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Profitto e Passione, Proposta e Partecipazione
Nota per il lettore. Per questo articolo mi sono avvalso con grande piacere dell’apporto dell’amico e collega Gianluca Nargiso, semplicemente un granata che più granata non si può.
Giunti a vivere l’anno di grazia 2023 assistiamo ogni giorno a contemplare una lacerante lotta tra il mondo com'è e quello nel quale vorremmo vivere. Nel calcio di Pulici, Graziani, ma anche di Leo Junior e persino di Lentini, il peso del dio Profitto nel calcio non era determinante come ai giorni nostri. Quantomeno nella coscienza dei tifosi.
Sono passati in fondo solo 31 anni da quando vi furono barricate e moti di piazza con cui migliaia di tifosi granata bloccarono il centralissimo corso Vittorio Emanuele per impedire che la bandiera Lentini, astro del calcio italiano, imboccasse l'autostrada direzione Milano. Dopo tutti questi anni un giocatore come Bremer (non una bandiera, ma un giocatore forte) è approdato lo scorso anno in riva alla sponda sbagliata del Po senza altrettanti moti di piazza.
Intendiamoci: il calcio non può trasmodare in violenze e violazioni delle leggi. Qui si rimembrano i moti di piazza solo come termometro di una febbre di passione che sembra esser assai calata. Difatti oggi è frequente vedere il tifoso che sui social e allo stadio difende le scelte oculate della società, che antepongono il bilancio (il Toro è l'alfiere di questa tendenza) al profilo sportivo.
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I tifosi granata ricordano benissimo che l'ultimo trofeo sollevato risale al giugno del ‘93, con presidente il chiacchierato Goveani che si trovò a traghettare il Toro per pochi mesi dopo gli anni ruggenti della presidenza Borsano, in cui grazie alla finanza allegra e alla leva del debito uscirono capitali ingenti che, però, vennero ben spesi per uno squadrone che, con Scifo e Martin Vazquez, vinse moralmente la coppa Uefa, raggiunse un lusinghiero terzo posto in campionato, suonò ripetutamente gli amati cugini nei derby. E, con le sue truppe decimate, fu comunque in grado di aggiudicarsi la Coppa Italia contro una Roma di tutto rispetto, dopo 4 partite tra semifinale e finale che nessuno granata (e nessun cardiologo) potrà mai dimenticare.
Oggi alla moltitudine dei tifosi granata (e non) importa molto del pareggio di bilancio e molto meno della dimensione sportiva o forse si potrebbe dire che per molti il mettere quest’ultima in subordine al primo è considerato un qualcosa di amaramente inevitabile. Lo scudetto non sembra più essere lo scopo della vita di ogni tifoso (andatelo a dire a Napoli, quest'anno, però...) e, quando si sottolinea la serie da horror nei derby, da 18 anni a questa parte, un silenzio rassegnato si leva come commento.
In un contesto come questo come potrà mai attirare il grande pubblico la proposta di legge che la tifoseria granata, tramite ToroMio insieme ad altre analoghe realtà nazionali, cocciutamente porta da anni all’attenzione della politica? Laddove la passione cede il posto al mero desiderio di riempire un vuoto nel tempo libero e abbattendosi via via la speranza si arriva all'ignavia e al disinteresse.
Ed invece il tifoso, anche quello che ha svoltato deciso verso la dimensione di spettatore con lo stomaco da struzzo, avrebbe buoni motivi per rivendicare la sua partecipazione a questo sistema calcio da lui sempre più distante.
Non tanto per metter bocca nella campagna acquisti per cambiare portiere o prendere un'altra punta, quanto, più appropriatamente, per ricordare che la dimensione sportiva e comunitaria, nonché la Tradizione di un Club, sono l'aspetto identitario ineliminabile che, da sempre, costituisce il vero gusto del mondo del pallone.
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Se tutti i saggi sociologici, da quello di Desmond Morris in giù, parlano di un'appartenenza alla squadra di calcio come di un bisogno di partecipazione e di identità da non circoscrivere nel recinto del mero folklore ma da analizzare a fondo, conviene che non si perda questa dimensione genuina, ovviamente depurata dagli aspetti beceri.
Da noi una Lega Calcio, progressivamente orientatasi in modo esclusivo al Profitto, ha prodotto un intiepidimento della partecipazione, tanto è vero che le presenze allo stadio e davanti la tv sono scemate. Ed un sistema calcio, già povero come il nostro, non se lo può permettere tale calo di presenze, audience e partecipazione.
E malgrado le dotte analisi di veri esperti di calcio e finanza (su tutti il documentato e morigerato Bellinazzo, firma del Sole 24 Ore) dimostrino che un altro calcio sarebbe non solo possibile ma strettamente necessario, il Palazzo, quale che sia il Governo, è rimasto per ora sordo, perlomeno nei fatti decisivi, a queste istanze.
