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columnist
I due poker consecutivi delle ultime due partite, più che rilanciare le ambizioni europee del Toro, hanno rispolverato il rammarico e la rabbia dei suoi tifosi che a inizio anno ambivano quantomeno ad arrivare alle ultime giornate in piena corsa per un posto in quella che una volta si chiamava Coppa Uefa. E' un fatto sotto gli occhi di tutti che tra gennaio e marzo si sia fatto di tutto per sganciarsi dal treno del sesto/settimo posto gettando alle ortiche per l'ennesima volta i sogni di gloria di chi ha davvero a cuore le sorti del Torino. Storia vecchia, direte voi, visto che puntualmente il nostro campionato finisce prima dello sciogliersi dei ghiacci. Eppure quest'anno la cosa fa più male perchè era palese che l'obiettivo Europa fosse più un dovere che una speranza. Non sto a questionare se sia colpa di Tizio, di Cai(r)o o di Sempronio sul mancato raggiungimento di un posto nell'elite continentale, sebbene nella competizione meno nobile, ma ho un'idea che mi frulla in testa su quale sia stato l'errore cardine che ha innescato effetti domino tali da portare la situazione ad essere quella attuale.
La madre di tutti gli errori, a mio parere, è stato l'acquisto di Niang, sia per i modi in cui è avvenuto, sia per la sostanza dell'acquisto in sé. Sono conscio del fatto che eccetto Maradona, Pelè e, forse oggi, Ronaldo e Messi, non sia mai un singolo giocatore a cambiare in bene o in male le sorti di una squadra, ma Niang per i tempi in cui è stato inserito e i modi in cui è stato gestito ha invece avuto un impatto negativo superiore a quello che alcune sue pessime prestazioni possano far pensare.
Innanzitutto il ragazzo è arrivato negli ultimissimi giorni di mercato dopo un'estenuante tira e molla con il Milan battendo la presunta concorrenza dello Spartak Mosca. Ora, io non sono un ds, nè un presidente di A che deve fare attenzione a far quadrare il bilancio, ma mi domando: se devo investire su di un giocatore che sarà il più caro di sempre alla voce acquisti e deve essere pedina fondamentale per far fare il salto di qualità alla mia squadra, lo compro all'ultimo minuto con il campionato già incominciato e la preparazione finita pur di "limare" la cifra finale che resta comunque la più alta di sempre mai spesa oppure lo compro nei tempi giusti senza guardare al milione in più o in meno, dandogli però la possibilità di inserirsi nella maniera migliore all'interno della squadra in modo tale che sul campo si veda il prima possibile il frutto del mio ingente investimento? La risposta è scontata per tutti, ma non per chi quell'assegno doveva firmarlo e staccarlo, evidentemente.
Il Torino delle prime uscite stagionali, senza Niang, aveva trovato un suo equilibrio e pur non facendo faville sembrava poter supportare il famoso 4-2-3-1 su cui si poggiava l'impianto tattico di questa annata. Il problema è che poi si è voluto a tutti i costi lanciare da titolare il buon Niang che, ricordiamolo, dietro consiglio di quel buon samaritano di Raiola aveva di fatto saltato gran parte della preparazione del Milan, sgretolando così quel poco di equilibrio che si era creato nel Toro di inizio stagione. Se a un giocatore che è palesemente fuori forma unite un'indole che è lontanissima dai valori di grinta, abnegazione e tremendismo tipiche dell'ambiente in cui lo avete inserito ecco che vi spiegate il feeling di fatto mai sbocciato con la piazza granata. Ça va sans dire…
Nel tutto in questo affaire ci si doveva porre un'altra domanda a monte: avendo già in rosa un giocatore talentuoso, ma discontinuo e a volte poco disciplinato come Ljajic, era il caso di inserirne un altro dalle stesse caratteristiche o piuttosto era meglio, se proprio si voleva un esterno, cercarne uno più simile ad uno Iago Falque per testa e piedi? Gli spogliatoi sono un po' come le galere degli antichi romani: se tutti remano a tempo e con sforzo uguale la nave si muove altrimenti son dolori...
E poi in tutta questa storia di Niang c'è l'equivoco tattico a fare da ciliegina sulla torta. Ammesso che i parametri caratteriali fossero stati calcolati e ponderati a dovere, dal punto di vista tecnico c'era stato detto che il francosenegalese fosse un giocatore duttile adatto anche a fare la punta centrale. Ovviamente appena si è fatto male Belotti mica è stato fatto giocare punta il buon Niang con tanti saluti alla sbandierata duttilità. Al limite della presa in giro.
Infine un'ultima domanda: ma non c'è nessuno in questa società che sia stato capace di spiegare a Niang (ma anche ad altri) che chi indossa la maglia del Toro deve essere impeccabile innanzitutto sul piano dell'impegno? Non c'è nessuno che abbia detto a Niang: “Caro ragazzo, puoi anche sbagliare cento dribbling, ma se farai una corsa in più in difesa e non toglierai mai la gamba i tifosi saranno più propensi alla benevolenza”? No? Perché dal suo atteggiamento in campo sembra proprio che nessuno si sia scomodato a trasmettergli questi semplici concetti. Eppure dovrebbero essere scritti su tavole, come i dieci comandamenti, e appesi nello spogliatoio del Filadelfia!
Insomma non ce l'ho con Niang persona e neppure col Niang calciatore che ha anche fatto cose buone: il rientro di Ljajic fra i titolari ha, però, chiaramente dimostrato che un Niang già lo avevamo in squadra e che quindici milioni erano da spendere piuttosto in un signor centrocampista. Eccolo il “peccato originale” di questa stagione granata. Un vero peccato, in tutti i sensi…
Da tempo opinionista di Toro News, dò voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finchè non è finita.
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