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Questo sembra realmente il vero Toro…

Domenica 27 gennaio, giorno della memoria!Chi più di noi, tifosi granata, fa della memoria e dei ricordi un qualcosa che viene tramandato di generazione in generazione? Questa è una delle cose che ci rende una tifoseria diversa dalle...
Beppe Pagliano

Domenica 27 gennaio, giorno della memoria! Chi più di noi, tifosi granata, fa della memoria e dei ricordi un qualcosa che viene tramandato di generazione in generazione? Questa è una delle cose che ci rende una tifoseria diversa dalle altre. Domenica sera ero a casa impossibilitato a recarmi a San Siro e prima dell’inizio della partita ho assistito su Sky al toccante documentario dedicato ad Arpad Weisz, l’allenatore ungherese che vinse negli anni ’30 uno scudetto con l’Inter e due con il Bologna.  In seguito alla promulgazione delle leggi razziali istituite nel 1938 dal regime fascista, l’allenatore magiaro dovette lasciare prima il calcio e quindi l’Italia; dopo varie peregrinazioni in giro per l’Europa Weisz, con la moglie ed i loro due bambini, venne arrestato dalle SS in Olanda, dopodiché tutti loro trovarono la morte ad Auschwitz nel 1944. La cosa pazzesca è che per sessant’anni, nessuno in Italia si sia domandato che fine avesse fatto un personaggio tanto famoso, ma solo grazie alla testardaggine di un giornalista bolognese, si sia riusciti a rendere onore a quest’ uomo ed alla sua famiglia, sterminati in nome di una ideologia criminale! Nel frattempo, la sera precedente, avevo avuto modo di assistere con quale arroganza, violenza ed antisportività la squadra di Venaria, con a capo il loro allenatore, aveva aggredito l’arbitro Guida al termine di una partita di calcio, reo costui, di non aver concesso loro un calcio di rigore (a mio avviso nemmeno poi così netto).  Per colmo della misura, inoltre, domenica pomeriggio, un candidato premier alle prossime elezioni politiche ha affermato che il regime fascista si rese protagonista di molte cose positive, e che soltanto la promulgazione delle leggi razziali fu un errore. A causa di tutto ciò prima della partita il mio umore di cittadino non era certo dei migliori, ma come spesso accade in questi momenti, ho iniziato a pensare che il Toro, il nostro Toro, quello che ho iniziato ad amare nell’infanzia grazie ai racconti di mio padre e delle persone anziane che ora non ci sono più, è forse la cosa più bella, pulita e genuina che mi accompagna da tutta una vita e che continua a farmi arrabbiare, gioire e commuovere.   Come avevo scritto la settimana scorsa la classifica iniziava a non farci più tanto paura, di conseguenza a Milano contro l’Inter potevamo giocare la nostra partita e provare a regalarci un sogno che in casa granata manca da troppo tempo. Al fischio d’inizio chiedevo solamente di vedere in campo un Toro con gli attributi, il quale giocasse la partita contro i nerazzurri con lo spirito guerriero che noi granata tanto amiamo. La partita sappiamo tutti com’è andata, i nostri ragazzi hanno sfoderato una prestazione stratosferica. Da quanti anni infatti non vedevamo il Toro recarsi alla ‘Scala del Calcio’ e giocare molto meglio degli avversari? Le partite si possono vincere così come si possono perdere, ma quando la nostra squadra gioca a calcio così bene e con un atteggiamento tanto ‘cazzuto’, credo che tutti noi ci sentiamo orgogliosi di chi onora la nostra gloriosa maglia, e non chiediamo di meglio. La prova ci veniva data dagli altoparlanti del televisore, grazie ai quali potevamo udire i canti dei fratelli granata accorsi al Meazza.   Vi ricordate la mia preoccupazione dopo la partita di Catania? Quale sia stata la causa di questa metamorfosi non mi è dato di sapere, ma di certo da quella partita in poi, in campo sono scesi dei giocatori con un atteggiamento diverso e non credo che il merito sia solamente dovuto all’innesto del pur bravo Barreto. Vorrei ora spendere ancora qualche parola su due calciatori, vale a dire Meggiorini e Sansone. Io non sono mai stato tenero con Meggiorini, ho sempre ammirato la sua volontà ferrea, peccato che vedesse la porta come una talpa a mezzanotte, ebbene lui ha masticato amaro, ha sopportato in silenzio i fischi a lui dedicati, ma ha dimostrato che il lavoro paga sempre e nelle ultime due partite ha fatto capire a tutti noi che può essere una pedina importante nello scacchiere granata, ma soprattutto credo abbia conquistato definitivamente l’affetto dei tifosi, anche di quelli che si erano resi protagonisti di critiche feroci nei suoi confronti. Gianluca Sansone al contrario non è più un giocatore del Toro, per sei mesi è stato coccolato da tutto l’ambiente granata, per noi tifosi doveva essere colui che avrebbe fatto coppia con Bianchi, in realtà l’attaccante lucano ha giocato poco, e quel poco nemmeno così bene, ma alla fine, a differenza di Meggiorini, ha gettato la spugna, chiedendo di essere ceduto, immaginando forse che la panchina di Genova sia più comoda di quella di Torino. A Sansone vorrei ricordare che un certo Paolino Pulici venne mandato da Giagnoni a calciare contro un muro per affinare la sua tecnica, quel ragazzo a quei tempi era fischiato come lo è stato Meggiorini in questi mesi, Paolino non si arrese e diventò Puliciclone, il mito assoluto per i tifosi della mia generazione. Eccole lì davanti a noi quelle qualità che fanno sì che un giocatore possa essere considerato da Toro: volontà, determinazione ed umiltà.   Concludendo vorrei porgere le mie scuse a Mister Ventura per averlo a volte criticato: prometto solennemente che da ora in poi mi recherò in vacanza a Bari, non mangerò più la bagna cauda e la sostituirò con le orecchiette alle cime di rapa e soprattutto non sarò più devoto a San Giovanni Battista, ma bensì a San Nicola!   Sempre e comunque fieri di essere granata!     Beppe Pagliano   Twitter  @beppepagliano     Foto Dreosti

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