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Non tocca certo a me stabilire quanto questo senso del Toro sia stato valorizzato dal proprietario di uno delle più importanti aziende editoriale italiane, ma non si possono nascondere grandi tratti di scetticismo e malumore che ormai da tempo serpeggiano tra i tifosi della squadra che fu di Valentino Mazzola. Ma in un’interessante intervista rilasciata pochi giorni fa al “Foglio”, da tutti i commentatori considerata il manifesto politico dell’imprenditore alessandrino, c’è un passaggio che forse dovrebbe far riflettere: “progettavo la scalata a Rcs da dieci anni senza farne mai parola con nessuno, nell’assoluto riserbo. Un giorno l’ho realizzata. I sogni non si svelano in anticipo: si mettono in pratica”. Se questo aneddoto corrisponde al vero, e ad oggi non ho nessun motivo per dubitarne, allora ci troviamo di fronte ad un aspetto dell’agire del presidente del Torino assai interessante, e forse gravido di promesse per combattere le inquietudini dei tifosi del Toro. Da cui discende però una conseguente e fondamentale domanda: il Torino Calcio, per Cairo, era un sogno da realizzare come la scalata a Rcs? Quesito al quale non proverò nemmeno per un secondo a rispondere, perché ovviamente non mi trovo nella testa del presidente del Torino. Però, sempre nell’intervista al Foglio, Cairo ha detto chiaramente cosa serve all’Italia, “un capo con una strategia e una visione per il futuro”. Parla solo dell’Italia? Parla anche delle sue aziende? Parla anche del Toro? Difficile capirlo, solo il tempo potrà raccontarlo. Per il momento, sperando di potermi permettere un modesto consiglio, esorterei Cairo a tenere da conto Salvatore Sirigu, perché in una visione strategica del Toro che verrà ho idea possa diventare una risorsa imprescindibile. E non solo come giocatore. Uno che si preoccupa di sottolineare a “France Football” come lo spirito del Toro non sia un concetto astratto, dovrebbe avere anche un futuro da dirigente del Torino calcio. Uno così, quando va al Filadelfia, è capace di coglierne ogni respiro proveniente dal passato, per poi porgerlo nel presente. Ho la sensazione che questo giovane uomo darà tanto alla causa granata, e non tanto perché farà vincere (quello si spera, ovviamente), ma perché saprà continuamente far ricordare perché i tifosi del Toro hanno scelto proprio di essere del Toro. Uno così, egregio presidente Cairo, sarà la sua “Linea del Piave” e non andrà perso per nessuna ragione al mondo. Le sue parole mi hanno ricordato la mia gioventù a Salford, e i motivi per cui un giorno si abbraccia l’amore per una squadra di calcio. Inoltre mi ha donato ottimismo: non tutti i calciatori, fortunatamente, sono uguali nella ricerca di un ingaggio. Lo guardo nella solitudine della sua porta e mi sovvengono le belle parole di Grazia Deledda: “siamo il regno interrotto del lentisco, delle onde che ruscellano i graniti antichi, della rosa canina, del vento, dell’immensità del mare. Siamo una terra antica di lunghi silenzi, di orizzonti ampi e puri, di piante fosche, di montagne bruciate dal sole e dalla vendetta. Noi siamo sardi”. Nel fondo della porta difesa da Sirigu ci sono i sogni, i timori, le storie di tutti i tifosi del Toro. E lui, ammiccando, li rassicura: “tranquilli, che siete in buone mani”.
Di Anthony Weatherill
(ha collaborato Carmelo Pennisi)
Anthony Weatherhill, originario di Manchester e nipote dello storico coach Matt Busby, si occupa da tempo di politica sportiva. E’ il vero ideatore della Tessera del Tifoso, poi arrivata in Italia sulla base di tutt’altri presupposti e intendimenti.
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