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Lyanco: tutti lo vogliono

Maria Grazia Nemour
Sotto le Granate / Questa settimana l'argomento trattato da Mariagrazia Nemour nella sua rubrica è il nuovo acquisto del Torino

Tutti lo vogliono.

Quando era al Botafogo – una delle più effervescenti squadre di Rio De Janeiro – lo volevano il Cruzeiro, Palmeiras e Fluminense. Ma Lyanco sceglie il San Paolo, non ha dubbi. E il primo luglio 2015 inizia a giocare ai massimi livelli, nonostante in squadra sconti la talentuosa concorrenza di Rodrigo Caio.

Quando era al San Paolo, lo volevano l’Atletico Madrid, la Juve, e prima ancora il Milan, l’Udinese. Ma Lyanco sceglie il Toro, non ha dubbi. O quasi. Non stiamo a dire che se la Juve non avesse avuto problemi di ingordigia sugli slot per extracomunitari, lo avrebbe sicuramente acquistato, e l’idea era quella di mandarlo in collegio al Sassuolo senza neanche fargli vedere la Mole Antonelliana. Ma Lyanco a Torino c’è arrivato comunque, e ha già avuto modo di dire: “La Juventus? Mi voleva, poi è arrivato il Torino. Giocarci contro, nel clasico, sarà bello e importante.”

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È stata la vetrina di inizio anno del Sudamericano Under 20, a far crescere interesse e desiderio intorno a questo Ivan Drago del calcio. In Ecuador si è visto un metro e 88 di roccia a difendere il Brasile. Una roccia per nulla statica, capace di innalzarsi e guadagnare i duelli aerei, che sa anticipare i movimenti avversari perché è capace di leggere il gioco, pronto ad anticipare, irremovibile a marcare. Una roccia con il piacere delle palle lunghe, precise e pericolose. Lyanco, l’anelato difensore centrale del Toro.

Sei milioni, più due di bonus, il 10% sulla rivendita. Un conto di tutto rispetto, accreditato su un cartellino che è per l’80% del San Paolo e per il resto di questo e quello, come al solito non si sa. Il periodo che intercorre tra i venti e i venticinque anni di Lyanco, sarà del Toro, cinque anni di contratto. E di straripante crescita, speriamo.

Probabilmente è dispiaciuto, a Lyanco, non rimanere fino alla fine del campionato al San Paolo. Giorni di trattative serrate per decidere cosa fare da grande: partire.

A San Paolo rimangono gli amici, clima, cultura. A Torino lo aspettano una nuova lingua, il campionato italiano e il serbo Mihajlovic.

Serbo-brasiliano, Lyanco. Un nonno serbo partito bambino dalla ex-Jugoslavia, durante la seconda guerra mondiale, direzione sudamerica. Scopriremo presto se in Lyanco prevale l’estro brasiliano o la complessità serba. E così saranno 4 le presenze serbe, il prossimo anno: Ljajic, Lukic, Milinkovic-Savic, Lyanco. Più il mister.

Milinkovic-Savic in porta e davanti Lyanco, 42 anni in due. E ai lati, Bonifazi che di anni ne ha 21, Barreca 22, Zappacosta 25. Una difesa scattante, calibrata dalla consapevolezza di Moretti, Molinaro, Rossettini.

Un Toro tutto da montare, provare, assestare.

E il fatto che Lyanco e Milinkovic-Savic siano stati chiamati a Torino con mesi di anticipo sulla possibilità di utilizzo, fa sperare che l’adattamento e l’amalgama saranno fattori prioritari per il Toro che tiferemo il prossimo anno.

Se la partenza, nel 2016, è stata improvvisata sulla scorta delle novità, nel 2017 ci sono spazio e determinazione per studiarla. E giocarla, tutta.

Mi sono laureata in fantascienze politiche non so più bene quando. In ufficio scrivo avvincenti relazioni a bilanci in dissesto e gozzoviglio nell’associazione “Brigate alimentari”. Collaboro con Shakespeare e ho pubblicato un paio di romanzi. I miei protagonisti sono sempre del Toro, così, tanto per complicargli un po’ la vita.