CULTO

Mentre morivo 2: Piccole perle del Toro 93/94

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Culto di Francesco Bugnone riprende a raccontare il meglio del 1993/94: "Tre vittorie consecutive per sognare ancora, sempre di più. Poi una frenata per i troppi cerotti, ma questo Toro, anche quando è senza nove titolari, sa sempre incornare"
Francesco Bugnone
Francesco Bugnone Columnist 

Dopo il grande inizio, il Toro rallenta. Prima rischia di compromettere il ritorno con il Lillestroem, perdendo 2-1 in casa dopo essersi trovato in vantaggio col solito Silenzi, andando vicino a subire la terza rete in un drammatico finale. Poi fa un punto in quattro partite in campionato, anche se si tratta di una crisi di risultati più che di gioco e, paradossalmente, conquista il pareggio nell’unica partita che avrebbe meritato di perdere a San Siro contro l’Inter con tanto di clamoroso mani in area di Mussi non visto da Amendolia nel finale. Le tre sconfitte sono in un derby spettacolare e amaro (un immeritato 3-2 per la Juventus), contro la Samp dove in seguito a un primo tempo sontuoso e chiuso in vantaggio subiamo il ritorno di Gullit che, non pago di averci un pochino sedotto e abbandonato in estate, decide la gara con una prodezza di testa decisiva nell’economia del 2-3 finale e contro il Cagliari per 2-1. Paghiamo qualche assenza di troppo e l’inserimento a rilento di Francescoli, però ci sono anche motivi per sorridere: in Coppa Italia eliminiamo agevolmente l’Ascoli, in Coppa delle Coppe c’è la splendida doppia sfida contro l’Aberdeen e proprio dopo il vittorioso ritorno in Scozia sappiamo rimetterci in carreggiata anche in campionato con tre vittorie consecutive.

11a giornata TORO-REGGIANA 2-0

Esausto dopo il successo di Aberdeen, il Toro trova sulla sua strada una possibile tagliola come la Reggiana: gli emiliani non hanno ancora vinto (lo faranno il turno successivo contro la Cremonese al termine di giorni ricchi di emozioni folli: l’incredibile acquisto di Futre, il gol del portoghese che apre le danze prima del raddoppio di Mateut, il fallaccio di Pedroni che metterà l’asso lusitano fuori causa per tutta la stagione), ma giocano bene e provano ad approfittare delle nostre assenze per farci male. Falcone, esordiente in A al posto di Gregucci che ha lasciato mezza fronte in Scozia, rischia (eufemismo) il rigore su Padovano, poi ci pensa la nostra costante, colui che ha continuato a segnare imperterrito sia che vincessimo sia che perdessimo, ovvero Andrea Silenzi. Al 32’ “Pennellone” è pronto a raccogliere un preciso cross dal fondo da destra del solito Benny Carbone, in una sorta di remake di quanto successo in Coppa pochi giorni prima, e incrocia in rete con un bellissimo colpo di testa a scavalcare Taffarel, scoccato senza saltare, morbido e preciso. Al 45’, su appoggio al limite di Osio, ancora Silenzi, con un movimento di corpo, manda fuori giri il recupero di Cherubini e scarica nel sacco un sinistro al fulmicotone. Mentre il pubblico inneggia alla nazionale, Andrea non esulta. Non per polemica, per rispetto di Marchioro, tecnico reggiano, a cui, parole del centravanti, deve tutto, visto che proprio in Emilia esplose vincendo anche il titolo di capocannoniere cadetto nel 1990. Ai tempi la non esultanza non era ancora usuale, La Stampa ne parla come “delicatezza”. Nel frattempo Goveani inaugura l’iniziativa “Azione Granata”, che vorrebbe mirare a un maggior coinvolgimento dei tifosi, e si lamenta dei pochissimi paganti dopo un’impresa come quella con l’Aberdeen. Sereno in campo, il Toro lo è meno, molto meno, dal punto di vista societario.

