Sono loro, nel bene e nel male, gli uomini copertina del Toro di Cairo, gli uomini spesso decisivi in campo e sempre in mezzo a tutte le voci di mercato che riguardano il club di via Arcivescovado. Angelo è uno degli ultimi reduci del fu Torino Calcio, Rolando l'acquisto più sfarzoso dell'era Cairo. Entrambi, alla loro maniera, rappresentano quei capisaldi molto cari ai tifosi granata: l'uno la capacità del nostro vivaio di crescere campioni che sappiano essere anche uomini, l'altro il giocatore non eccelso tecnicamente ma in grado di assorbire il dna granata esaltandosi ed esaltando l'ambiente tanto da diventare parte della storia di questo club. Due ragazzi per bene, due facce pulite, due professionisti seri, due persone di poche parole, ma di molti fatti. Questo è ciò che li accomuna, per il resto sembrano completamente diversi. Angelo è un predestinato, un calciatore con grandi mezzi fisici e atletici ai quali ha unito una costante crescita tecnico/tattica che non si è ancora arrestata. E' arrivato in nazionale maggiore dalla serie B, caso abbastanza raro, unico se si pensa che lo ha fatto giocando nel Toro e non nella Juve post-calciopoli.... I grandi club europei ed italiani sono alla finestra per accaparrarselo e il conto alla rovescia della sua partenza sembra ormai cominciato. Rolando ha meno talento, ma è bergamasco ed ha fatto della forza di volontà e dell'abnegazione la sua arma vincente per emergere nel grande calcio. Ha avuto la sua grande occasione in Inghilterra e non l'ha sfruttata, ha detto di no al Toro una prima volta, ma il destino gli ha fatto rincontrare la maglia granata e da allora non ha più voluto togliersela, è diventata la sua seconda pelle. Ogbonna è della generazione dei Balotelli ma a differenza di SuperMario non ce l'ha col mondo e il mondo pare non avercela con lui. In campo dimostra una maturità ed un sangue freddo da veterano: non è quel che si dice un prototipo del giocatore “tremendista granata”, pervaso da raptus di sana furia agonistica, ma, al contrario, è quasi sempre calmissimo e fa sembrare facile anche ciò che non lo è con una naturalezza disarmante. Bianchi è un attaccante di razza, vive di fiammate, cerca le emozioni forti che solo i gol ti sanno dare, dà tutto senza risparmiarsi e fa trasparire nel suo “sbattersi” lo sforzo che produce per dare sempre il 101%. Tutt'e due raramente si concedono ai giornalisti, non amano la luce dei riflettori delle tv, appaiono sempre con un aurea di eccessiva modestia tipicamente torinese che, pur non essendo torinesi di nascita, sembrano aver assorbito dalla città che li ha adottati. Il tono delle loro dichiarazioni è però quasi sempre diametralmente opposto: Angelo, forse conscio della carriera in rampa di lancio e magari spaventato da precedenti turbolenti della storia granata (uno su tutti la burrascosa cessione di Lentini al Milan...), cerca continuamente di apparire distaccato, di mettere le mani avanti sugli sviluppi futuri come a dire, grato al Toro se sono quel che sono, ma un domani le strade si separeranno. Rolando invece non perde occasione per ribadire che la “sua casa è qui”, che se dipendesse da lui non ci sarebbe un'altra squadra nella sua carriera: un capitano coinvolto anima e corpo dalla maglia che indossa, un capitano che onora la storia unica ed irripetibile del club, un capitano che si sente parte della gente granata e verso la quale cerca di essere disponibile in tutto e per tutto. I due mi fanno venire alla mente due storielle. La prima è quella di un ragazzo molto giovane e molto amato dalla sua fidanzata. Lei gli è stata molto vicino, l'ha fatto diventare un uomo, gli ha dato tutto e vorrebbe stare con lui per sempre. Lui le vuole bene, le è riconoscente ma non le ha mai giurato amore eterno, ha tante belle donne attorno che lo corteggiano e l'avverte che un giorno potrebbero anche lasciarsi. Lei allora gli chiede, se mai ciò accadesse, se per favore potesse evitare di finire nelle braccia di una Vecchia Signora che abita nei paraggi e che le sta molto antipatica. Se dovesse capitare una cosa del genere, morirebbe di sicuro di dolore, lei lo sa. Lui non ha voluto prometterle nemmeno questo, ma per il momento stanno ancora insieme. Il cuore avrà la meglio anche se la storia tra i due dovesse finire? La seconda è quella di un giovane politico molto in gamba che viene reclutato nel partito di un Segretario ambizioso, scaltro e anche molto accentratore. Il politico si appassiona realmente ai valori e alle battaglie portate avanti da questo partito, tanto che si impegna al massimo per la causa e viene sempre più votato dagli elettori di quel partito. Il politico conquista un posto di rilievo nel panorama italiano e viene sempre più identificato col partito aumentando i suoi consensi che parallelamente diminuiscono invece nei confronti del Segretario ambizioso. La legislatura volge al termine, ma al momento di ridiscutere le candidature, il Segretario, in barba ai risultati ottenuti dal suo politico, al consenso che gode presso l'elettorato e al sincero attaccamento al partito, non pare intenzionato a riproporgli un posto in lista. Invidia? Strane trame tipiche di un certo modo di fare politica? Ognuno faccia le sue considerazioni, io intanto mi associo a ciò che scriveva qualche giorno fa Guido Regis nella sua rubrica Bisturi: una società ambiziosa e coerente coi valori della storia granata avrebbe già fatto di Ogbonna e Bianchi i pilastri del Toro del domani. Non due casi di cui non si sa se ci sarà un domani. Alessandro Costantino Follow @AleCostantino74 (foto Dreosti)
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Ogbonna e Bianchi, la strana coppia
Sono loro, nel bene e nel male, gli uomini copertina del Toro di Cairo, gli uomini spesso decisivi in campo e sempre in mezzo a tutte le voci di mercato che riguardano il club di via Arcivescovado. Angelo è uno degli ultimi reduci del fu...
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