columnist

Si è spenta la luce sul Leicester

Anthony Weatherill
Loquor / Torna la rubrica di Anthony Weatherhill: "E’ scritto nel “Talmud” che “un sogno che non viene interpretato è come una lettera che non viene letta”

“Semper Eadem”

Motto della città di Leicester

Nel maggio 2016 il Leicester di Claudio Ranieri terminava la sua epica cavalcata verso la vittoria della Premier League nella cornice del “Teatro dei Sogni” del Manchester United. Il nome con cui tutti i mancuniani chiamano lo stadio Old Trafford, era apparso subito un monito riservato al calcio in presenza dell’atto finale di uno delle più belle storie sportive mai avvenute. Sembrava l’inizio di un nuovo orizzonte esistenziale per la città di Leicester, fino ad allora riempito quasi tutto dai Leicester Tigers, la squadra di rugby più vincente dell’era del professionismo della palla ovale. E’ scritto nel “Talmud” che “un sogno che non viene interpretato è come una lettera che non viene letta”, e allora molti, sin da quando si era capito che l’annata 2015/16 della Premier League sarebbe stata speciale per le “foxes” di Claudio Ranieri, si erano messi a leggere questa lettera recapitata dalle Midlands orientali.

La cosa più chiara, nei primi commenti, era l’assoluta certezza che i ragazzi di Ranieri non sarebbero durati molto in vetta: prima o poi sarebbero crollati. C’era nascosta, tra le pieghe di autorevoli pareri di giornalisti e opinionisti, la voglia di demitizzare da subito una squadra  probabilmente meno costosa del contratto quadriennale che Josè Mourinho aveva firmato con il Chelsea di Abramovich. Questi parvenu del calcio, poverini, avevano fatto già il massimo per le loro possibilità, ed erano trattati come il cavallo brocco prono a tirare la volata ai purosangue  dal diritto divino alla vittoria. Nel ricco calcio spettacolo della Premier League non si può certo accettare la logica delle “nozze coi fichi secchi”. Una vittoria del Leicester avrebbe di certo fatto male al marchio Premier League, che faceva dei ricchi investimenti di fondi sovrani e miliardari di tutto il mondo un vestito d’alta sartoria assolutamente da esibire. Per esibire questo vestito d’alta sartoria la Premier League, sin dalla sua fondazione nel 1992, si era preoccupata di porre le basi per la demolizione di gran parte della storia del calcio inglese. Da quel giorno ha contato più la conquista di nuovi mercati(tipo l’oriente), con le loro piazze borsistiche di riferimento, che non le ragioni per cui, dall’inizio dei tempi del calcio, le squadre si erano costituite per sfidarsi su un prato erboso. Gli autorevoli commenti alla lettura della lettera cominciarono a diventare sempre più tra il caritatevole e il funesto, quando ci si rese conto che le foxes probabilmente lo avrebbero vinto quel campionato, dove la loro vittoria era stata quotata 5000/1.

“E’ un caso, l’anno prossimo torneranno a lottare per non retrocedere”, era stata la sintesi dell’impresa del Leicester. Proprio nessuno voleva ammettere che il calcio, se fatto con competenza e passione, è proprio lo sport prodigo di questo tipo d’imprese. E’ quel luogo dove non sempre i soldi fanno la differenza. Era un messaggio, in un’ epoca dove si cerca di convincere la gente quanto mai sia necessario “finanziarizzare” il più possibile il mondo pallonaro, al quale bisognava a tutti i costi sbarrare il passo. E quando il gioco si fa duro, ecco arrivare i duri fra i duri: i procuratori. Drinkwater, Kanté, Mahrez e Vardy erano i quattro pilastri su cui si stava basando tutta la cavalcata vincente della squadra di Ranieri, e sin da prima che la vittoria della Premier fosse compiuta i loro procuratori avevano cominciato ad imbastire trattative con i club più ricchi, dove trasferire le loro prestazioni di giocatori improvvisamente scopertisi campioni.

