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Carlo Bergoglio è stato un giornalista, scrittore e disegnatore dalla forte carica umoristica, classe 1895. Nato a Torino, orfano di padre, si trasferì con la madre a Cuorgnè, dove iniziò ad avvicinarsi all'arte grazie a uno zio che scolpiva il marmo. Il suo esordio professionistico avvenne nel 1912, in qualità di caricaturista per il Guerin Sportivo. Durante la Prima Guerra Mondiale Bergoglio fu ufficiale di fanteria. Successivamente, collaborò con vari intellettuali locali alla rivista torinese Cuor D'oro, per poi diventare caporedattore e inviato del Guerin, all'epoca di Giulio Corradino Corradini.
Nel 1945, Bergoglio accettò l'offerta di Renato Casalbore, da cui fu nominato vicedirettore di Tuttosport. La sua attività di scrittore, in quegli anni, si intensificò, e Bergoglio scrisse saggi, articoli, prefazioni, licenziando anche due libri: "Dalli all'arbitro! Abbecedario del perfetto tifoso" (1929) e "Vita segreta dei giri d'Italia" (1946). La sua morte, il 25 aprile 1959 all'età di 64 anni, fu un duro colpo per il mondo giornalistico e per quello del calcio giocato.
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Soprattutto il calcio deve a Bergoglio molto. Per quale motivo? Perché fu il giornalista a introdurre le mascotte da affiancare alle squadre di calcio. L'usanza era stata lanciata nel settembre del 1928, racchiusa nella rubrica “Araldica dei calci”, e consisteva nell'abbinamento grafico a un simbolo iconico e allusivo per ogni squadra di calcio del campionato. I disegni ritraevano in genere animali, ma non soltanto. Per il Torino, naturalmente, Carlin aveva ritratto un toro, per i bianconeri una zebra, per la Sampdoria un lupo di mare, un grifone per il Genoa, un diavolo per il Milan, una lupa coi gemelli per la Roma, una giovane donna per la Fiorentina, una biscia per l'Internazionale e via dicendo.
A cagione della nascita delle mascotte, il Guerin Sportivo disse le seguenti parole: "Tutti comprenderanno come giovi alla simpatica popolarità di un’unità calcistica una caratteristica facile, che colpisca la fantasia del pubblico giovane, facendo sorridere e prestandosi all’esaltazione quanto all’umorismo. Forse molte squadre non hanno la celebrità che si meritano appunto per questo grigiore, per questa mancanza di denominazione popolaresca”.
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L’idea di Bergoglio si rivelò vincente. Si aprivano le porte a un nuovo modo di concepire il giornalismo, più vivo, veloce, scattante e di immediata decifrazione. Ai tifosi piaceva riconoscere la propria squadra in uno stemma definito. Ai granata l’immagine del toro rampante quale simbolo iconografico della propria squadra del cuore piacque a dir poco. E col senno di poi il buon Bergoglio, detto anche Carlin, ebbe una visione alquanto lungimirante.
Laureato in Lingue Straniere, scrivo dall’età di undici anni. Adoro viaggiare e ricercare l’eccellenza nelle cose di tutti i giorni. Capricorno ascendente Toro, calmo e paziente e orientato all’ottimismo, scrivo nel segno di una curiosità che non conosce confini.
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