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columnist
Quando sento il presidente Cairo parlare di mercato ed elencare tutto quello che è stato fatto a mo’ di mantra inizio sempre a preoccuparmi un pochino sul prosieguo della sessione degli acquisti. “Abbiamo riscattato Iago a gennaio in anticipo su quanto stabilito con la Roma, abbiamo preso Lyanco e Milinkovic-Savic che, insieme al ritorno di Bonifazi, formano un trio di giovani di grandissima prospettiva, è arrivato Sirigu dal PSG, ha rinnovato Baselli”: queste sono state le parole del numero uno del Torino, il quale poi, più sommessamente, ha anche ammesso che “qualcosa in entrata ancora faremo”. Normali dichiarazioni tipiche del calciomercato dove si cerca di esaltare quanto fatto e per non sbilanciarsi non si da molto peso a ciò che invece è ancora da fare. Possibile, in effetti. Resta il fatto che l’esagerata enfasi su operazioni addirittura concluse a gennaio, ma già comunque in preventivo per giugno, puzza un pochino di captatio benevolentiae e di preludio ad una sottintesa domanda rivolta ai tifosi: “Non vi basta?”.
Diciamo che la risposta è un deciso e secco no, mio caro presidente. Voglio essere buono e dire che l’obbiettivo Europa per me, personalmente, non è un traguardo obbligatorio da centrare a tutti i costi: ciò che invece, a mio parere, dev’essere inderogabile è lottare per l’Europa fino all’ultima giornata o quasi. Quest’anno, io, come la stragrande maggioranza dei tifosi, voglio vedere una squadra che è costantemente agganciata al treno europeo e si batte con determinazione e ferocia per strappare una qualificazione Uefa che, con i rinforzi delle milanesi grazie alle nuove proprietà cinesi, la voglia dell’Atalanta di stupire ancora, Juve, Napoli e forse la Roma di un altro pianeta e le sempre pericolose Lazio e Fiorentina, sarebbe davvero un’impresa memorabile.
E’ chiaro come il sole però, che per fare questo, la squadra non può essere nella sostanza quella dell’anno scorso, cioè un collettivo che a gennaio aveva già abbandonato ogni obbiettivo superiore ad un inutile piazzamento nelle prime dieci. Servono rinforzi veri, cioè giocatori di qualità in tutte e tre le zone del campo. Quello che è mancato nelle parole di Cairo, però, è proprio lo slancio per confermare, anche solo tra le righe, la ferrea volontà della società di voler accontentare il mister e quel milione di tifosi che il Toro ha sparsi per tutta l’Italia sul fatto che quei rinforzi arriveranno. E questa cosa non può farci dormire sonni tranquilli. Senza contare che su tutto questo pende ancora la spada di Damocle della possibile cessione di Belotti. Mi immagino che ancora per tutto il mese di luglio il tormentone Belotti la farà da padrone. Ma parallelamente il mercato del Toro non può bloccarsi anche perchè le priorità difesa/centrocampo/esterni d’attacco prescindono dalla permanenza o meno del Gallo: quei giocatori, che resti o meno il centravanti bergamasco, devono essere presi senza se e senza ma. E le risorse per farlo ci sono. Se poi Belotti partirà e ci saranno cento milioni a disposizione allora si potrà comprare un altro attaccante, ma, considerato che non penso che la famosa deadline andrà oltre l’inzio di agosto, ci sarà tutto il tempo per farlo. Non capisco quindi perchè insistere sulla trattativa Zapata, che farebbe del centravanti colombiano l’acquisto più costoso dei dodici anni di presidenza Cairo, quando allo stato attuale non è assolutamente una priorità...
Se sono vere le notizie di mercato che circolano sui vari Donsah, Paletta e Imbula, si ha l’idea di un Torino che, pur avendo le risorse per fare acquisti, non compra per limare in estenuanti trattative le tutto sommato esigue divergenze di prezzo fra domanda ed offerta. Inoltre, insistere oltre modo su prestiti con diritto e non obbligo di riscatto o parametri zero è un gioco molto pericoloso alla luce delle sempre più pressanti esigenze di completare la rosa adesso che la stagione è di fatto partita.
Se questa era la vera politica del Torino la mossa che Cairo avrebbe dovuto fare per convincere i tifosi che la sua strategia è corretta sarebbe dovuta essere quella di presentarsi con un unico grande acquisto: il Filadelfia. Se il presidente avesse deciso di staccare un assegno di una decina di milioni alla Fondazione, innanzitutto avrebbe aumentato il valore patrimoniale della società incamerando un centro di allenamento nonchè il futuro epicentro della vita del club con foresteria, sede sociale e museo, in secondo luogo avrebbe riportato nelle disponibilità della società un simbolo della sua storia e una parte fisicamente concreta della sua leggenda e in terzo luogo avrebbe potuto chiedere pazienza alla tifoseria alla luce di un investimento così importante. Se pensiamo a quanti milioni di euro in questi due lustri sono stati sperperati in stipendi e cartellini di giocatori assolutamente ininfluenti sulle sorti della squadra granata, una decina di milioni messi sul Filadelfia sembrano il classico investimento sensato e dal ritorno sicuro anche a livello di soddisfazione della tifoseria. Chi non avrebbe perdonato una campagna acquisti più morigerata se sul piatto della bilancia si fosse messo il Filadelfia? Ed invece addirittura siamo ancora alle schermaglie sulle condizioni dell’affitto da corrispondere alla Fondazione...
Non so se Belotti verrà venduto o meno. Ma nel caso lo fosse, destinare il 10% del ricavato per “riavere” il Filadelfia potrebbe essere uno dei modi meno dolorosi di far accettare l’ennesima cessione importante. Ci pensi, presidente, ci pensi...
Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finchè non è finita.
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