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GRAN TORINO

Scendere dal carro

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Torna "Gran Torino", la rubrica a cura di Danilo Baccarani, con un nuovo appuntamento
Danilo Baccarani
Danilo Baccarani Columnist 

Io sono salito sul carro di Paolo Vanoli qualche settimana dopo il suo approdo.

Ho ammesso il mio scetticismo sin dalle prime battute, lecito a mio avviso, non concentrato sulle capacità del tecnico varesino, quanto sulla sua inesperienza in Serie A e sulle difficoltà che avrebbe potuto incontrare in caso di risultati negativi.

Ammetto anche di aver avuto cattivi pensieri sulla “protezione” che una società come il Toro di Cairo avrebbe potuto/voluto/dovuto offrire ad un tecnico neofita della massima divisione.

Proprio per questo motivo il mio timore cresceva di giorno in giorno.

Ma poi, la fine di questa estate così strana e turbolenta, ci ha restituito un’edizione speciale del Toro, ci ha riunito e ricompattato come tifoseria, issando a metà settembre la nostra amata franchigia al primo posto in classifica.

Così, dopo la vittoria con l’Atalanta, ho fondato la mia chiesa laica e la religione conseguente con i giusti dettami e i precetti: il Vanolesimo, rivendicandola con orgoglio, perché in sei partite di campionato ho visto la luce in fondo al tunnel.

Un tunnel che soprattutto negli ultimi due anni era diventato davvero troppo buio.

Abbiamo visto scelte coraggiose: Zapata, Sanabria e Adams tutti e tre insieme in campo, i giovani Dembelé e Njie gettati nella mischia, abbiamo visto gol, abbiamo visto i primi frutti del lavoro di un tecnico e di una squadra che si stanno ancora annusando.

Non a caso i problemi arrivano dal reparto più rinnovato, quello che necessita maggior rodaggio, maggior comprensione e tempo, la difesa.

Il Toro ha 11 punti, tre in più dell’anno scorso, ha segnato 4 gol in più (10-6), subito un gol in più (8-7).

Nei numeri non vi sono grandissime differenze, se non la miglior vena realizzativa, ma sostanzialmente un miglioramento che parte da chiari e riconoscibili principi di gioco.

Chiede tempo Vanoli.

Ma non lo chiede a noi. Non ha detto ai tifosi, pazientate.

Non si è sbilanciato, non ha fatto promesse ma sa che deve lavorare.

E del resto sarebbe impensabile immaginare una squadra rinnovata che  assimili le sue idee, subito, in meno di tre mesi, pronti via, senza un minimo di apprendistato.

Eppure sono bastate due battute d’arresto per far ripiombare nella depressione più cupa, una buona fetta di tifosi.

Il barometro della Maratona, domenica, segnava sereno variabile.

Quali migliori parole per descrivere il meteo granata?

Eppure in questo momento storico, non c’è niente di più naturale (e sano) di una moderata “instabilità”.

Scendere dal carro di Vanoli adesso è esercizio facile. La sconfitta con l’Empoli è stata un brutto colpo più per la modalità che non per la partita in sé.

La battuta d’arresto con la Lazio ha moltiplicato le incognite sul reparto difensivo e sull’approccio spregiudicato della squadra in questa serie A.

181 azioni che portano gli avversari ad avere un tiro, tiri concessi che sono 104 (seconda peggior squadra del campionato per entrambe le metriche), 10.1 xGoal against, ovvero che in base alle occasioni concesse, il Toro avrebbe dovuto incassare due gol in più di quelli che ha preso.

Numeri che dovrebbero preoccupare.

Aggiungiamo il gioco incartato sulle fasce, il giro palla lento.

Insomma, se volete scendere dal carro, fatelo ora.

Fatelo ora dopo due sconfitte e con la difficilissima partita di San Siro alle porte.

Ignorate pure la questione del primo posto in solitaria dopo 47 anni.

Non valutate che Vanoli lavora con la squadra da tre mesi.

Non mettete sul piatto della bilancia che gioca senza due titolatissimi quali Schuurs e Vlasic.

No. Scendete dal carro senza se e senza ma.

Nel valutare il lavoro di un tecnico e di una squadra bisogna avere più equilibrio.

Non si può passare dalla esaltazione massima alla depressione in meno di una settimana.

Non so dove possa arrivare il Toro di Vanoli, sono sincero.

Un conto è essere ottimisti, un conto è essere realisti.

A questa squadra, per essere migliore, mancano alternative e non da quest’anno.

Sarebbe ingiusto pretendere da Vanoli di colmare il gap tecnico attraverso il suo lavoro quando sarebbe bastato uno sforzo (nemmeno troppo grande) in fase di mercato.

Però, in un campionato come questo, con un livellamento generale, il minimo è credere nel lavoro di Vanoli e dargli credito, affinché si prenda il suo tempo, perché di questo si parla.

E poi c’è un altro fattore.

E quel fattore siamo noi, intendo i tifosi.

Perché bisognerebbe guardarsi attorno per capire che i nostri giocatori non sono peggio di altri, che in campo non vanno i nomi, che tutte le partite sono da giocare.

Equilibrio. Calma e gesso. Pazienza.

Tutto quello che meritano la squadra, il mister, la maglia.

Noi.

Io, a scanso di equivoci, resto sul carro. Quando tornerete, spero presto, non spingete.

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