“Chi non può cambiare idea
LOQUOR
Riforma Abodi: controllare il calcio per salvare il calcio
non può cambiare nulla”.
George Bernard Show
La contestata riforma del controllo economico/finanziario dei club di calcio portata avanti dall’attuale Ministro dello Sport Andrea Abodi, apre a tutta una serie di riflessioni, non fosse altro perché il Governo sta dicendo chiaramente, urbi ert orbi, che il calcio è finito letteralmente in mutande perché incapace di porsi dei limiti, e non solo per quanto riguarda la spesa, ma anche sul fronte dell’etica. Ma è tutto lo sport italiano ad essere chiamato in causa da Abodi, accusato di ingerenza verso l’indipendenza dovuta dalla politica allo sport. La questione posta oltre ad essere surreale confesso di trovarla un po’ comica, partendo anche dal fatto che indipendenza non vuol dire anche avere, metaforicamente parlando, licenza di uccidere. Per essere chiari: indipendenza non può e non potrà mai voler significare impunità, fino a voler addirittura far passare la pretesa di essere un mondo a parte, con le sue leggi e regole non scritte, e valide solo per lo sport. Non solo non può intendersi così l’indipendenza, ma non può intendersi in tal modo soprattutto uno Stato di diritto. Il caso Juventus, dove Andrea Agnelli non solo ci ha rimesso un lavoro di prestigio internazionale ma è stato demolito nella sua reputazione pubblica e familiare, non può essere già visto come un passato remoto, perché è uno ieri così vicino da essere parte anche del nostro presente. I club calcistici italiani, immersi nei debiti, e in questo sovente soccorsi negli ultimi anni da salvifici provvedimenti dei Governi, manchevoli rispetto ad ogni promessa più volte fatta di risolvere la questione stadi di proprietà(solo i più ingenui possono non rendersi conto che questa continua “ammuina” sugli stadi e figlia della speranza di avere ancora una volta soldi dallo Stato per costruirli), protagonisti di nefandezze come le plusvalenze fittizie, da cui continuano a salvarsi semplicemente, come sottolineato dall’ultima sentenza del Tribunale Federale sul caso di specie, perchè esiste un evidente vuoto normativo sulla faccenda, questi club vorrebbero essere autonomi e continuare ad operare nel sottile confine tra il legale e l’illegale, auspicando di avere un Ministro dello Sport nel consueto ruolo di foglia di fico a copertura delle loro nefandezze. Suppongo per loro, per i club, non sarebbe male avere uno sullo stile di Vincenzo Spatafora o Valentina Vezzali, nella speranza di continuare a ricevere ad libitum dalla politica senza restituire nessuna certezza in cambio, se non problemi finanziari da risolvere.
L’indipendenza dello sport ha dato il meglio di sé, o il peggio, nella diatriba infinita della costruzione della pista di bob per i prossimi Giochi Olimpici invernali, e che ha trovato una quadra solo al fotofinish, grazie a 24 milioni di contributo pubblico(è facile ricordare quando Giovanni Malagò, nel 2019, andava dicendo che le Olimpiadi Invernali non sarebbero costate un soldo allo Stato Italiano. Ma gli “indipendisti” dello sport sono così, quel che è detto ieri o oggi non vale domani), quando ormai ci si era rassegnati a far disputare le gare di una delle discipline più importanti degli sport invernali fuori dall’Italia. Tornando al calcio, perché l’argomento Olimpiadi Milano/Cortina è davvero complicato e meriterà a tempo debito un ragionamento a parte, la necessità di avere una sorta di “Guardia di Finanza” delle società professionistiche(la riforma riguarderà anche il basket) si è resa urgente a causa del reiterato stato fortemente debitorio dei club, e dallo scoprire continuamente come nei loro bilanci siano presenti pervicacemente azioni di “cosmesi” atte a nascondere evidenti problemi di mala gestione. Nessuno, in Inghilterra, si sognò di dire che il governo presieduto da Margaret Thatcher stava minando l’autonomia dello sport quando si decise, dopo la pubblicazione del “Rapporto Taylor” sullo stato dell’arte del calcio inglese, di imporre ai club l’obbligo di ristrutturare o costruire stadi nuovi, mettendo fine all’annoso problema dei posti in piedi che aveva prodotto anche la tragedia del 15 aprile 1989 dove all’Hillsbrough di Sheffield, nel corso della semifinale della FA Cup, morirono 96 persone. Ora da più parti si chiede l’intervento della Fifa per proteggere l’indipendenza del calcio dalla politica italiana, si vorrebbe che Gianni Infantino, presidente dell’organizzazione calcistica mondiale, paventasse una esclusione dell’Italia dalle competizioni internazionali a causa delle inaccettabili ingerenze della politica nel mondo dello sport. Ora, a parte che Infantino dovrebbe spiegare tutti i rapporti avuti e in corso con il potere politico del Qatar, in questa landa italica di noti smemorati si è dimenticato con facilità il pranzo all’Eliseo con cui l’allora presidente Sarkozy circuì Michel Platini, allora presidente dell’Uefa e che a sua volta fu latore del messaggio presidenziale a Sepp Blatter di una volontà francese di avere a tutti i costi più voti possibili per l’assegnazione dei mondiali di calcio in Qatar.
