Perché se perdi 5 a 0, non puoi che essere morto, per quella partita lì.
columnist
Pescara, alzati e cammina
E chi ti risuscita, Pescara? Non certo gli ultras, che alla fine del primo tempo hanno abbandonato gli spalti, “Facciamo un giretto in centro o prendiamo il treno prima”?
Eppure io continuavo a sentirli. Incitavano, zitti mai. Mi sporgo, e sul primo anello dei distinti vedo il Pescara. I piccoli, del Pescara. Dodici anni al massimo.
Tifavano, propiziando il miracolo.
E il miracolo c’è stato – il Pescara che era già bell’e pronto per l’autopsia, si è alzato e ha camminato, tre passi, tre gol – ma chi l’ha compiuto, il miracolo?
Ajeti? In effetti i ragazzini del Pescara urlavano: “Ajeti uno di noi!”
No, non è vero, e a dirla tutta io continuo a vederci Toro, in Ajeti. A volte si può essere scarsi (scarsissimi) per congiuntura astrale di sfiga e inesperienza. Certo non è la stessa cosa, ma quando nel 2015 Belotti arrivava davanti alla porta e non segnava, i tanti “E ver ca custa? A l’è nin bun!” che ho sentito, mi hanno insegnato questo: la fiducia non va in bilancio, ma è una plusvalenza umana ineguagliabile.
E poi dai, diamo al Toro quel che è del Toro: al miracolo delle tre reti hanno contribuito un po’ tutti. Con ogni probabilità in campo si urlavano nomi di pizzerie e sushi bar, i granata erano proiettati sulla scelta del ristorante per la cena.
Comunque, per me, il miracolo l’hanno fatto i piccoli del Pescara, che quel nome – Pescara – lo hanno tenuto in bocca tutto il tempo.
Credo che il vero walking dead sia il nostro campionato, ucciso da una grave sindrome da mancanza di dignità: dalla B salgono su i figli della serva, che devono far divertire i figli dei padroni. In mezzo, un pugno di squadre dalle medie condizioni sociali, che guardano quelli dei piani alti ma mangiano nel sottoscala.
Spesso chi fa un buon campionato in B ha avuto la fortuna di avere qualche giovane giocatore in prestito che gli è esploso tra le mani, ma sicuramente l’anno dopo il proprietario lo reclama, e la squadra si ritrova in serie A, con una rosa peggiore di quella che aveva in B.
Prima dei calciatori giocano i bilanci, e se si registra troppa disparità costi-ricavi, non c’è partita.
Eppure la Lega Calcio è stata creata apposta per tutelare l’equilibrio del campionato e la equa spartizione delle risorse. No?
No. C’è qualcosa che non torna. Il modo in cui vengono spalmati i diritti televisivi, non torna.
A quei ragazzini del Pescara non puoi andargli a dire che insieme alla serie A, nel pacchetto, c’era la possibilità di giocarsela. No, nessuna favola alla Leicester City. Un horror, piuttosto, perché le vertigini da classifica le ha una squadra che per anni ha fatto (adesso non più? Il dubbio rimarrà per sempre lecito) della truffa, la sua politica di gioco. Blasonata nell’associazionismo a delinquere. Una squadra-spa riconosciuta colpevole nei tre gradi di giudizio del caso Calciopoli ma che non ritiene credibile – Cassazione, chi pensi di essere? – di venir chiamata a risarcire i club che ha truffato, e dunque non inscrive in bilancio una riserva a copertura del rischio. E questo, se il giudice la condannerà a risarcire, configurerà il reato di falso in bilancio, con conseguente espulsione dal campionato. Ma i soldi servono ad altro, certo.
Nella mia modesta carriera da tifosa del Toro ho collezionato sfottò di ogni tipo, ma “siete dei ladri” non me lo ha mai ridacchiato in faccia nessuno. Cari ragazzini del Pescara, esistono e sopravvivono, i valori. Non credete a chi è convinto del contrario. Io, un allenatore che scrive “Grazie per avermi regalato la gioia immensa di guidare la mia squadra del cuore”, Oddo, forse me lo sarei tenuto.
Comunque, il Pescara si sarà anche alzato e avrà pure camminato, ma il Toro ha corso, e ha vinto.
Correre, è il modo migliore per prendere la rincorsa e provarci, a volare.
Se non ci credi sempre e comunque, il Toro lo conosci solo a metà.
© RIPRODUZIONE RISERVATA