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Quanto incide il mercato nelle scelte di Ventura?

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Mancano sei partite alla fine del campionato e quattro punti alla conquista della (presunta) matematica certezza della permanenza nel campionato di serie A. I numeri giocano a favore di una certa tranquillità d'animo giacchè...
Alessandro Costantino
Alessandro Costantino Columnist 

Mancano sei partite alla fine del campionato e quattro punti alla conquista della (presunta) matematica certezza della permanenza nel campionato di serie A. I numeri giocano a favore di una certa tranquillità d'animo giacchè chiamarla ottimismo pare troppo: sei furono i punti conquistati nel medesimo rush finale del girone d'andata, cioè un bottino che, se si ripetesse anche al ritorno, sarebbe più che sufficiente a raggiungere l'obbiettivo. E tre di questi sei sappiamo tutti contro chi sarebbe gradito farli...

Al di là, però, delle tabelle di marcia o dei calcoli da bar, è chiaro che ci si sta purtroppo avviando verso un finale in classico stile Toro. Una salvezza che sembrava ormai archiviata con ampio anticipo, si sta lentamente trasformando in un crescendo ansioso di occasioni mancate in cui pochi episodi fortunati (gol nel recupero a Bologna) si alternano ai molti sfortunati (pali, svariati eurogol subiti, ecc.) con il risultato che si pareggia quando si deve vincere e si perde quando si merita di pareggiare. Niente di nuovo sotto questo cielo, dirà qualcuno, ma è proprio lontano da cose del genere che la rinnovata barca granata avrebbe dovuto gradualmente fare rotta. Niente allarmismi, sia chiaro: il vantaggio sulla terz'ultima è più che consistente, ci sono tanti scontri diretti fratricidi che ci possono avvantaggiare e, extrema ratio, la classifica avulsa ci premia con quasi tutte le squadre in lotta per non retrocedere. A questo punto della stagione, però, il trittico terribile Viola-Juve-Milan diventa la cartina tornasole del nuovo corso granata: fare punti in queste tre partite, non importa come, dirà se l'aria è davvero cambiata e nel Toro c'è di nuovo, dopo svariati decenni, la consapevolezza di poter prendere il proprio destino "per le corna". In caso contrario, senza nessun dramma, si faranno i punti che si dovranno fare nelle ultime tre partite, ci si salverà e si prenderà atto che la strada da fare per parlare di un profondo e radicale cambiamento è ancora lunga e faticosa.

Una domanda però agita il mio finale di campionato: quanto incidono le dinamiche di mercato sulle scelte di Ventura? Tutti noi conosciamo perfettamente le idee calcistiche del mister, il suo credo tattico e, ormai, anche il suo metodo di valutazione dell'apporto che i singoli calciatori danno al suo progetto tecnico. Non deve quindi stupire che l'allenatore punti su Masiello, su Meggiorini o su Vives "finta" ala (da centrocampista centrale ha dimostrato di essere un altro giocatore): sono quelli che meglio interpretano e soddisfano le esigenze tattiche che più gli stanno a cuore. Per quanto i tifosi o la critica contestino o non capiscano queste scelte, Ventura non se ne cura e prosegue per la sua strada. E fin qui sulla sua coerenza non ci sarebbe molto da dire. Ciò che invece mi chiedo è se dietro ad altre scelte, non ci sia per caso un occhio di riguardo a (future) situazioni di mercato. Facile pensare alla gestione di Bianchi nell'ultimo mese, il più delle volte escluso eppure in grado di segnare gol pesanti e di essere l'unico attaccante in rosa a raggiungere la doppia cifra. Il non rinnovo del capitano ha spinto il mister ad accelerare l'accantonamento del Capitano? E' una domanda che mi pongo senza malizia, nel senso che una risposta affermativa la considererei più che legittima: se Ventura non vede Bianchi nel suo progetto è giusto che lo metta da parte, è nel suo diritto di allenatore responsabile della conduzione tecnica. Mi pare però strano il fatto che lo spazio liberato dal capitano non sia stato utilizzato per dare reale fiducia a Jonathan o a Diop, scelta che avrebbe dimostrato coerenza e lungimiranza.

Altro discorso quello che riguarda Ogbonna: Rodriguez ha fatto quasi sempre bene, ma per vendere il nostro nazionale a prezzi da top player, il Toro ha bisogno di mostrare la "merce in vetrina". Ergo spazio ad Angelone anche se ancora balbettante e non ai suoi massimi livelli. Nulla di scandaloso, in questo caso, soprattutto perchè davvero nelle ultimissime partite un Ogbonna al 100% della forma potrebbe essere decisivo. Misterioso è invece il caso D'Ambrosio. Il terzino napoletano è considerato in prospettiva un potenziale nazionale, il suo cartellino è interamente del Toro eppure nei ballottaggi con Darmian, che è in comproprietà col Palermo, finisce col sedersi spesso in panchina. Perchè? Che logica c'è dietro questa scelta? Darmian è un terzino più difensivo e questo può far pendere la bilancia verso di lui in tante partite, ma visto che D'Ambrosio si disimpegna bene anche a sinistra pare quasi masochistico non vederlo in campo al posto di Masiello. Che riflessi sul mercato può avere questa situazione? Si rischia di perdere D'Ambrosio anche se magari a fronte di una forte plusvalenza, mentre appare certa la volontà di comprare anche la seconda metà dello stesso Darmian.

Sulla falsariga di questi ragionamenti si potrebbero analizzare anche le situazioni di Stevanovic o Santana, o di Birsa e Brighi i cui infortuni hanno però limitato le scelte di Ventura. Sono sicuro che il mister mandi in campo ogni domenica quelli che ritiene i migliori in relazione all'impegno che la squadra deve affrontare: gli allenamenti infrasettimanali, le sue preferenze ormai acclarate e lo stato di forma psico-fisico dei giocatori sono i suoi unici punti di riferimento nel prendere le decisioni. Ma siamo certi che giunti verso la fine della stagione non ci sia anche qualche piccola influenza di mercato a far pendere leggermente la bilancia verso l'uno o verso l'altro?

 

Alessandro Costantino

Twitter: AleCostantino74

 

(Foto Dreosti)

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