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Questa, è saudade

Bruno Peres
Sotto le Granate / La rubrica della nostra Maria Grazia Nemour
Maria Grazia Nemour

Nostalgia del passato e del futuro, insieme. Saudade. Malinconia di non stare dove si ama.

È troppo aspettarsi che qualche giocatore manifesti il desiderio di restare a Torino o aspiri a un ritorno, per questo, per saudade da Toro?

Sicuramente non è Bruno Peres a essere affetto da saudade da Toro. Amavo parecchio il suo gioco danzato quando era qui, il Toro aveva fatto una scommessa da due milioni di euro su di lui, portandolo in Italia. E l’aveva vinta. Poi, partito per Roma, non l’ho rimpianto. C’è spazio per un po’ di attaccamento verso chi ti accorda fiducia, investe e accoglie? Mi piaceva pensare di sì.

Mi piaceva pensare che il ritorno di Bruno Peres un po’ sapesse di questo, saudade da Toro. La curva, il sentire, la magia. Ma se già l’idea era utopica agli albori delle trattative, dopo è diventata addirittura ridicola. La saudade porta chiaramente Bruno Peres sulle spiagge del Brasile, non rimpiange nulla delle rive del Po.

E poi la moglie l’ha detto, che vuole tornare in Brasile. E le mogli hanno il loro peso nelle trattative. A volte portano una sfiga inimmaginabile le mogli, la frase “Mio marito giocherà nel calcio che conta” della consorte di Cerci, fa giurisprudenza in materia.

E poi c’è la saudade da procuratore, che più degli affetti, si occupa degli effetti, bancari. Saranno i procuratori a decidere se il milione di ingaggio sarà un milione e mezzo, o più. A Torino si dice che Bruno Peres arriverà, a Roma si scrive il contrario. E si è scritto anche di peggio: se hai in mente un atleta serio, non stai pensando a Bruno Peres.  Comunque, se sarà, sarà un arrivo senza poesia. Neanche da Maradona si accetterebbe un tale vengo e non vengo, aspetto e spero in qualcos’altro. Bruno, vai dove ti porta il cuore…perché di quello abbiamo bisogno noi, di cuore.

Ma Torino e Roma si sa, se la intendono. Qualcosa di diverso dagli affari di cuore. E a Verissimo, è montata la saudade giù prima di partire? Qualcuno gli ha detto che la smaltirebbe meglio a Lione, la malinconia dell’emigrato? Va dove di porta il cuore…ci serve entusiasmo e innamoramento qui! Chissà se soffre di saudade da Toro il nostro ex-Capitano, che una camminata ai piedi della Maratona la fa sempre volentieri, quando tempi e luoghi glielo permettono. Chissà se soffrono di saudade, i polacchi. Non so se sia saudade, ma un po’ di nostalgia per il futuro che non c’è stato e di malinconia per il passato che non c’è più, mi sale sempre, quando vedo Glik. Glikglikglik.

La vera tristezza è che non mi vengono in mente altri giocatori che abbiano dimostrato sintomi di saudade da Toro, negli ultimi anni. È il fascino che non affascina più? Che si s-fascina, senza risultati? Perché alla fine è così, se non sei nato al più tardi negli anni ’70, che saudade da Toro puoi avere accumulato nel cuore? Speriamo almeno nella saudade dei figli del Toro, Edera tra tutti, visto che è freschissimo di rinnovo quinquennale. Un lungo arco temporale che servirà a meglio mercanteggiare i movimenti futuri, dicono in molti, ma che potrebbe essere anche solo quel che è: un accordo lungo tra chi si piace e si sceglie.

Saudade per Barreca, Parigini, Bonifazi. Che non è né da una parte né dall’altra una promessa “finchè morte non ci separi”, perché la vita è molto più varia di così,  ma un sentimento di attaccamento e lealtà, sì. Un posto dove si è cresciuti e si è stati protetti. Dove è stata insegnata l’arte di gestire il talento. Dove uno non si sente un giocatore, ma un figlio del Toro. Un posto che è casa, anche e soprattutto, se si è lontani.

In questi giorni guardavo le immagini di Edera che calciava punizioni in un Filadelfia vuoto e assolato come un campetto di oratorio a metà agosto. Lui che faceva la telecronaca, calciava ed esultava. Come fanno i bambini, che sanno bene come non esista cosa più seria del gioco. Chiudi gli occhi se giochi per il Toro, entra con orgoglio nella fossa dei leoni, raduna tutte le energie per quando suonerà la trombetta del capostazione Bolmida, da quel minuto e per altri 15-20, non ti risparmiare, dribbla e cerca il gol, e quando lo trovi, alza le mani al cielo del Fila. Questa, è saudade.

Mi sono laureata in fantascienze politiche non so più bene quando. In ufficio scrivo avvincenti relazioni a bilanci in dissesto e gozzoviglio nell’associazione “Brigate alimentari”. Collaboro con Shakespeare e ho pubblicato un paio di romanzi. I miei protagonisti sono sempre del Toro, così, tanto per complicargli un po’ la vita.

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