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columnist
Non giriamoci attorno, la squadra vista domenica all’ora di pranzo è una squadra che ha compiuto dei passi indietro rispetto a quella ammirata durante le prime due giornate di campionato.
Certamente gli alibi non mancano: l’assenza di Maksimovic si è fatta e si farà sentire, quella di Moretti non ne parliamo, l’infortunio dopo circa venti minuti di gioco patito da Avelar ha scombinato ancora di più la retroguardia granata, Jansson entrato a freddo si è dimostrato ancora acerbo, timido ed ingenuo (vedi l’episodio del rigore concesso ai gialloblu), inoltre la sosta non aveva certo aiutato il lavoro di Ventura fra infortuni e viaggi continentali ed intercontinentali e per ultimo quell’entusiasmo nascente che non fa mai così bene al nostro ambiente.
Alla fine quindi personalmente il punto di Verona lo prendo con molto piacere e me lo porto a casa, ma andiamo ora ad analizzare cosa va e cosa ancora deve essere sistemato all’interno del Toro.
Per l’ennesima volta in stagione i ragazzi di Ventura hanno iniziato il match sottotono, sebbene come detto sopra, non ha aiutato il dover sostituire Avelar così presto, rivoluzionando in corsa l’assetto tattico della squadra, ma a dir la verità il Toro non aveva brillato nemmeno con il mancino brasiliano in campo.
Al termine del primo tempo ero decisamente pessimista sull’esito dell’incontro, poi ad inizio ripresa l’arbitro Irrati era lui a rompere gli equilibri concedendo ai veronesi un rigore alquanto generoso (tra l’altro avete notato come gli arbitri già alla terza giornata inizino a sbagliare a senso unico?) e così l’odioso Toni si incaricava di realizzare.
A quel punto, come sempre è successo fin qui in stagione, il Toro ferito iniziava a caricare sbuffante ed a testa bassa, determinanti si dimostravano le sostituzioni di un evanescente Obi con un arrembante Acquah e di un ancora spaesato Belotti con il sempre prezioso e scaltro Maxi Lopez.
Da li in poi è iniziata un'altra partita, sulla sinistra un Molinaro incontenibile ispirato dal piede di Bovo teneva costantemente in apprensione le retroguardia scaligera fino a quando era Baselli a raggiungere il pari grazie ad un sassata di Quagliarella non trattenuta dal portiere avversario.
Il Verona trovava poi la forza di ripassare in vantaggio, sempre sugli sviluppi di un calcio piazzato, grazie a Gomez abile ad anticipare di testa la retroguardia granata, mettendo in risalto quanto l’assenza di Moretti e Maksimovic si sia fatta sentire.
Il Toro comunque non mollava di un niente e dopo appena un minuto era Acquah a trovare il pertugio giusto da fuori area inchiodando il risultato sul 2 a 2.
Al minuto 34 della ripresa però si registrava l’episodio che poteva cambiare le sorti dell’incontro a nostro favore, Moras in area saltava scoordinato andando a colpire con un braccio un cross che giungeva dalla parte opposta, rigore sacrosanto adoperando il metro usato nell’area opposta, ma incredibilmente il buon Irrati fischiava fallo a favore dei veneti, adducendo una spinta di Glik il quale però si trovava ad almeno mezzo metro dall’avversario e non si notava alcun contatto fisico.
Dall’altra parte, a tempo quasi scaduto, c’era ancora il tempo per l’odioso Toni di reclamare un calcio di rigore, lamentandosi istericamente dopo una presunta alitata di Bovo nei suoi confronti.
Mi sia permesso aprire una parentesi su questo tipo di giocatori che a fine carriera usano certi trucchetti per togliere serenità all’operato arbitrale, questi comportamenti vanno estirpati sul nascere in quanto il calcio italiano ha già i suoi bei problemi con la classe arbitrale, senza che certi personaggi come il signor Toni ci mettano del loro.
A conti fatti un passo indietro forse a livello di gioco, ma un enorme passo in avanti in quanto a grinta, carattere e cuore Toro, nessuno di noi credo abbia dubbi sul fatto che solamente due stagioni fa una partita come quella di Verona l’avremmo sicuramente persa.
Ed ora ci aspetta la Sampdoria, non sarà una partita facile anche perché la nostra difesa sarà probabilmente ancora in emergenza, ma questo Toro ha dimostrato fin qui di potersela giocare con tutti e soprattutto di non mollare mai.
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