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Perdutamente Toro

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Sotto Le Granate / Torna la rubrica di Maria Grazia Nemour: "Toro, contro l’Inter ricorda di essere in debito di quei 5 minuti"
Maria Grazia Nemour

Perdutamente Toro. Anche se io, lunedì sera, ho creduto dal primo all’87esimo in un Toro pareggiato, mica perduto.

Un Toro che forse giocava da perdente più mentre pareggiava, che dopo.

Un primo tempo dal continuo singhiozzo in difesa, il calcio della sofferenza. Se al telecronista avessero dato un euro ogni volta che pronunciava la parola ‘Immobile’, al 46esimo si sarebbe  pagato vacanze e dentista. Immobile è una lama che affonda nel burro granata davanti alla porta.

Belotti-Immobile.

Quanti se, sui gemelli del gol della Nazionale.

Se…Ciro avesse scelto la prima capitale d’Italia, Torino, invece di andarsene a Roma.

Se…il Toro giocasse a due punte, una nera e una bionda.

Ma in realtà i due gemelli del gol della Nazionale sono figli unici, non hanno bisogno uno dell’altro per segnare. E il Toro non ha bisogno di Immobile, c’è Belotti. Il Toro ha piuttosto bisogno di una famiglia solidale, dietro Belotti. Il Toro, ha bisogno di una strategia.

Anche i bambini ai giardinetti si accordano su un piano e se lo dicono all’orecchio, prima di giocare a guardie e ladri. Io quella del Toro, di strategia, in sette mesi non l’ho ancora capita. Non dico che Miha debba scrivermi un wapp per spiegarla, l’importante è che questa strategia esista. Che le formazioni e i cambi non siano umorali ma rientrino in un progetto. Posso condividere e sostenere un’idea che ha bisogno di tempo per svilupparsi, ma quella che temo e rifiuto, è l’improvvisazione.

Si potrebbero evitare le conferenze stampa fotocopia e usare quel tempo per riflettere, tornando a parlare solo quando si ha davvero qualcosa da dire. Cosa faremo da grandi (o almeno da adolescenti), per esempio.

Cairo dice che puntiamo sui giovani, ok. Sui giovani in età prescolare? È per questo che non abbiamo come obiettivo neanche l’ottavo posto?

Credo nel Toro, e vorrei capirlo.

Tento di credere in Miha, anche se penso che il solo, vero, coraggio che ha dimostrato fino ad oggi al Toro, sia quello di schierare sempre Ljajic, nonostante le critiche sulla scarsa resa e le distanze politiche, quelle religiose. Peccato, l’unico che dovrebbe apprezzarlo, quel coraggio, per qualche ragione non riesce a farlo, barricato dietro uno sguardo cupo e demotivato. Per alcuni, il più grande ostacolo da superare non è la Lazio, ma la propria testa.

Lunedì, l’unica scarica di adrenalina ce l’ha iniettata in vena Maxi Lopez che, nonostante la proverbiale incompiuta preparazione, dimostra di saper fare bene una cosa: entrare con la voglia di lasciare il segno. Per alcuni, il più grande ostacolo da superare non è la Lazio, ma il proprio corpo.

Comunque, durante la partita di lunedì, ho preso una decisione, mi iscrivo al poco frequentato fan club di Iturbe (e prima ero iscritta a quello di Martinez, tanto per dire la lungimiranza…), spero che Miha gli dia continuità e lui lo ripaghi a suon di accelerazioni inafferrabili e giocate auree, ma prima ancora, serietà. Spero che se Miha ritenga necessario sostituirlo in una partita difficile che stiamo pareggiando, dentro non ci finisca uno Iago ma che so io, un Acquah, determinato a spintonare e respingere.

Si può perdere una partita in cinque minuti, per 3 a 1, dopo averla pareggiata per il restante tempo al mantra: resisto, resisto, resisto? Sì. Già al derby era stato evidente, sì.

Toro, contro l’Inter ricorda di essere in debito di quei 5 minuti. Restituisciceli, e aggiungine novanta di ulteriore, estrema, resistenza. Questo, ci devi.

 

Mi sono laureata in fantascienze politiche non so più bene quando. In ufficio scrivo avvincenti relazioni a bilanci in dissesto e gozzoviglio nell’associazione “Brigate alimentari”. Collaboro con Shakespeare e ho pubblicato un paio di romanzi. I miei protagonisti sono sempre del Toro, così, tanto per complicargli un po’ la vita.

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