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Quanto durano novanta minuti…

Maria Grazia Nemour
Sotto le Granate / Torna la rubrica della nostra scrittrice granata Maria Grazia Nemour

E quanto durano 90 minuti?

Sono tanti o pochi?

Dipende.

Ogni minuto ha il suo tempo, la sua storia. Anche durante una partita.

I primi 45 minuti, domenica, per me sono andati via in un’accelerata. Il primo tempo non l’ho visto, ero in macchina e acceleravo, appunto, per vedere almeno il secondo, di tempo.

Un primo tempo che si può rappresentare nello spazio di trenta secondi: cross pulito di Zappacosta, zucca azzecca palloni di Iago Falque che si fa trovare al posto giusto, nel momento giusto. Gol!

Vantaggio meritato. E non perché la Lazio sia defilata ma perché il Toro è in gran spolvero.

 

Quanto dura un fischio? Boh, diciamo tre secondi.

Quanto sono durati i fischi granata nelle orecchie di Immobile? Boh, credo che ancora rimbombino. E sono passate ore. Tutto il tempo che serve a una curva per dire: dovevi restare. Vieni al Toro per far manovra, ma poi parcheggi altrove.

Il tempo dell’amore perso, quello che vuoi chiudere definitivamente, ma ti riesce difficile.

E quando Ciro stupisce Hart, la rabbia granata esplode.

Ma…Ma quella mezza rovesciata è talmente bella, la testa bionda che non esulta rimane talmente bassa, che il tempo, per qualche secondo, rimane sospeso. Sì Ciro, c’eravamo tanto amati.

 

Tempo di cambi.

Entra Obi per Baselli, Lopez per Benassi, Boyè per Valdifiori.

Fondamentale il tempismo, per i cambi. I nostri sono stati quelli giusti? Sì, visto che ormai sono stati fatti e quelli rimangono.

 

Parolo, dopo la partita, dice che le mani non se le poteva tagliare, ed è stato rigore.

Neanche i piedi li poteva tagliare, e per poco non decapitava (esageriamo, dai!) Obi.

Potrebbe provare a giocare senza mani e piedi, se non li sa organizzare.

 

Che poi a Obi proprio non gli manca di farsi male, ha collezionato problemi muscolari di ogni tipo che lo hanno relegato troppo tempo in panchina, se non in infermeria. Il “troppo tempo” possono essere settimane, ma quelle settimane a volte sono una carriera.

Obi, che la forza, il tempo e la salute, siano con te.

 

Tempo, tempo!

Bastano vent’anni appena compiuti per riconoscere un calciatore che andrà lontano? Non lo so, sicuramente sono bastati a Murgia per mettere la firma sul suo primo gol in serie A. I suoi pochi minuti di serie A sono stati più determinanti delle ore di Castan e Rossettini, in serie A. Stavolta ha dato lui, il tempo.

E per un attimo il tempo torna alla difesa di Glik e Maksimovic, ma passa subito. Roba da nostalgici.

 

Fatto sta che dall’84esimo – con il Toro sotto di una rete – i minuti cambiano forma e si fanno tutti corti, protesi in avanti, alla ricerca del pareggio.

I minuti che la curva allunga di cori, pieni del tempo che non basta mai.

Ma i 90 minuti di una partita a volte si stiracchiano di altri cinque. Un’inezia, verrebbe da dire. E invece no, quei minuti di “partita oltre” spesso cambiano il risultato, hanno un tempo diverso dei fratelli più grandi, i 90 appena passati.

Basterebbe pensare a quando Immobile aveva la maglia granata – che peraltro gli stava pure meglio, l’azzurro sbatte  – e in un solo minuto di recupero segna, e poi Cerci risegna. Tac, vittoria contro il Genoa che per 90 minuti era stata una sconfitta.

La “partita oltre” domenica se l’è giocata Ljajić: rigore.

Il rigore nasce come momento topico di suo, ferma sempre il tempo.

Se poi arriva dopo il 90esimo, quasi lo riavvolge, il tempo.

I secondi di preparazione al tiro ti danno spazio a sufficienza per pensare ai rigori passati, che hanno calciato anche il cuore insieme al pallone, ma che sono stati parati. I non-gol di Cerci (con tanto di lacrime ed Europa no. Che poi è diventata Europa sì, ma questa è un’altra storia), Lopez, Belotti. Quei non-gol che hai capito, ma che non vorresti mai più vedere.

Perché sbagliare è dannatamente umano, ma avere un rigorista che fa gol, pure.

È il tempo di Ljajić: pareggio. Sì!

 

E ora come riempire il tempo verso l’Inter?

Correre marines, allenarsi, studiare!

Ci aspettano 90 minuti nuovi di zecca, tutti da giocare.

Perché tra il passato che non puoi cambiare e il futuro che puoi solo immaginare, c’è il presente tipico del Toro: sognare!