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Quasi Toro

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Il segno dei tacchetti / La rubrica di Diego Fornero: "A fine gennaio, siamo alle solite: la squadra è "quasi" competitiva e poco più. E pensare che avremmo "quasi" voglia di sognare..."
Diego Fornero

Passano le stagioni, cambiano i giocatori, gli allenatori, gli avversari, ma il Toro sembra avere ormai acquisito una fisionomia chiara e immutabile, quella di una squadra che è "quasi" competitiva, con una rosa "quasi" completa, con un gioco "quasi" convincente, con giocatori "quasi" decisivi e, soprattutto, una classifica "quasi" da Europa League.

La situazione di questa stagione, e di questa sessione di calciomercato ormai pressoché conclusa senza mai neppure essere iniziata, è piuttosto chiara: questa è la dimensione del Torino, che in panchina ci sia Ventura, Mihajlovic o Mazzarri, poco cambia, e lo dicono i numeri.

Ma visto che i numeri sono quanto di più noioso ci sia nel mondo del calcio (personalissima opinione), qui preferisco parlare di emozioni: quando verrà il giorno che il tifoso granata potrà finalmente provare il brivido della felicità nei momenti decisivi della stagione? Vedere i propri giocatori gettare il cuore oltre l'ostacolo? Vedere un Presidente capace di allentare i cordoni della borsa per regalare alla squadra quel giocatore che, gira e rigira, manca sempre, che sia il famoso "regista coi piedi buoni" (ne parliamo da quanto? Dal 2006?) o quello "capace di inserirsi" (si, lo so, avrebbe dovuto esserlo Soriano, ma era sicuramente più veloce su Instagram che sul rettangolo verde), o magari quel puntero capace di dare il cambio al Gallo quando non è in vena di cantare (ahinoi, sempre più spesso), o ancora una scommessa - mi va bene una qualsiasi, scelga Petrachi, di quelle che ti fanno venire voglia di correre all'aeroporto con le sciarpe e sognare, crederci, sperare?

Ecco, in questo Toro così difensivo, così misurato, così sobrio, così attento al famoso "Scudetto del bilancio" ci vedo proprio questo: un'aurea mediocritas che impedisce di puntare più in là, nonostante una classifica non così disastrosa (pari punti con la Fiorentina, che pure ha qualcosa di più in termini di rosa), ma con le dirette concorrenti che si assicurano i Gabbiadini, i Muriel, e il Toro che non fa nulla, perché "no grazie, siamo a posto così", saluta un giocatore e non lo sostituisce, tanto ci sono i Primavera da convocare, no? E poi la rosa non è così corta, no? E poi ci sono ancora tante partite, no? E poi Atalanta, Fiorentina e Sampdoria sono forti, si, ma un po' sopravvalutate, no? E poi vorremo mica finire davvero in classifica dopo il Parma? E poi guarda che il Sassuolo crollerà. E poi, e poi, e poi...

Insomma, siamo alle solite: c'è ancora tempo per raddrizzare le cose, ma al Torino manca sempre qualcosa, che siano punti, rigori concessi o giocatori. All'aeroporto non ci sarà nessuno da andare a prendere, e forse anche ci fosse non sarebbe quel qualcuno a fare la differenza. E pensare che ci avevamo quasi creduto, e pensare che ci stavamo quasi sperando... E pensare che avevamo quasi voglia di sognare, che ci sembrava l'anno giusto per riconquistarci quelle pazze trasferte europee in Danimarca, Islanda, posti freddi a caso che ci piacciono tanto, basta che ci sia qualcosa di granata che scende in campo, e invece... Eccoci qua, anche stavolta con una squadra e una società (perché le responsabilità, se così vogliamo chiamarle, sono equamente suddivise), che non può darci nulla di più. Anche stavolta, semplicemente, un "quasi" Toro.

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