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Torna "Prima che sia troppo Tardy" con un nuovo appuntamento
Enrico Tardy
Enrico Tardy Columnist 

Il Torello, ormai abituato ad omaggiare i vincitori in maglia neroazzurra, ha malamente perduto contro una Dea ebbra di gioia e di bel gioco. Termina tristemente l'era Juric con i tifosi contro tutto e tutti. Alla contestazione a Cairo, ormai manifestata, urlata, scritta, ogni dove, si è aggiunta nel finale di torneo quella alla squadra ed al tecnico. I calciatori, con l'odioso video di Superga, hanno perduto tutta la benevolenza, non sempre meritata, dispensata dai tifosi; il tecnico, per parte sua, ha inanellato una serie di dichiarazioni pubbliche inopinate ed intempestive. La sintesi è un senso di generale liberazione per la fine di questo campionato seguita immediatamente, coppa o non coppa, dalle perplessità per l'approntamento della squadra per l'anno prossimo.

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Guardando i numeri ed i risultati questa rosa vale i punti totalizzati. Questi tre anni di Juric ci hanno portato un'identità di gioco ed un gruppo bene o male unito. Non ho scritto di calcio champagne, ho scritto di gioco, spesso sterile è vero, ma difensivamente buono anche se esteticamente poco appagante. Juric ha citato una serie di calciatori valorizzati, di prestiti, di risultati ecc., uno spot di chi è a fine contratto. Allora, il Toro di Sinisa aveva totalizzato 53 punti un anno e 54 l'anno successivo con l'arrivo di Mazzarri verso la conclusione. Mazzarri stesso, l'anno seguente ha totalizzato 63 punti, poi ci sono stati due anni di caos con calciatori e società ai ferri corti e risicate salvezze. Rivoltata la rosa, il Toro è tornato a fare i "soliti" 50 punti, punto più, punto meno. Juric ha valorizzato essenzialmente i centrali difensivi, ma non mi pare Ilic e Ricci siano diventati dei trascinatori o Vojvoda un fulmine, Lazaro un fuoriclasse o Vanja un portiere di livello sufficiente. Ha dato un gioco e su questo non ci piove, soprattutto dopo un periodo per noi di poco calcio. Quando si parla di crescita di calciatori pensiamo a Glik, Darmian, Cerci, Zappacosta, Maksimovic, da sconosciuti o deludenti a cessioni milionarie. Il Toro di Nicola poi aveva di proprietà Bremer, Berenguer, Belotti, Aina, Meitè, Nkoulou, Lukic, dunque non capisco tanto le parole del tecnico sui prestiti.

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Detto ciò, non mi pare ci fossero i presupposti per continuare il rapporto dunque meglio terminare così la storia. Come nel gioco dell'oca alla fine si torna sempre al solito punto: senza struttura societaria composta da competenze di buon livello rimarremo sempre lì, salvo si sbagli completamente qualche acquisto od altro ed allora si rischia la decrescita infelice... Se fai ciò che hai sempre fatto ottieni ciò che hai sempre ottenuto. Ormai il format di Cairo lo conosciamo a memoria: da un lato struttura scarna, costi fissi ridotti all'essenziale, sostenibilità, dall'altro sogni, ambizioni, programmazione, appartenenza non sono contemplati. Adesso arriverà un nuovo allenatore e la giostra si rimetterà stancamente in moto senza novità o sussulti.

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Avvocato penalista, appassionato di calcio (ha partecipato al corso semestrale di perfezionamento in diritto e giustizia sportiva presso Università di Milano), geneticamente granata, abbonato al Toro da circa trent’anni.

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