A fronte di iter che si susseguono per riportare il calcio e lo sport ad una dimensione più partecipata ed inclusiva (e togliere i tifosi dalla sola dimensione del divano o del seggiolino allo stadio), fanno riflettere la lentezza nel procedere e un certo scetticismo senza ragioni che solo talvolta si ha il dispiacere di ascoltare, ma che evidentemente è condiviso da molti, giacché ad esempio il tema risulta essere evidentemente di scarso interesse per i media che ad esso dedicano poca attenzione, nonostante probabilmente sia il più importante tra tutti quelli che riguardano un possibile positivo cambiamento nel calcio e nello sport in Italia.
La Spagna e soprattutto la Germania, col suo modello partecipativo là assolutamente generalizzato tra i Club tedeschi e che sarebbe subito applicabile, fatte le dovute proporzioni, anche qui da noi, sembrano davvero assai lontane. Ma forse la partita non è del tutto persa, si sta ancora giocando, in effetti.
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In fondo tra i tifosi ci sono anche quelli (e sono molti) che farebbero a meno di campagne acquisti faraoniche (la penuria di soldi, tranne quelli arabi, sembra esser loro alleata) pur di vedere in squadra uno o più ragazzi del vivaio. Nel 1981 una legge, per tutelare gli atleti-lavoratori, impose che tutte le realtà sportive professionistiche italiane dovessero divenire società di capitali, società quindi con un obiettivo chiaro e non molto sportivo: il Profitto.
Non sapremo mai se fu un certo lobbismo ad introdurre una normativa apparentemente innocua che però produsse proprio l’effetto di consegnare totalmente alla logica del Profitto il sistema dello sport professionistico e con esso il nostro amato calcio. Nessuno in allora si preoccupò (come sarebbe invece più avanti accaduto in Germania) di preservare la componente associazionistica che prima nei Club era sempre stata ben presente, se non prevalente, per preservare la Passione e la Partecipazione della gente.
E così oggi, dopo 42 anni, non più associazioni di appassionati nei Club ma solo società di capitali. La prima buona notizia è che, però, la legge 91/1981 che ha distrutto la gente nei Club oggi non c’è più e questo dal 1 luglio 2023. E’ un buon auspicio certo, ma è rimasto integro, per ora, il sistema che ha costruito.
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La seconda buona notizia è che sappiamo che oggi, da gennaio 2023, c’è una Proposta depositata alla Camera che vuole indicare una direzione giusta ai gestori del calcio e dello sport professionistico. Ritornare ad una convinta partnership con la propria gente che sia riconosciuta istituzionalmente come il modo più corretto e fruttuoso di organizzare una società sportiva è lo scopo di questa Proposta.
Nessuna imposizione, ma solo l’indicazione di uno schema che preveda la creazione di grandi e numerose associazioni di tifosi in grado di interloquire con i Club sensibilizzandoli ed anche eventualmente aiutandoli. L’obiettivo è quello di sviluppare una fruttuosa e reciprocamente soddisfacente sinergia.
Questa è la Proposta di legge elaborata da ToroMio, sostenuta dal Comitato “Nelle origini il futuro”, recentemente abbracciata dall’Onorevole Riccardo Molinari che l’ha depositata alla Camera come primo firmatario dove il testo ha ricevuto anche approvazione e sostegno da parte dell’Onorevole Mauro Berruto.
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E’ il sesto anno che questa proposta fa parlare di sé. Ha già aperto nella scorsa legislatura una prima importante breccia con l’uscita del primo articolo di legge che ha menzionato il valore della partecipazione nello sport e questa nuova legislatura potrebbe dare un frutto decisivo. L’iter alla commissione cultura è cominciato e recentemente vi è stata audizione del sottoscritto dalla quale ho ricevuto impressioni positive. Potete leggere la proposta su www.toromio.net.
E allora uniamoci tutti, cerchiamo di stare attenti ai progressi di questa proposta e cerchiamo magari di farci sentire per sostenere la sua approvazione quando ce ne sarà bisogno. La gente granata, e non solo, deve rendersi conto che la promulgazione di questa legge sarebbe un passo davvero importante per un calcio più vicino ai suoi tifosi.
In fondo, infatti, è semplicemente giusto e normale in uno sport “popolare” qual è il calcio che i tifosi siano considerati e coinvolti. E non certo solo nei selfie, nei post o nella falsa libertà di poter infinitamente chiacchierare senza costrutto sui social.
E comunque, dal momento che lunedì ricomincia il campionato, sempre forza Toro ora e per sempre!
Visibili nell'immagine in copertina Valter Perozzo per Unione Club Granata e Massimiliano Romiti per ToroMio e quale presidente Noif all'audizione parlamentare in commissione cultura presso la Camera dei Deputati.
Avvocato e mediatore civile e commerciale. Socio Fondatore dei Giuristi Granata - Toro Club Marco Filippi, dell'Associazione Curva Primavera per la Fondazione Stadio Filadelfia e dell'Associazione ToroMio. Attuale presidente del Comitato NOIF "Nelle origini il futuro" che unisce a ToroMio associazioni di varie tifoserie italiane nella promozione di una proposta di legge che introduca la partecipazione popolare nel mondo del calcio e dello sport.
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