Dopo il mea culpa di venerdì scorso nei confronti di mister Mazzarri, questa volta mi preme di fare un mea culpa verso il presidente Cairo. Sono uno dei suoi più aspri critici su queste colonne, ma quando capita che le sue scelte si rivelano giuste, va riconosciuto senza dubbio alcuno. In particolare devo ammettere che il presidente ha fatto bene a puntare su mister Mazzarri. Sicuramente non mi è piaciuta la tempistica e la modalità del suo arrivo a discapito di un Mihajlovic additato ingiustamente come unico responsabile di una stagione storta. Il presidente Urbano Cairo con il tecnico livornese ci ha visto lungo. Giunto a gennaio 2018, il gioco del Toro non era granché e i risultati erano incostanti. L’anno scorso il Toro ha chiuso in crescendo con un gioco che definire brutto sarebbe riduttivo, ma che alla lunga, specie nel girone di ritorno, ci ha consentito di arrivare in Europa. Ora Mazzarri ha passato alla grande la doppia sfida del secondo turno preliminare di Europa League, ma quello che mi fa ben sperare nel mister non è il fatto in sé del turno passato (contro un avversario effettivamente modesto), ma di come sembra che ormai si trovi a suo agio nel Toro e, soprattutto, in Europa.
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Toro e la mentalità europea di Mazzarri
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A mio modo di vedere ha gestito il gruppo nelle due sfide in maniera egregia. Sappiamo tutti le difficoltà che ha dovuto affrontare a causa dello scarso tempo per la preparazione e dell’assenza di rinforzi, eppure ha messo il Toro in condizione di superare agevolmente il turno. Mazzarri ha la mentalità che ci mancava. Siamo passati da Vantura, che probabilmente sulla panchina dell’Italia pensava ancora che lui e il Toro venivano da Cittadella (ed infatti si è visto come è andata a finire), a Mihajlovic, mister dal grande temperamento e orgoglio, capace di farci ottenere delle grandi vittorie, ma anche delle brutte figure. Capace soprattutto di instaurare un rapporto unico con giocatori e ambiente, Mihajlovic sta vivendo la sua più grande sfida. La conferenza del tecnico serbo in cui ha annunciato la sua malattia è stato un momento che ha scosso la collettività granata e calcistica. A lui, sempre di più e sempre più forte, il continuo abbraccio di gran parte dei tifosi del Toro.
Oggi invece siamo nelle mani di mister Mazzarri che con poche parole ha quasi rivoluzionato il Toro. Abbiamo già trattato su queste colonne come la frase “Vincere deve diventare una cosa normale, non eccezionale” segni uno spartiacque della recente storia granata. Quelle parole spiegano quello che non è stato il Toro negli ultimi 25 anni e quello che un allenatore non ha mai pensato di dire negli ultimi 25 anni. Anche nel post gara contro il Debrecen, Mazzarri mi è piaciuto perché non si è crogiolato sul risultato ottenuto, ma ha evidenziato l’approccio molle con cui il Toro è entrato in campo nel secondo tempo. C’è indubbiamente da lavorare, ma intanto i messaggi arrivano chiari alla testa dei giocatori.
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Ora però, presidente Cairo, dopo averle dato il merito di aver scelto un allenatore che sembra essere a suo agio nella dimensione europea, vogliamo consentire al tecnico di girare a lungo l’Europa con una macchina che non rischi di perdere i pezzi? La rosa oggi è ridotta all’osso. I big della passata stagione sono stati tutti confermati (non potrei immaginare altrimenti), alcuni giovani sono stati ceduti, altri verranno integrati, zero rinforzi e alla voce infortuni troviamo Parigini, Edera, Lyanco Lukic, Falque e ora Baselli. Non abbiamo ancora un secondo portiere (quali sono le difficoltà a scegliere un vice Sirigu?), ancora non arriva Aina e mancano un’alternativa sugli esterni e a centrocampo, mentre in attacco servirebbe qualcosa. Nelle passate dichiarazioni lei presidente aveva detto che avrebbe fatto tre innesti, salvo poi rosicchiare piano piano il numero degli acquisti, dicendo infine che serve un attaccante, che c’è tempo fino ad agosto ma che prima si fa e meglio è. Un insieme di concetti che disorienterebbe chiunque messo di fronte ad un dribbling di Ronaldo Luís Nazário de Lima. Ormai è emergenza e gli innesti devono arrivare prima possibile per poterli integrare negli schemi e dare modo al mister di sfruttarli anche nel terzo turno preliminare.
Non tutti i mali però vengono per nuocere. L’aspetto positivo dell’immobilismo societario sul mercato è che siamo riusciti a vedere gli esordi di Singo e Millico in Europa League. Felicissimo per loro e soprattutto per l’esordio del numero 22 granata. Millico è entrato nell’ultimo quarto d’ora. In due occasioni è apparso frenetico nell’incaponirsi nel cercare la porta e le sue iniziative puntualmente si sono dissolte. Alla terza è stato più bravo: ha ragionato, ha fatto la cosa giusta servendo Zaza in profondità ed alla fine è stato premiato, segnando il 4 a 1. Millico deve ricordarsi questo esordio, per capire che in campo esiste la squadra e non gli individualismi e che se si fa la cosa giusta alla fine si viene premiati.
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Bremer sta acquisendo sicurezza, Berenguer sta diventando un vero jolly e Zaza è in gran forma. L’ex Sassuolo è un altro giocatore rispetto alla passata stagione. Un gol e un assist e se l’intesa col Gallo dovesse definitivamente sbocciare, il Toro potrebbe davvero incutere timore a chiunque. Il capitano è apparso invece meno brillante del compagno di reparto, e ci può stare a questo punto della stagione, soprattutto perché se quando non è brillante comunque riesce ad andare a segno, le premesse sono buone.
Restiamo dunque fiduciosi per il futuro del Toro, con la speranza che l’operato della società in fase di mercato possa realmente regalare ciò che serve per migliorare il rendimento del Toro. Anche perché d’accordo che Mazzarri l’anno scorso voleva la rosa corta, ma quest’anno il Toro è su tre competizioni e sono sicuro che mai e poi mai lui avrebbe voluto ritrovarsi con tutte queste defezioni nel bel mezzo della preparazione e dei preliminari di Europa League.
Vincenzo Chiarizia, giornalista di fede granata, collabora con diverse testate abruzzesi che trattano il calcio dilettantistico, per le quali scrive e svolge telecronache. Quinto di sei figli maschi (quasi tutti granata), lavora e vive a L’Aquila con una compagna per metà granata.
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