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Sarkozy, l’emiro e il tramonto morale di Platini

Anthony Weatherill
Loquor / Torna la rubrica di Anthony Weatherill: "Michel Platini le salite le ha viste sempre dal punto della discesa, ecco perché non ha capito il senso della fortuna del talento donategli gratuitamente da Dio"

 

“Non si è perduto niente quando

                                                     ci resta l’onore”

Voltaire

“Platini mi confidò di avere avuto un colloquio all’Eliseo con Nicolas Sarkozy, nove giorni prima del voto per l’assegnazione del mondiale 2022 e che lui e i suoi amici avrebbero potuto votare per il Qatar a causa degli interessi economici nazionali. Gli domandai se Sarkozy lo avesse, su questo, costretto. Ma mi rispose di no. Fu così che i quattro voti portati da Michel andarono alla candidatura del Qatar, e gli Stati Uniti furono battuti”. Ha quasi del comico, nonostante l’evidente senso di tragedia, questa dichiarazione rilasciata da Sepp Blatter ai media francesi, subito dopo il fermo per corruzione di Michel Platini. E’ una comicità voluta, sia chiaro. Appare evidente, almeno a me, come con questa dichiarazione l’ex potentissimo presidente della Fifa abbia voluto intraprendere una nuova iniziativa di difesa del suo operato. L’ennesimo squarcio aperto nella querelle “mondiali del Qatar”, ha posto all’attenzione del mondo tutta una serie di dettagli e sul ruolo che la politica francese avrebbe avuto. Ed è su questo ruolo che Blatter, in questo momento, sta giocando la sua nuova partita, conscio come l’indagine dell’FBI sulla corruzione all’interno del massimo organismo calcistico mondiale, che ha portato alla radiazione di diversi dirigenti Fifa, sia stata una battaglia di geopolitica che ha avuto, tra le sue  conseguenze, anche la fine della sua lunga carriera nel mondo del calcio. Ma l’ex dirigente calcistico svizzero finge di dimenticare come la questione “mondiali 2022” era solo l’ultima delle tante ombre che hanno agitato la sua carriera. Ma su una cosa Blatter ha ragione, nel suo voler far intendere e non far intendere, ed è che la sua questione personale è entrata in una vicenda più grande di lui. In effetti, a cavallo tra la fine del 2010 e i la prima metà del 2011 la politica francese, con a capo in quel momento Nicolas Sarkozy, opera un’accelerazione nella politica mediorientale del Paese Transalpino. All’Eliseo sono consci quanto stia diventando sempre più famelica e predatoria, l’agire del Qatar nello scacchiere dello sport mondiale. Il forziere del piccolo emirato, gonfio dei proventi ricavati dai suoi giacimenti di gas naturale, ha deciso di diventare un privilegiato polo d’attrazione non solo del calcio, ma di tutto lo sport mondiale. Per perseguire tale scopo l’emiro Tamim Ben Hamad Al Thani ha dato mandato ai suoi uomini di “comprarsi” letteralmente il consenso a livello mondiale, ovunque questo  fosse comprabile. Ecco quindi che sul finire del 2010, secondo la ricostruzione della vicenda riguardante “Le Roi”, in un pranzo organizzato all’Eliseo prefigurarsi un altro tipo di appetito famelico: quello della “grandeur” francese. “Sarkò” vuole i soldi dell’emiro, e non solo per il Paris Saint Germain, che la famiglia Al Thani è costretta a comprarsi nel lucroso pacchetto di scambio per ottenere i voti gestiti da Platini per l’assegnazione dei mondiali del 2022.