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Seguendo il filo del ragionamento dei retori dell’indipendenza dello sport dalla politica, allora forse si dovrebbe escludere la Fifa dal consesso dello sport internazionale e… ah , no, non si può fare, non esiste un organismo superiore alla Fifa nel calcio, tranne la politica, impossibilitata dall’ingerire su di essa. Siamo alle comiche inserite in situazioni di serie, fatte di un calcio italiano indebitato fino al collo, rimasto in piedi proprio solo ed esclusivamente per volontà politica, che se avesse dovuto seguire fino in fondo la retorica dell’indipendenza dello sport, avrebbe dovuto rimanere fuori dalle beghe economiche del calcio e far fallire così a ripetizione diversi e importanti club della nostra Serie A. E questa è una verità da tutti conosciuta. Non contenti di aver reso un convento da potenzialmente ricco a povero in canna, dove tutti i conventuali però sono assai ricchi e con contratti sempre in ascesa in un mondo del lavoro italiano dagli stipendi progressivamente deflazionati, i club tremano che qualcuno finalmente possa controllarli sul serio, e non come quella barzelletta della “Covisoc”, impegnata a fare la Bella Addormentata nel Bosco, a voler essere magnanimi, mentre la Juventus sprofondava in un autentico caos di bilancio(chiamiamolo così, và) e dalle parti del Milan ancora si faticava, e ancora si fatica, a capire chi sia realmente il proprietario del club. La politica sa come il calcio sia oggettivamente un bene comune e come abbia una importante funzione di pacificatore sociale, ed è solo per questo che nel corso degli anni gli ha consentito una scandalosa libertà di manovra,uno sfregio imbarazzante delle regole e un continuo aggiramento delle leggi vigenti. Ora c’è un Ministro dello Sport determinato a fare sul serio il Ministro dello Sport, profondo conoscitore della materia che fa parte di quasi tutta la sua biografia professionale, e ha giustamente avvertito tutti i naviganti delle acque del grande mare del calcio: “noi siamo profondamente convinti che la cronaca debba essere anticipata e non subita. Stiamo facendo un’azione preventiva perché di editoriali sdegnati, dopo i fatti, ne abbiamo letti veramente tanti”.
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L’Italia è un Paese abituato allo status quo, disponibile a cambiare qualcosa solo se tutto rimane come prima, refrattaria alle vere riforme perché potrebbero toccare rendite di posizione consolidate, salvo poi versare lacrime di coccodrillo quando arriva la bufera o quando ci si accorge che la nostra società immobile sta frenando ogni tipo di idea di sviluppo. La Covisoc, la Commissione di Vigilanza sulle Società di calcio Professionistiche, ha chiaramente fallito il suo mandato. Lo dicono i fatti, e le opinioni a volte è meglio lasciarle un attimo da parte. La politica sarebbe dovuta intervenire già all’epoca del caso Juventus/gestione Andrea Agnelli, ora, finalmente, ha deciso di farlo. Come ha ricordato in queste ore l’ex Amministratore delegato dell’Inter, Vincenzo Paolillo, “la politica ha creato Antitrust, Consob, Banca d’Italia. Questi enti non rispondono alla politica e questo deve avvenire anche nel calcio. I conti sono sempre più importanti e necessitano controlli. Ora sono fatti male, da incompetenti, oppure in maniera superficiale”. La sintesi dell’avvocato Paolillo è perfetta, ed è giunto il momento in cui la legge sia davvero uguale per tutti, premessa necessaria anche per un corretto svolgimento dell’avvenimento agonistico. Spero che Andrea Abodi, che vedrete come da alcuni organi di stampa sarà raffigurato come un odierno Achille Starace, porti al traguardo il suo progetto; conoscendolo so che farà tutto il lecito possibile perché ciò accada, e sarà solo un bene per il calcio.
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