Alzare l'asticella non vuole dire solo battere il Verona e prendersi il decimo posto, ma anche programmare con anticipo la prossima stagione per provare a lottare per le posizioni che contano. Gli ultimi dei primi o i primi degli ultimi? La lotta per il decimo posto con Udinese e Genoa si riduce in fondo a quella roba lì. È ammirevole sentire Vanoli che parla di 8 finali da giocare alla morte e di motivazioni che sicuramente non mancheranno da qui alla fine del campionato. Ci crede veramente il mister quando lo dice perché lui è così e ce lo ha dimostrato in questa stagione restando sul pezzo dal primo giorno di ritiro fino ad oggi, senza mollare di un millimetro anche quando le cose non andavano particolarmente bene. Si è calato nell'ambiente Toro come pochi allenatori hanno saputo fare prima di lui e per questo sostengo senza ombra di dubbio che creda veramente a quanto sta dicendo parlando di obbiettivi e motivazioni da qui al termine della stagione. Il problema è che la rosa non è composta da 25 Vanoli, né la dirigenza è fatta di personaggi tutti come Vanoli. Sono anni che il Toro è costruito, anzi, è smontato e parzialmente ricostruito, per fare più o meno 50 punti e piazzarsi intorno al decimo posto: quali motivazioni ulteriori possono avere i nostri giocatori che, non vivendo su Marte, sanno benissimo che è quello l'obbiettivo, non ufficialmente dichiarato, ma dannatamente reale del Torino?


il granata della porta accanto
Lotta per il 1(0)° posto
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Quante volte ci siamo ritrovati a vivere finali di campionato da salvi in classifica, ma troppo distanti dalla zona Europa perché le ultime partite contassero davvero? Tante, troppe. Certo per fortuna quest'anno abbiamo evitato che la baracca affondasse quando ci sono stati quei momenti in cui sembrava che ciò potesse avvenire ed abbiamo scampato un bel pericolo, ma non è detto che questo ciclicamente non possa accadere di nuovo. Perché quando costruisci per stare a metà classifica, se ti gira bene fai quei 10/15 punti in più e lotti per l'Europa, ma se ti gira male, come effettivamente stava pericolosamente per accadere quest'anno, fai 10/15 punti in meno e ti ritrovi a lottare per non retrocedere come accadde, ad esempio, in quei due campionati nel periodo del COVID. Ogni anno c'è una squadra che parte con ambizioni di media classifica e poi trova l'annata storta e finisce in B: è successo alla Samp due anni fa, al Sassuolo l'anno scorso e al Monza quest'anno. La Serie A, signori, è questa: o stai nel lotto di quelle 8-9 squadre progettate per l'Europa (e non è detto che ci arrivi comunque a fare le coppe) oppure ti esponi a questa roulette russa in cui a turno qualcuno becca il colpo fatale. Ora io non dico che dovremmo lottare per lo scudetto, come ho provocatoriamente e ambiguamente scritto nel titolo di questo pezzo, ma vorrei che si potesse osare di più.
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Eppure ogni volta che qualcuno di noi tifosi si azzarda a formulare un pensiero del genere subito appare un articolo in cui si intervista il Ghione o il Pellissier di turno che ci dice che Cairo sta facendo i miracoli per tenerci lì dove siamo e che dovremmo essere tutti felici e contenti. Il main stream funziona così. La torta è appannaggio delle solite squadre e il Toro, anzi il Torino di Cairo, fa la parte della tappezzeria bella, quella che rende la stanza più elegante ma è puro contorno. È una narrazione univoca e martellante che non ammette repliche. I cento anni di gloriosa storia del Torino? Zero, non contano nulla perché i tempi sono cambiati, ci diranno. E chissà perché per noi i tempi devono essere cambiati mentre per gli altri così non è. Il Torino non ha mai fatto parte storicamente della cricca che si è spartita il potere all'interno del calcio italiano, ma ha saputo ciclicamente imporsi perché aveva una filosofia che ciclicamente, appunto, portava risultati. Poi qualcosa si è rotto ed ha fatto comodo così. Ha fatto comodo che nessuno, tanto meno il signor Cairo che se ne guarda bene, riportasse in auge quella filosofia e quel modo di agire che portava successi o almeno ogni tanto la possibilità di ottenerli.
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Oggi secondo un pensiero diffuso dobbiamo lottare per il decimo posto ed esserne anche fieri. Certo io da tifoso sono fiero dei miei giocatori che per le possibilità che hanno sono dove sono e danno il massimo per ottenere quello che riescono ad ottenere. Il decimo posto è oggettivamente un buon risultato per le loro possibilità ed io sono fiero di loro e continuo a sostenerli visto che indossano la maglia granata e lottano per lei. Ma non posso essere fiero né contento di chi non mette Vanoli nelle condizioni di lottare per l'ottavo posto e magari l'anno dopo per il sesto e magari l'anno dopo ancora per il quarto posto e la Champions. Non citerò i soliti casi di squadre della nostra "forza" economica che ce la fanno o ce l'hanno fatta. Alzare l'asticella non vuole dire solo battere il Verona e andare a prendersi il decimo posto. Alzare l'asticella vuol dire, ad esempio, programmare con anticipo la prossima stagione per provare a lottare per le posizioni che contano. E questo si fa oggi per domani, non al 31 di agosto arraffando a destra e sinistra dopo aver sistematicamente depauperato la rosa vendendo i pezzi migliori a inizio mercato. Vincere detto da noi granata non deve essere una bestemmia, né deve farci vergognare anche al solo pensarlo. Però vincere è un processo lungo che non si manifesta così all'improvviso: occorre preparazione, investimenti e unità di intenti fra tutte le componenti. Cominciare a fare, almeno, questi passi sarebbe già una bella vittoria...
Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finché non è finita.
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