12a giornata LAZIO-TORO 1-2

Era iniziata male all’Olimpico con Boksic a insaccare di prepotenza un corner di Doll dalla sinistra dopo neanche dieci minuti. Il Toro reagisce con calma allo schiaffone e, a poco a poco, sottrae la partita di mano alla Lazio. Mondonico, tanto per cambiare, azzecca la mossa e nella ripresa inserisce Francescoli e Aguilera che, finalmente, sembrano in palla al cento per cento. Per rendere ancora più epica la rimonta inizia a diluviare e Mauro Bonomi, non ancora “Pelato”, stende due volte in area Silenzi, venendo graziato la prima volta, ma non la seconda. Il centravanti trasforma dal dischetto con freddezza e si ritrova da solo in vetta alla classifica marcatori. Il Toro se la cava con qualche brivido sugli sviluppi di un corner (Galli bravissimo su Boksic, Venturin ancora di più sul tentativo a porta vuota di Winter) poi arriva il destino. Angelo Gregucci è stato una colonna laziale, ma al tempo stesso ha avuto il Toro nel destino. Contro di noi ha segnato il suo primo gol in serie A. L’anno precedente una sua rocambolesca autorete ci ha regalato un successo per 2-1 nel finale. Quel pomeriggio ha proprio la maglia granata addosso, maglia che ha capito in un solo anno più di molti altri, comprendendo molto bene il Fila, raccontatogli dai tanti ex Toro capitati alla Lazio come Fuser e Cravero, e la fame dei giovani che uscivano da lì (“se non stavi attento, ti rubavano la merenda”). Alla sua prima contro la Lazio, a inizio gara, mentre c’era ancora il sole, ha ricevuto un grosso omaggio dai tifosi della Nord, ma ora è sotto la Sud e Aguilera sta per calciare una punizione dalla destra a 10’ dalla fine. Sulla parabola di Pato, Angelo si tuffa con un volo degno del suo nome e supera un altro ex, in questa lunga storia di incroci, cioè Luca Marchegiani. Poi va verso i tifosi del Toro frastornato, alza un braccio, si commuove, pensa “che cosa ho fatto”, quasi come Fusi due anni prima quando segnò al Napoli. Lazio uno, Toro due. Il forcing finale dei biancocelesti non farà danni, si aggancia l’Inter, si mette nel mirino la Juventus, si torna in zona Europa.

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13a giornata TORO-LECCE 3-0

Umore altissimo allo stadio, anche se i paganti restano drammaticamente pochi. Il Lecce ultimo in classifica per una trentina di minuti tiene, poi il Toro decide di mangiarselo. Gatta si tuffa bene su un diagonale di Carbone, poi guarda il pallone sfilare a lato su un colpo di testa dell’ormai lanciatissimo, in zona-gol, Gregucci, infine devia contro la traversa una punizione del rientrante Jarni. Poi, al 45’, cede: da Francescoli a Silenzi che, a testa bassa, cerca e trova lo spazio per tirare. La deviazione di Ceramicola gli negherà la gioia della tripletta, ma non quella di vedere la rete che si gonfia. Il Toro nella ripresa è bellissimo e continua a creare: salvataggio sulla linea sul solito Gregucci, dopo cross di Francescoli, poi Carbone timbra la traversa sulla ribattuta. Gregucci ci riprova in tuffo su centro di Jarni, ma manca di poco la porta. Sergio manca il raddoppio di testa su un invito al bacio di Francescoli, poi il brividino provocato da Ayew, fratello di Abedi Pelè, con un tiro a fil di palo ci fa capire che è ora di chiuderla. Al 65’, servito da un Francescoli sempre più principesco, Silenzi non molla la palla finché non trova lo spazio per un bolide di destro dal limite su cui Gatta nulla può. Al 75’ Aguilera serve Jarni, sul cui sinistro respinto da Gatta Silenzi si fa trovare ancora pronto. Controllo, destro in caduta e sono tre. Undici gol in campionato su dodici partite disputate (assente solo a Parma), sedici su diciannove gare ufficiali: numeri pazzeschi. Si chiude un novembre in cui abbiamo saputo solo vincere, c’è qualche piccola nube sul futuro del “Mondo”, vero artefice di questo miracolo, ma non ci vogliamo pensare. Anche dicembre inizia bene con un secco tre a zero esterno alla derelitta Atalanta in Coppa Italia targato Uruguay (doppio Francescoli, rete di Aguilera) e poi c’è il Milan di Capello. Se Goveani (stra)parla di scudetto, più di qualcuno pensa allo sgambetto ai rossoneri, perché essere a soli tre punti dalla vetta che i rossoneri tengono in coabitazione con Samp e Parma fa venire voglia di sognare.