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L’allora presidente dell’Uefa viene convocato al pranzo dell’Eliseo non come rappresentante super partes del calcio continentale, ma in quanto cittadino francese  che deve rendersi utile alla Patria. Bisogna aver chiaro in mente questo, se si vuole cominciare a districarsi in questa miseranda vicenda. Scorrendo il filo della storia, ci si accorge come l’appetito famelico dei transalpini non si sia fermato ai soldi del Qatar, ma da lì a poco scateneranno, senza nessun preavviso, una guerra contro Gheddafi, detronizzandolo ed andando chiaramente contro gli interessi dell’Italia(in teoria “sorella” europea”), che in Libia aveva importanti e strategici interessi. Chiunque non fosse ammalato di “euro fanatismo” ideologico, potrebbe rintracciare in questa vicenda il vizio di forma che sta alla base della costruzione dell’istituzione europea contemporanea. Platini, che in quanto capo dell’Uefa aveva un ruolo simile da un commissario europeo, si dimentica totalmente del suo ruolo di garante di tutti, per abbracciare i primari supremi interessi del suo Paese. Fa davvero sorridere la versione ufficiale di quel pranzo consegnata da l’ex icona calcistica di Francia, che sostiene essere andato a sedersi al tavolo con il Presidente Francese e l’Emiro del Qatar con la decisione già presa di dare i suoi voti al piccolo emirato per l’organizzazione dei mondiali del 2022. A darmi fastidio, in verità, non è un eventuale tangente presa o l’assunzione del figlio Laurent alla Qatar Sports Investments, ma piuttosto è l’aver relegato nel nulla cosmico l’aspetto etico che una carica come quella di presidente Uefa imporrebbe. A quel pranzo, sapendo evidentemente a cosa sarebbe andato incontro, Michel Platini non avrebbe mai dovuto partecipare. Anzi, avrebbe dovuto denunciare le ingerenze della politica(in quel caso di Sarkozy) nello sport, questione di una gravità inaudita. Sorprende come proprio un ex giocatore di straordinario livello, quale oggettivamente Platini è stato, abbia dato il via libera ad un progetto di un mondiale in mezzo ad un piccolo e desolante panorama di sabbia, in un Paese senza stadi e senza tifosi, e da un futuro calcistico pressoché inesistente. E di questa vicenda, come è noto, è uscita solo una piccola porzione di verità. La maggior parte dei fatti più rilevanti, dicono i bene informati, si trovano ben custoditi nei cassetti segreti dell’FBI. Ci sono cose che solo il futuro potrà aiutare a chiarire, perché il tempo che scorre porrà all’attenzione dell’opinione pubblica nuovi risvolti di questa vicenda. Forse. Per ora restiamo anche con l’inquietudine al sorgere della maliziosa domanda: perché i francesi hanno riportato, attraverso l’azione giudiziaria e l’azione mediatica, alla ribalta tutta questa storia? Quale è l’obiettivo? Il fatto che in stato di fermo siano finiti anche Sophie Dion e Claude Gueant, due tra i massimi esponenti di punta del clan Sarkozy, fa intendere come i francesi abbiano dovuto mettere sul tavolo degli agnelli da sacrificare. Ma quale è la ragione di tale sacrificio? Il calcio, è sto per dire una ovvietà, è una fucina di interessi di cui non si riescono a tratteggiare né gli orizzonti, né i confini. Molti grandi calciatori, terminata la carriera, vengono cooptati in varie istituzioni calcistiche o club di primaria importanza, e sarebbe ingenuo pensare siano al di fuori dalle lotte di potere o di interessi. Franz Beckenbauer, per esempio, è dal 2010 ambasciatore dell’Associazione dei Produttori Russi di Gas e testimonial di “Football for Friendship”, un torneo giovanile organizzato da “Gazprom”. Gazprom è il tentacolo principale attraverso cui il Cremlino sta cercando di mettere le mani sul calcio europeo e mondiale. L’ex grande difensore tedesco è stato uno dei membri votanti della Fifa per l’assegnazione dei mondiali di calcio 2018. Svoltisi poi in Russia(e al diavolo il conflitto d’interesse). Sono spesso impacciati nel difendersi questi ex dei  campi da gioco, che anche una volta smessi i panni di protagonisti sul campo, non smettono di rinunciare alle lusinghe e ai soldi proposti in perpetuo sotto altre vesti. La cosa a lasciare sgomenti, ma questi sono i tempi dove lo stupore dei grandi sogni ha ceduto il passo allo stupore della mediocrità conclamata ben retribuita, è che raramente si assiste a parabole ascendenti nelle vicende dopo carriera di questi grandi ex.

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Ad accomunarli, spesso, è la parabola che discende tranquillamente verso inferni vari, dimentichi dell’unica cosa che per loro dovrebbe davvero contare: l’amore per uno sport che li ha resi ricchi, famosi e immortali. Sarebbe stato bello sentire Michel Platini, in un nobile tentativo di fare ammenda dei suoi comportamenti a dir poco non molto etici, pronunciare le seguenti parole: “mi vergogno di aver venduto il mio sport per interessi politici ed economici. Sono imbarazzato per aver disonorato la mia carriera di sportivo di alto livello con ombre che non potranno mai essere cancellate. Ma, soprattutto, sono davvero costernato per aver offeso la memoria di tutti quei lavoratori migranti che ci hanno lasciato la vita durante la costruzione degli stadi per i mondiali del Qatar. Pensate che il calcio ci è stato donato in prestito: per amarlo, preservarlo e consegnarlo integro a chi verrà dopo di noi”. Sì, sarebbero state belle parole del genere. A quegli operai sacrificati del loro bene più prezioso, vorrei dedicare una riflessione del mitico Pippo: “è strano come una discesa vista dal basso somigli ad una salita”.Michel Platini le salite le ha viste sempre dal punto della discesa, ecco perché non ha capito il senso della fortuna del talento donategli gratuitamente da Dio. Ecco perché non accenna nessun mea culpa. Ecco perché ritiene di essere un perseguitato. Ecco perché è imperdonabile.

 

(ha collaborato Carmelo Pennisi)

Anthony Weatherhill, originario di Manchester e nipote dello storico coach Matt Busby, si occupa da tempo di politica sportiva. E’ il vero ideatore della Tessera del Tifoso, poi arrivata in Italia sulla base di tutt’altri presupposti e intendimenti.