Con quella pioggia e con quel vento siamo andati a Benevento. E abbiamo vinto. Facciamocene una ragione. Non è stata una vittoria determinata da costante e indiscutibile superiorità, chiaro, ma comunque abbiamo vinto. Dobbiamo lavorare su noi stessi e accettare che per la legge dei grandi numeri ogni tanto ci capita di essere fortunati. E non vivere la fortuna come una colpa.
columnist
Onore al Benevento e onere al Torino
Il Benevento – triplo salto mortale dalla Lega Pro alla B alla A in tre anni, grandioso Benevento! – meritava di pareggiare perché non si è risparmiato in quanto a energia e organizzazione del gioco, ma è successo che noi abbiamo vinto lo stesso. Al 93esimo abbiamo vinto. Già.
E la fortuna è la prima a riconoscere il merito di chi bacia: al 93esimo ancora ci credevamo perché il pareggio fuori casa non ci bastava; Iago e Ljaijc potevano fare di meglio, ma alla fine hanno fatto l’unica cosa importante, gol; dopo dieci minuti abbiamo visto Obi abbandonare il campo e ci siamo portati tutti la mano alla gamba, ormai avvertiamo il suo dannato dolore, quello che ti ferma nel bel mezzo dell’azione, mentre stai dando il meglio. Puoi solo uscire, impotente. E poi Acquah, nella ripresa anche l’indistruttibile Acquah abbandona dolorante il campo. Segno che nella vita e nelle partite alcune sfortune le puoi immaginare, altre no, ma il risultato è lo stesso: tocca sapersi reiventare.
Riconosciamo al Benevento la sana e produttiva voglia di esserci, e al Toro, di avere montato l’ossatura lungamente agognata che fa funzionare il gioco anche in assenza di prestazioni eccelse.
Fotogallery – Benevento-Torino 0-1: cinismo granata al Vigorito
Abbiamo tante cose. Abbiamo un portiere che almeno in tre situazioni ha dimostrato di essere protagonista. Abbiamo una difesa – tra tradizione e novità – che lavora di intesa, di fisicità e testa. Abbiamo un centrocampo che dal piede delicato all’incontro violento copre ogni profilo. Rincon incontra e scontra con lo sguardo prima ancora che con le spalle e le gambe. Incenerisce già con l’intenzione. In coppia con Acquah è un imporsi, con Obi (forza Obi, forza!) e Baselli (bentornato Baselli! Affrettato dagli eventi, ma pur sempre bentornato!) è una costruzione sapiente di equilibri verticali. Abbiamo Edera, che non è entrato, ma ce l’abbiamo. Abbiamo un tridente dal delicato meccanismo ma sicuramente di qualità, che sa risolvere la partita.
E poi abbiamo il Gallo. Che ha le partite della Nazionale nelle gambe, che non ha brillato come Immobile che aveva anche lui quelle partite nelle gambe. Che è il Capitano e ci rappresenta. Che è da sostenere quando accusa stanchezza e difficolta, perché quando è in splendida forma non ne ha bisogno.
Abbiamo Zappacosta. Ah no, Zappa non ce l’abbiamo più, ma il suo Champions-gol fa sorridere tutti.
Abbiamo tante cose ma soprattutto abbiamo 7 punti, e due delle tre partite le abbiamo giocate fuori dal covo granata. E se proprio dobbiamo soffrire di questa timida fortuna beneventana, pensiamo di averla già pagata a Bologna, con due punti fischiati via così, perché erano di troppo.
Onore al Benevento, onere al Toro di ripetersi, e vincere ancora.
Mi sono laureata in fantascienze politiche non so più bene quando. In ufficio scrivo avvincenti relazioni a bilanci in dissesto e gozzoviglio nell’associazione “Brigate alimentari”. Collaboro con Shakespeare e ho pubblicato un paio di romanzi. I miei protagonisti sono sempre del Toro, così, tanto per complicargli un po’ la vita.
© RIPRODUZIONE RISERVATA