17a giornata TORO-ROMA 1-1

A Milano non va bene: decide la sfida Raducioiu, che ci segna il terzo gol in quattro stagioni, sfruttando un errata applicazione del fuorigioco da parte della difesa, poi Baresi evita il pareggio con un clamoroso recupero su Aguilera nelle battute finali che gli frutta una sorta di beatificazione in vita. La frenata continua contro la Cremonese di Simoni, discreta bestia nera, complici gli infortuni: Silenzi la sblocca con un magnifico colpo di testa a una ventina di minuti dal termine, poi Tentoni, allo scadere, ci ricaccia la gioia in gola. Se il ritorno di Coppa Italia contro l’Atalanta è pura formalità, contro il Foggia è sconfitta annunciata: già, perché gli zemaniani non avevano ancora vinto allo “Zaccheria” da inizio stagione, più si avvicinava il momento di giocare con noi, più eravamo certi di quando la legge dei grandi numeri si sarebbe risvegliata. Decide un gol di Mandelli in avvio, festeggiamo il Natale da ottavi a tre punti dalla zona Europa. In campo, nonostante l’impegno profuso da Mondonico che, di fatto, è la società in quel momento, si inizia a patire un pochettino quello che succede fuori, come alcune dichiarazioni in sede processuale di Borsano. Il 1994 inizia in casa contro la Roma a terminare l’andata. L’ultima volta che ci eravamo incrociati c’erano stati tre rigori contro, la doppietta di Silenzi, una Coppa Italia alzata sotto un settore ospiti impazzito. Al Toro mancano nove giocatori, col numero sette esordisce in massima serie Marco Sesia, classe 1970, ex Nizza Millefonti, tifoso granata. Disputerà una partita vera, così come i suoi compagni che si dimenticano delle assenze e giocano alla pari coi giallorossi. Anzi, potrebbero sbloccarla nel primo tempo, ma Silenzi, in spaccata su centro di Sesia, e Venturin, su gran palla di Carbone, sprecano due buone opportunità. Nella ripresa Cesari punisce col rigore un contatto Delli Carri-Rizzitelli e Giannini è freddo come in Coppa Italia, spiazzando Galli, poi la Roma potrebbe chiuderla di rimessa con Hassler che serve Rizzitelli sotto porta e il portiere granata che salva disperatamente di piede. Questo Toro incerottato non merita di perdere e allora ci pensa Carbone chiudendo il girone come l’aveva iniziato, con un gran gol. Azione personale, sinistro dal limite, palla che rimbalza davanti a Lorieri e fa esplodere la Maratona sotto cui Benny vola a festeggiare. Il punto in emergenza fa sorridere, anche se le nubi sul futuro restano, dalla parte delle tribune. Il commendator Vittore Beretta, galantuomo, sponsor e gran tifoso, non sa nemmeno con chi dovrà trattare in futuro, ma si dice sicuro che in Piemonte ci sia la persona giusta per darci il futuro che meritiamo. “Bisogna ancora stanarlo”. A distanza di ventisette anni, possiamo dire che si sta nascondendo bene.

Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (o meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l’eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentini e…Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.

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