columnist

Otto anni di Cairo

Beppe Pagliano
30 giugno 2005. Il Toro, da pochi giorni, era stato promosso in serie A dopo la finale playoff contro il Perugia, vendicando così la sconfitta di sette anni prima nello spareggio di Reggio Emilia. Quel mattino  ero al lavoro, quando la...

30 giugno 2005. Il Toro, da pochi giorni, era stato promosso in serie A dopo la finale playoff contro il Perugia, vendicando così la sconfitta di sette anni prima nello spareggio di Reggio Emilia. Quel mattino  ero al lavoro, quando la radio informò che nella notte la Guardia di Finanza aveva fatto irruzione nella sede del Torino Calcio: ebbe così inizio la peggiore estate della mia vita.

Nel giro di pochi giorni passammo dalla serie A alla possibilità reale di veder giocare il Toro in C2, oppure peggio ancora, di vederlo scomparire. L'erario pretendeva alcuni milioni di euro per pagare l' Irpef che Cimminelli non riuscì a racimolare, attendemmo invano una fideiussione che non arrivò mai.

Tra l'altro, nei primi giorni di luglio mi sottoposi ad una visita medica. Il responso fu come un pugno in pieno viso, rimasi attonito, incredulo e soprattutto la paura s’impadronì di me.

Iniziarono così lunghe mattinate nelle sale d'aspetto di ospedali e cliniche, a farmi compagnia erano i quotidiani: le notizie che riportavano riguardanti il Toro erano pessime e non lasciavano scampo; nella migliore delle ipotesi si sarebbe dovuto ricominciare dalle serie B, ammesso che si fosse trovato qualche imprenditore pronto a farsi carico, dell'impresa tutt'altro che agevole, di far rinascere la nostra squadra. Le notizie riguardanti il mio problema di salute non erano certo positive, anzi, la paura stava lasciando spazio al terrore!

Il popolo granata si mobilitò, furono organizzate marce a Superga per chiedere aiuto agli Invincibili, si cercò pubblicamente appoggio da imprenditori ed istituzioni.

Alla fine si presentò un manipolo di volenterosi imprenditori locali, i cosiddetti "Lodisti",  che riuscirono a far sì che il Toro si potesse salvare dal fallimento. Fu allora che uscì allo scoperto, dopo un' intervista alla Stampa, un editore alessandrino trapiantato a Milano, il suo nome rispondeva ad Urbano Cairo, era lui la nostra ancora di salvataggio.

Ci muovemmo in massa pronti ad accogliere Cairo alla guida del Toro, se non fosse che Giovannone, quello che avrebbe dovuto essere il presidente, s’impuntò e non volle cedere a Cairo.

Ebbero così inizio giorni carichi di tensione fatti di tira e molla estenuanti. Quando tutto sembrava fatto, o uno o l'altro dei contendenti mandava tutto all'aria. Si arrivò al punto che,  in un  hotel appena fuori Torino, Giovannone venne aggredito da un gruppo di tifosi esasperati ed a farne le spese furono alcuni carabinieri chiamati in soccorso.

In una sera di fine estate ci ritrovammo tutti quanti davanti al Municipio di Torino; a Milano era stato firmato l'accordo: Urbano Cairo era il nuovo proprietario del Torino F.C. Seguirono scene di giubilo, tutti noi eravamo sicuri di aver trovato il Presidente giusto, colui che avrebbe riportato il Toro dove la Storia impone.

Nel frattempo, da lì a pochi giorni, il sottoscritto si sarebbe dovuto sottoporre ad un intervento chirurgico: se da un lato si vedeva finalmente la luce, dall'altro la paura continuava a fare novanta.

Come dimenticare la prima partita dell'era Cairo? Con soli due giorni di prevendita ci presentammo in trentamila al Delle Alpi a salutare il nuovo Toro, fatto di giocatori sconosciuti. Era il 10 settembre 2005, l'avversario era l'Albinoleffe ed il Toro vinse 1 a 0 grazie ad un gol di Fantini.

Il giorno dopo fui ricoverato in ospedale: quando entrai in sala operatoria, uno dei miei pensieri, oltre alla terribile paura, fu rivolto al Toro e pensai che chi é del Toro non può arrendersi mai!

Alla fine, fortunatamente ,tutto andò bene. La paura lasciò il posto ad una serena convalescenza ed il Toro di Cairo, alcuni mesi dopo, raggiunse la promozione in serie A al termine dello spareggio contro il Mantova spinto da quasi 70.000 cuori granata che presero letteralmente per mano i ragazzi di De Biasi, accompagnandoli verso un’epica rimonta!

Inoltre, appena giunti in serie A, tutto il popolo granata poté gioire per un avvenimento memorabile; gli altri, quelli là, furono mandati in serie B, dopo che Calciopoli scoperchiò un po' del marcio che contamina il calcio e che da sempre fa compagnia alla squadra più stellata dell'universo!

Sembrava davvero l'inizio di una nuova era. Purtroppo non fu così, le cose pian piano tornarono tutte come prima.

Quello che davvero rattrista è che nel giro di pochi anni l'entusiasmo che accompagnò l'arrivo di Cairo abbia lasciato il posto a contestazioni e contrapposizioni tra tifosi.

Le scelte del Presidente, appena arrivato in serie A, si rivelarono subito sbagliate, sicuramente dettate dall'inesperienza. Ma ora, dopo otto anni, non ci sono più alibi.

Io non ho mai contestato Cairo, non ho mai scandito slogan allo stadio o nelle varie manifestazioni contro di lui, anzi ho sempre cercato di trovare delle spiegazioni logiche nelle sue decisioni.  Purtroppo il più delle volte, non sono riuscito a trovare queste spiegazioni.

Spero davvero con tutto me stesso che questa sessione di mercato dia merito a questa dirigenza nel saper presentare ai nastri di partenza una squadra dignitosa, in grado di conquistare una discreta posizione di classifica, in modo che a inizio primavera i tifosi del Toro non siano sempre costretti a sperare nelle disgrazie delle squadre invischiate nelle parti basse della classifica.

Vorrei soprattutto ricominciare a tifare per il Toro in modo compatto con tutti gli altri tifosi, vorrei infine che non fossimo più divisi in pro o contro Cairo!

Se tutte queste mie speranze si rivelassero vane, forse sarebbe davvero giunto il momento per Cairo di passare la mano, ma sarebbe davvero un peccato perché continuo a credere che l'attuale Presidente abbia le capacità e le risorse economiche per dare dignità e futuro al nostro Toro, bisognerebbe soltanto volerlo veramente!

 

Beppe Pagliano

Twitter  @beppepagliano