“Dura lex, sed lex”(la legge è dura, ma è la legge) recitava un’antica massima, ad indicare che per quanto dura, solo la legge può impedire il regno dell’abuso. Se si è d’accordo su questo, l’unica riflessione plausibile e accettabile sulla vicenda Milan/Europa league sarebbe quella di, a malincuore, riconoscere il non diritto del club rossonero a partecipare alla prossima competizione europea. Lo direi anche se fosse il Manchester United ad essere coinvolto. Soprattutto se fosse coinvolto lo United. Badate che qui c’è in gioco un principio, e fa sorridere amaramente quando si leggono riflessioni giornalistiche, fatte anche da grandi firme, in cui si descrive uno scenario in cui il Milan starebbe decidendo, per tutte le questioni ormai note e che quindi per brevità non ripeterò, se scontare la sua inevitabile sanzione con una esclusione dalla Europa League piuttosto che dalla Champions League. A parte l’abbondante innaffiata di ottimismo su una sua certa prossima partecipazione alla Champions, a indurre al sorriso amaro è il ragionare sulle possibilità del sanzionato di potersi comodamente scegliere quando e dove scontare la pena. In tutto questo parlare di Milan, poi, si sta dimenticando l’altro protagonista di questa ridicola e nefasta storia: il Torino Calcio.
La squadra granata, al contrario di quella rossonera, ha rispettato le regole e, rispettandole, è stata palesemente danneggiata dal comportamento finanziario scorretto della squadra che l’ha preceduta in campionato. Anche sul Torino ho sentito e letto commenti surreali, alcuni, da parte di alcuni tifosi, dal sapore addirittura autopunitivo. Della serie “noi l’Europa League dovevamo conquistarla sul campo”, “invece di pensare ad approfittare dei guai finanziari del Milan, Cairo doveva fare ulteriori sforzi per rafforzare la squadra”, “forse è meglio partecipare alla prossima Europa League, ormai è troppo tardi per allestire una squadra da competizione europea”, e via dicendo su questo passo. Signori, nella vita, e specialmente nel calcio, molte cose spesso possono essere opinabili e soggettive, molte cose possono essere vanamente oggetto di recriminazioni, ma su questa vicenda una cosa deve essere chiara: a norma di regola del Fairplay finanziario dovrebbe essere il Torino a giocare la prossima Europa League, e non il Milan. Tutto il resto sono solo inutili chiacchiere da polverone mediatico, alzato unicamente per far accettare al mondo l’ennesima ingiustizia che si sta compiendo nel calcio. Sono esili vaniloqui i discorsi in difesa del Milan, incentrati sull’assurdità di un Fairplay finanziario che impedisce alle proprietà dei club di investire risorse proprie per rafforzare la squadra. Sono esili vaniloqui perché, pur condividendo il discorso sull’assurdità del regolamento del Fairplay, la prima cosa da salvaguardare, in ogni consesso sociale, e il rispetto della legge.
Se una legge non la condividiamo, allora si lotti nelle sedi opportune per abolirla o modificarla. Era giusta la legge americana sul proibizionismo degli alcolici? Sicuramente no, come la storia ha dimostrato, ma finché è rimasta in vigore era doveroso e giusto osservarla. Trasgredirla voleva dire rimettere la propria reputazione e la propria libertà alle conseguenti sanzioni, E lo dico da appassionato degustatore di vini e alcolici raffinati. Il Fairplay Finanziario è stata una pessima idea, e non discuto la buona fede di Platini nell’averla ideata. Comprendo la ratio per cui l’ex fuoriclasse francese la volle a tutti costi, ma bisogna ammettere il suo fallimento funzionale. Ma queste sono osservazioni che dovrebbero essere portate avanti dai dirigenti sportivi europei, i quali temo non abbiano voglia di inimicarsi i grandi club lesti ad usare questa regola per aumentare il loro potere sui piccoli/medi club.
A parti invertite, statene pure certi, a Nyon non avrebbero esitato a squalificare il Torino in favore del Milan. Perché in questa società dove ormai domina la retorica e il politicamente corretto, il peso della legge, necessario ogni tanto da far sentire per dare alla gente l’idea di come l’ordine regni sovrano, è meglio esercitarlo sui più deboli. I deboli, notoriamente, non procurano conseguenze spiacevoli a chi vuole tenersi a tutti i costi poltrone decisionali di rilievo. Alla fine di questa storia, ci sarà un famoso giudice a Berlino? Il tenace mugnaio di Bertold Brecht si oppose all’esproprio e all’abbattimento del suo mulino da parte dell’imperatore Federico II di Prussia, il quale non aveva esitato a corrompere tutti i giudici e tutti gli avvocati al quale si rivolgeva. Ma alla fine, cercando senza arrendersi, il mugnaio trovò giustizia in un giudice onesto di Berlino. L’imperatore voleva abbattere il mulino semplicemente perché danneggiava il panorama del suo nuovo castello di San Souci. Una volontà farsesca, arrogante e piena di abuso. Ecco perché esistono le leggi, ecco perché esistono i giudici: per placare volontà prevaricatrici e sconnesse. Ebbene che noi tutti, ogni tanto, ci si ricordi della lezione di Bertold Brecht. Prima che sia davvero troppo tardi.
(Ha collaborato Carmelo Pennisi)
Anthony Weatherhill, originario di Manchester e nipote dello storico coach Matt Busby, si occupa da tempo di politica sportiva. E’ il vero ideatore della Tessera del Tifoso, poi arrivata in Italia sulla base di tutt’altri presupposti e intendimenti.
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