica morale possibile è quella di prenderla a ridere per non affogare nella vergogna. “Cercavo di tenere in piedi la baracca – continua l’attuale presidente del Brescia -, stava crollando. Iniziai a pulire tutte le schifezze che c’erano là dentro”. Non c’è niente da fare, tutto in Italia finisce per diventare, prima o poi, un film alla Mario Monicelli, una via di mezzo tra l’estraniamento di “Un Borghese Piccolo Piccolo” e il caos farsesco de “I Soliti Ignoti”, solo così si spiega una Lega Calcio che lascia la difesa della sua reputazione nelle mani di Massimo Cellino, uno con un curriculum da rocker mancato e vicende giudiziarie da soap opera a puntate. “Cellino shock a Report” hanno titolato alcuni giornali, incuranti di assumere i panni di viaggiatori ignari appena giunti da Marte, invece di quelli più probabili dello “Smemorato di Collegno”. E’ la messa in scena del “finto tonto”, quella della stampa ignara di come le cose andassero e vadano nel calcio nostrano, fino a ieri cantore del bengodi pedatorio tricolore, e oggi bruscamente risvegliata dai riflussi di tre colonne in cronaca(nera). “Se ti crolla il mercato, ti crolla il mercato. Questo è un fatto”(il riferimento alle vicende pandemiche è chiaro), prova così a spiegare Andrea Agnelli a John Elkann l’eccessivo ricorso delle “plusvalenze a specchio” in una telefonata intercettata, e verrebbe voglia di abbracciarlo, perché quasi credi a tutti questi salvatori dello sport nazionale, pronti a far ricorso al baratto pur di far continuare i nostri sogni da tifosi: è il paradosso italiano in piena era neo liberista. Siamo all’evasione di necessità, al ricorso alla “cosmesi” per gestire bilanci ridotti ad un colabrodo da libricino contabile stile “Buffetti” di una qualunque associazione da sagra paesana, piuttosto che di una società quotata in borsa e gestita da manager con curriculum “Linkedin” talmente fluorescenti da far invidia persino a chi si è laureato nel cerchio magico della “Ivy League”, il gotha dell’istruzione universitaria americana.
Non ci sono entrate di cassa, non c’è scambio di denaro, ma tutto diventa magicamente un guadagno nella Serie A dove di realmente concreto c’è il debito che qualcuno è arrivato a sommare alla impressionante somma di 4,5 miliardi di euro, impossibile da sapere o da capire come sarà possibile ripagare, semmai si ripagherà. L’inchiesta di Report ha anche il pregio di aver ricostruito un quadro dove non è solo la Juventus a fare la parte esclusiva del male assoluto del calcio italiano. Le immagini e le parole si moltiplicano sullo schermo tv, e l’idea di essere davanti ad una cartina di tornasole di un Paese malato di pratiche sottobanco all’infinito si fa sempre più evidente. Si capisce come i protagonisti, incalzati finalmente da giornalisti intenti sul serio nell’essere giornalisti, mentano o provino a mettere in piedi maldestre versioni difensive del loro operato contraddittorie e raccogliticce. Cala il velo fin troppo trasparente mantenuto fino ad oggi a coprire il sistema calcio nel suo complesso, composto da un reticolo di interessi e questuanti di ogni genere. Favori e contro favori corrono sul filo di conflitti di interessi giganteschi, dove un arbitro usa il suo ruolo per far avere a Gianni Letta, potente Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio del Governo Berlusconi, una pratica di un affare a cui tiene molto. “Con il senno di poi, oggi dico che ho sbagliato”, ammette ora quest’arbitro, ricalcando la consueta pratica di lacrime da coccodrillo, una volta beccati con le mani nella marmellata, in un una Italia dove da tempo immemorabile ci si è dimenticati del valore del “senno di prima”. “Un mercato fatto con le plusvalenze è un mercato del cazzo”, si lamenta in un’altra intercettazione Massimiliano Allegri con Federico Cherubini, Direttore Sportivo bianconero le cui innumerevoli intercettazioni e appunti scritti ne delineano un quadro psicologico alquanto provato da sensi di colpa(evidentemente non sufficienti per denunciare o, in subordine, dimettersi dal suo incarico), e le considerazioni del tecnico bianconero non lasciano nessun dubbio sulla consapevolezza degli addetti ai lavori sul reale andazzo della gestione del calcio italiano. Per la mia fede il peccato di omissione è questione grave, ma la fede viene vista come pratica ultraterrena, e quindi resta da vedere come l’omissione verrà giudicata nelle cose di questo mondo. Ad un certo punto “Report” apre il rubinetto dell’acqua calda e, pensate un po’, l’acqua esce proprio calda, recando con se tutta una serie di mirabolanti rivelazioni. Forse esiste un complotto(si paventa che la mente possa essere John Elkann, e qui il grande Monicelli ritorna profeta con il suo “Parenti Serpenti”) organizzato proprio per detronizzare Andrea Agnelli, e ci stanno dentro tutti, Massimo Moratti compreso e in compagnia dell’immancabile sodale Marco Tronchetti Provera. Stiamo parlando della elite contemporanea italiana capace di deindustrializzare il Paese e di metterlo a sedere su una montagna di debiti tale da non potersi pagare mai. I due sono stati animatori, secondo la ricostruzione del programma di Rai 3, di un patto politico-industriale per detronizzare il figlio di Umberto da qualsiasi ambizione di comandare sulla “roba” della famiglia Agnelli. Fantasia giornalistiche della banda guidata da Sigfrido Ranucci?
Cercando qualche riscontro si scopre la notizia, passata praticamente sotto silenzio, delle dimissioni forzate, causa guai plusvalenze, di Andrea Agnelli dal Consiglio di Amministrazione di Stellantis, rimpiazzato prontamente da un manager francese. E mentre l’ex Presidente della Juve continua a prendere sganassoni(tutti meritati, intendiamoci), da un po’ fastidio il festival dei “caduti dal pero”, volenterosi nel provare a convincerci di aver appreso da “Report” lo stato truffaldino in cui versa lo sport più amato dagli italiani. La Federcalcio, la Consob, i vari Governi, la Giustizia Sportiva, ma come potevano immaginare? Un tifoso, di cui caldeggio l’assunzione immediata come consulente a tutte le suddette istituzioni e organi di controllo, ha scritto su un social: “rimane da capire perché il 17 aprile 2023 si scoprono cose note da oltre un decennio”. Nel mio piccolo provo a rispondergli con l’Alberto Sordi di “Un Borghese Piccolo Piccolo”: “non siamo soli, dietro di noi c’è il Grande Incognito, il Capo Sconosciuto della massoneria. Stiamo calmi, e se facciamo il nostro dovere, coll’aiuto di chi può, ce la faremo”. Pensate che Mario Monicelli scherzasse? Fossi in voi ci rifletterei un po’ sopra.
Scrittore, sceneggiatore e regista. Tifosissimo granata e già coautore con il compianto Anthony Weatherill della rubrica “Loquor” su Toro News che in suo onore e ricordo continua a curare. Annovera, tra le sue numerose opere e sceneggiature, quella del film “Ora e per sempre”, in memoria del Grande Torino.
Attraverso le sue rubriche, grazie al lavoro di qualificati opinionisti, Toro News offre ai propri lettori spunti di riflessione ed approfondimenti di carattere indipendente sul Torino e non solo.
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