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BUSAN - JUNE 6: Marcel Desailly of France competes for the ball with Federico Magallanes of Uruguay during the FIFA World Cup Finals 2002 Group A match played at the Asiad Main Stadium, in Busan, South Korea on June 6, 2002. The match ended in a 0-0 draw. DIGITAL IMAGE. (Photo by Ben Radford/Getty Images)
Chi sono, tra le tante promesse mancate del calcio granata, quelle più curiose? Stando agli annali, si contano schiere su schiere di calciatori di qualità modeste che per qualche strana astrusa ragione sono riusciti ad aggiudicarsi almeno il primo tempo di una partita di campionato.
Ne citerò soltanto due, certo che la loro storia non sia tanto nota ai lettori come si potrebbe pensare.
Capita a tutti di commettere degli sbagli. In termini calcistici ciò può significare tante cose diverse: dal mandare a vuoto la palla durante il calcio di rigore, mancare un assist fondamentale a un minuto dalla fine del secondo tempo, fare fallo, imprecare contro una sconfitta meritata, presentarsi in campo impreparati e via dicendo. Ma sbagliare si può anche quando si sceglie un giocatore e lo si aggiunge alla rosa di una squadra. Il calciomercato non è una scienza esatta, e i club di ogni paese lo sanno bene. Per quanto riguarda i granata, all'inizio degli anni sessanta, l'errore fu uno soltanto: l'acquisto di Steve Mokone.
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Nato a Johannesburg il 23 marzo 1932, si distinse in campo per le sue prestazioni atletiche ragguardevoli. Tanto che il Newcastle gli propose un ingaggio, da Mokone rifiutato per necessità di finire gli studi. Nel 1956, però, il giovane attaccante sudafricano cominciò la sua carriera calcistica con il Coventry City. Passò poi ad altri club tra cui il Cardiff City, il Barnsley e il Salisbury.
La chiamata da Torino avvenne nel 1962.
Secondo il memoriale della "Stampa" l'ingaggio ebbe la foggia di un dono natalizio:
Fu un regalo di Natale che il presidente del Torino Orfeo Pianelli riservò alla gente granata in occasione delle feste di Natale 1963. Ma la festa dura poco, pochissimo, anzi niente. Giusto il tempo di accorgersi che il ragazzone alto e grosso con ogni probabilità un pallone non l’ha mai visto in vita sua e che in mezzo al campo del Filadelfia, sotto una nevicata di quelle di una volta, riusciva appena a dire di non poter sopportare un freddo così freddo. Sicché la presunta macchina da gol finì ingloriosamente la sua fulminea carriera al calduccio proprio in casa Pianelli: guanti bianchi e livrea quando si trattava di servire a tavola, cappellino da chauffeur allorché era tempo di accompagnare il commendator in ufficio.
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Sorte simile capitò anche all'uruguaiano Federico Magallanes, assoldato dai granata per la stagione 2002-2003. Di lui se ne dissero di tutti i colori, la dirigenza, composta all'epoca da Mazzola, Romero e Cimminelli, ne dipinse le qualità quasi fosse Magallanes l'asso vincente che il Toro non poteva assolutamente permettersi di perdere. C'era già chi parlava dell'erede di Meroni. La realtà parlò con voce più tonante: diciannove partite disputate, un solo gol compiuto.
È meglio finirla qui e ritornare a pensare agli assi di cui parlammo la settimana scorsa.
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