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Mario Giordano racconta la festa e i timori di un tifoso

A un certo punto mio figlio mi guarda con gli occhi gonfi di gioia e di stanchezza. Saranno state le quattro del mattino, mattino dopo una notte di festa, cori, voci rauche e bandiere.
Redazione Toro News

A un certo punto mio figlio mi guarda con gli occhi gonfi di gioia e di stanchezza.Saranno state le quattro del mattino, mattino dopo una notte di festa, cori, voci rauche e bandiere. Allora, mio figlio mi guarda e mi dice: “Adesso, però, ho paura ad addormentarmi”. Pausa di silenzio. (Io non so che dire. Non capisco dove vuole arrivare. Perché all’improvviso s’è fatto mesto e malinconico e non canta più “ce ne andiamo in serie A”?. Ecco, adesso mi spiega). “Sì, papà. Ho paura ad addormentarmi. Perché poi magari domattina mi sveglio. E mi accorgo che è stato solo un bel sogno”.Capitelo: mio figlio ha 10 anni. Non ha mai visto il Torino vincere. Per lui lo scudetto del ’76 è come per noi la campagna di Giulio Cesare in Gallia. Un reperto della storia. Mio figlio ha conosciuto la gloria del Toro dal racconto del nonno che gli cantava la ninna nanna al ritmo di Bacigalupo, Ballarin, Maroso… Mio figlio legge i libri che parlano di Superga, si studia le statistiche della memoria e le confonde con quelle della playstation (l’ho scoperto l’altro giorno: aveva creato un Grande Torino virtuale, con giocatori tutti invincibili, batteva ripetutamente la Juve ed esultava). Ma non ha mai conosciuto Pulici e Graziani, nemmeno Lentini e alzaci la sedia Mondonico con i pali di Amsterdam. Il suo idolo, tanto per dire, è De Ascentis.Quest’estate siamo andati a Macugnaga. Diego gli ha regalato la maglia con l’autografo, che è il pezzo pregiato del tempietto granata eretto nella sua camera. Siamo andati perfino a vedere il Toro in coppa Italia a Lumezzane, abbiamo gioito per quei cinque gol, ha pianto di disperazione per una sconfitta sul campo dell’Albinoleffe. S’è emozionato durante tutto l’anno per una discesa di Balzaretti, per i gol di Marazzina, persino per le parate di Sorrentino. Abbiamo sofferto insieme, partita dopo partita, aspettando finalmente il momento di gioire. Eppure ieri sera, quando il momento di gioire era finalmente arrivato, dopo l’ultimo supplemento di angoscia e timori, lo guardavo tutto coperto di granata e mi sembrava paralizzato. Come se non riuscisse a essere insieme granata e felice. Come se non sapesse come si fa. Come se non gli sembrasse vero.

'Poi magari domani mi sveglio, ed è tutto un sogno' Come non capirlo? Per chi ha 10 anni sembra così difficile che il Torino vinca. Ci siamo talmente abituati alle umiliazioni, ai magoni, alla tristezza, che sembra quasi impossibile che per il Toro si possa anche fare festa. L’ultima l’avevamo organizzata due anni fa, per una retrocessione. Eppure il fatto che l’altra sera allo sadio prima e in piazza poi ci fossero tanti ragazzi, persino tanti bambini come il mio Lorenzo, ecco, credo che questo sia un segno della magia granata. Perché una squadra che riesce a trascinare dietro sè tanto entusiasmo, nonostante le delusioni e i compagni di scuola che ti prendono in giro, non può e non potrà mai essere una squadra come le altre.Domenica, arrivando allo stadio, mio figlio portava la maglietta della marcia dell’orgoglio granata e la bandiera che quel giorno gli aveva regalato il nonno. E’ stato l’ultimo regalo che gli ha fatto il nonno, prima di andare lassù in cielo a scambiare due passaggi e un bicchiere di vino con Valentino e gli altri. Alla fine della partita, sopra quella maglietta, mio figlio si è messo un’altra maglietta, quella nuova con la scritta “siamo tornati in serie A”. E in quel gesto così semplice, naturale, io ho visto come il riannodarsi di un filo che lega il passato e il futuro, la memoria e la speranza, l’immenso patrimonio della nostra storia e l’incredibile forza di chi è cresciuto amando alla follia un Torello debole e stentato. Da qui, da questa notte magica e da questo filo riannodato, potrebbe nascere per noi una stagione di rinnovata gloria. Guai a chi la tradisce. Il racconto è stato scritto dopo la promozione in serie A.

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