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columnist
Domenica mattina andavo a Candiolo, portavo mia figlia a una partita di pallavolo e non ci badavo alla strada, a un certo punto mi sono ritrovata davanti ‘sta grande scritta: Mondoqualcosa. Venaria. Ho girato lo sguardo a destra, verso l’ippodromo, per distoglierlo da questa lunga, lunga distesa bianca luttuosa di strisce nere. Il Mondoqualcosa di Venaria è sterminato davvero, penso alla nostra sofferenza per portare i desideri tanto desiderati dentro i muretti del Filadelfia, la nostra piccola banca del tempo, e ho capito una volta di più, quanto siamo distanti nella stessa città, noi e loro. Profondamente diversi.
Le idee vincenti si possono comprare. Il luogo dove edificarle, si può comprare, e se di potere ne hai davvero tanto, te lo possono addirittura regalare quel luogo.
L’altr’anno leggevo che la juve voleva a tutti i costi una squadra femminile in serie A - Juventus Women, e niente, l’italiano proprio non lo sanno parlare questi – così, ha rilevato il Cuneo, comprando in modo molto discutibile una storia non sua, ma soprattutto, comprando l’accesso diretto alla massima categoria. Comprando tutte le giocatrici migliori sul mercato. Tutte. Non vieni? Ma io ti offro il doppio. Vuoi il triplo? Giocheranno tra loro quelle calciatrici, probabilmente. Chissà il divertimento.
Perché tifi quel Mondoqualcosa lì? L’ho chiesto a tanti, mai una storia che valga la pena di essere raccontata. Le idee vincenti bastano a se stesse. Non c’è nessuna necessità di appartenenza, di famiglia, di valori o di combattimenti. Forse può sembrare di aggiustare addirittura un po’ la vita, stare dalla parte di chi vince sempre. Almeno a calcio.
“Prima ero della juve” ho sentito uscire dalla bocca carina di una bambinetta carina, “ora del Real”. E forse quella bambina ha colto il senso profondo del Mondoqualcosa, almeno dal mio fazioso punto di vista.
Non so, è un’emozione provata pochissimo per me quella di vincere facile, non la conosco tanto da poterne parlare.
Al pomeriggio, domenica, un’altra partita: Napoli-Toro. Il Napoli mi fa simpatia per la passione. Ma anche per il loro sito, che spesso ha descritto con lucidità gli equilibri di potere a Torino, nonostante la distanza. Il Napoli mi piace perché quando entra in campo il suo Capitano, lo abbraccia di affetto con gli applausi, e quando quel Capitano segna il centesimo gol – contro di noi, mannaggia – in quell’urlo coi capelli dritti passa tutta la voce dello stadio.
Domenica era più importante essere pro-Toro o contro-Mondoqualcosa?
Ognuno credo abbia la sua storia e le sue risposte. E sono tutte rispettabili.
Per quel che può valere, io sono molto più pro-Toro. Per me giocare con tutto il sangue ogni partita è vitale, è la ragione e la speranza per cui ogni volta la guardo, quella benedetta partita.
Il Napoli ha giocato un campionato onorevole, ma domenica – ma da settimane – paga la benzina che ha già consumato, senza aggiungerne di nuova. È a debito, stanco. Forse anche Mondoqualcosa è stanco, ma sulla sua panchina lunga cento metri, c’è spazio per non so quante taniche di carburante. Se hai denaro da buttar via, perché non investirlo in metri di panchina? Anche solo per snaturare il mercato.
In ogni caso, domenica, l’idea di non credere di aver perso già nel primo tempo, ma di aver conquistato due volte il pareggio nel secondo, mi appartiene. Io sono l’assist bello di Ljajic, la disperazione che non fa rialzare Burdisso, il calcio arrabbiato di Baselli, la testa al posto giusto di De Silvestri. Beati gli ultimi e i criticati…se sono terzini e segnano sei gol a stagione.
Non abbiamo favorito un altro mondo, abbiamo giocato per il nostro. E siamo stati onorevoli.
Mi sono laureata in fantascienze politiche non so più bene quando. In ufficio scrivo avvincenti relazioni a bilanci in dissesto e gozzoviglio nell’associazione “Brigate alimentari”. Collaboro con Shakespeare e ho pubblicato un paio di romanzi. I miei protagonisti sono sempre del Toro, così, tanto per complicargli un po’ la vita.
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