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columnist
Se qualcuno avesse avuto dubbi sulla reale portata della discontinuità tra la vecchia gestione Ventura e quella nuova targata Mihajlovic, la conferenza stampa di presentazione del tecnico serbo ha chiarito tutto: c’è ed è pure parecchio marcata. A fianco del presidente Cairo e del direttore Petrachi, Sinisa ha fatto immediatamente capire che il suo mandato sulla panchina del Toro farà leva su quelli che sono tradizionalmente i valori tipici dell’ultra centenaria storia della società granata: grinta, determinazione, sudore, lotta, caparbietà. Non ha usato mezzi termini il neo mister granata in questo senso. Solo giocatori motivati in una squadra che onori la maglia e sappia portarne con dignità il grande peso che la storia le ha conferito. Non a caso non ha avuto remore a citare gli “eroi giovani e belli” del Grande Torino, rispettandone la memoria (e le visite al vecchio/nuovo Filadelfia e a Superga ne sono stata un’ulteriore prova) e ponendosi l’obbiettivo di riuscire ad essere all’altezza di ciò che rappresentavano.
E proprio il capitolo obbiettivi di massima è stato secondo me quello in cui Mihajlovic ha dimostrato di aver da subito capito in che tipo di piazza è capitato. Una piazza che sotto molti aspetti è affine alle sue caratteristiche sia di quando era giocatore che attuali nel suo modo di essere allenatore. Tre possono essere considerati gli obbiettivi che i tifosi chiedono a Sinisa: rivedere nel Torino atteggiamenti in campo e fuori come da Toro del nostro immaginario, cambiare gioco alla squadra possibilmente integrandola con prodotti del “nostro” vivaio, riprendere il discorso risultati dal punto in cui si era interrotto nella primavera scorsa.
Il primo obbiettivo è sicuramente già avviato verso il raggiungimento e la prima conferenza stampa è già stata lampante in questo senso. Come amava dire Garcia, Mihajlovic ha cercato di riportare la “chiesa al centro del villaggio”, sottolineando come il substrato del suo lavoro si impernierà su valori tipicamente granata. Le porte aperte al Filadelfia, la battuta sui giocatori che possono andare a fare i ragionieri se non sentono la carica del derby, il desiderio di valutare attentamente i giovani ex primavera che torneranno dai prestiti, l’assoluta mancanza di timore nel dichiarare che si proverà con tutte le forze a colmare il gap con le squadre che economicamente sono più avanti del Torino nella lotta per i posti Uefa, sono tutti concetti che da un lato hanno stuzzicato le “fantasie granata” dei tifosi del Toro (c’è chi sogna la Champions e c’è chi come noi sogna una squadra fatta interamente da giocatori del vivaio, ognuno ha le sue fantasie!) e dall’altro hanno rassicurato sulla bontà della scelta per il dopo Ventura.
Restano gli altri due grossi obbiettivi sintetizzabili in una sola frase: far seguire a queste belle parole i fatti. Certo, molto dipenderà dal mercato, ancora troppo nebuloso per avere un’idea precisa di quanto potrà essere rinforzata la squadra al netto di qualche probabile grossa partenza. Fra un mesetto si comincerà ad intravedere il progetto tecnico di Mihajlovic e, fatte le dovute proporzioni, mi pare che si stia lavorando per costruire un Toro stile Anni Ottanta: un mix tra giovani del vivaio, stranieri di livello e italiani solidi amalgamato con un tocco di tremendismo per lottare per l’Europa. Prospettiva niente male. Un’operazione “nostalgia” che speriamo possa avere anche e soprattutto il conforto dei risultati.
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