Cominciava la demolizione di un sogno, prima ancora che il sogno si compisse definitivamente. La cosa più impressionante era il silenzio della proprietà del club, una multinazionale thailandese(King Power Group) che aveva assunto il controllo delle foxes attraverso la sua controllata Asian Football Investiments. All’inizio dell’avventura, Vichai Srivaddhanaprabha, il magnate thailandese padrone di King Power Group, aveva dichiarato che “il calcio ripaga gli investimenti in tempi e modi diversi. Ma se uno acquista un albergo, inizia a guadagnarci dopo 15/20 anni”. Ecco, uno che parla di investimenti e guadagni si mette subito a livello della filosofia Premier League. E in questa filosofia si spiega il silenzio assordante del club di fronte alla destrutturazione anticipata dei vantaggi che la vittoria della Premier avrebbe portato alle foxes. E non solo in termini economici, visto che la vittoria del massimo campionato inglese porta un ricco premio in denaro(93 milioni di sterline) arricchito dalla conseguente qualificazione in Champions(altri 30 milioni di sterline), ma soprattutto d’immagine. C’erano tutte le premesse per rendere conveniente l’annunciato investimento di 180 milioni di sterline promesso dalla proprietà del club appena qualche mese prima. Dei magnifici quattro, solo Vardy continua a giocare per il Leicester. Gli altri tre, insieme a Jeff Schulupp, hanno preso la strada di più ricchi contratti, facendo incassare alla proprietà del club quasi 170 milioni di sterline(altro che 180 milioni da investire…) e demolendo le premesse di una crescita che i bianco/blu potevano avere dopo la vittoria del 2016. I procuratori sono stati i killer assoldati da tutto ciò che conta nella Premier, con la complicità di King Power, per riportare ordine in un disordine procurato allo scorrere sereno del denaro. Vichai Srivaddhanaprabha non ha mai avuto nessuna intenzione, come è del tutto evidente, di far vivere alla squadra messa in piedi da Ranieri tutta la parabola che sarebbe stato giusto vivere. Non ha voluto rilanciare aumentando alcuni ingaggi dei big e comprando qualche innesto per rendere ancora più duraturo il miracolo del campionato 2015/16.

L’opera del proprietario delle foxes si è completata l’anno successivo, con il licenziamento di Claudio Ranieri, seguito da un riaversi improvviso della squadra tornata improvvisamente a vincere delle partite e concludendo il campionato a metà classifica. Voler pensare male di tale rendimento alterno dei giocatori nell’anno successivo la vittoria della Premier potrebbe essere un peccato non eccessivo. Hanno voluto far ballare il Leicester un solo anno,  perché solo chi fa grandi investimenti ha diritto alla vittoria nel calcio contemporaneo. Hanno stabilito dei grossi premi in denaro, foraggiati dalle televisioni, per le vittorie. Premi che devono essere distribuiti da chi fa girare più moneta e anima sponsor di ogni tipo. Non sono previste deroghe alla Leicester in questo sistema, perché danno solo fastidio. I giornali sono stati costretti ad elogiare l’impresa di Ranieri solo il giorno in cui si è compiuta; mentre sia prima che dopo hanno cercato solo di demitizzarla per toglierle valore. I tifosi delle foxes sono stati derubati della possibilità di coltivare il sogno più a lungo, e probabilmente se ne saranno fatti presto una ragione. Tanto, nell’ ammirato sistema Premier League, i tifosi ormai contano meno che da altre parti. Compreso i club e la loro storia. Tutto ciò mentre i proprietari pro tempore delle società fanno allegramente affari con procuratori e sponsor. Dove vanno a finire parte degli utili generati da un Manchester United, potrebbe e dovrebbe essere oggetto di serie inchieste della stampa e della Football Association. Ma nulla di tutto ciò, temo, accadrà mai.

Ci sono squadre come il Millwall e l’Athletic Bilbao che continuano ad avere rapporti strettissimi con i suoi tifosi, molto presenti nella vita dei loro club di appartenenza. Peggio è andata ai tifosi dello United, costretti a crearsi un’altra realtà(lo United of Manchester), per manifestare il loro aperto dissenso contro la proprietà americana dei “Red Devils” e per coltivare una speranza di rinascita dei valori di quei ferrovieri fondatori del sogno mancuniano colorato dalle maglie rosse. In Italia, in questi giorni, stiamo assistendo ad un sindaco improvvido, quello di Bari, che ha assegnato a De Laurentis ciò che resta del fallimento del Bari Calcio. Il patron del Napoli ha già annunciato di voler riportare la squadra pugliese in Serie A, e che se ne infischia se il regolamento impedirebbe ad una stessa proprietà di avere due squadre nella massima serie. “Faremo cambiare i regolamenti –ha tuonato il vulcanico presidente partenopeo- , è tempo che l’Italia si adegui alla modernità”. Ovviamente dalla Federcalcio nessuno è intervenuto per metterlo al suo posto, e fa davvero molta tristezza ascoltare le dichiarazioni di un famoso giornalista come Pier Luigi Pardo, in cui sostiene che “l’acquisizione di De Laurentis è legittima. Una normale operazione di trading finanziario”. Non c’è storia, non c’è sport, non c’è fairplay, non ci sono i tifosi. Ha ragione Pardo: tutto è denaro. Normale e legittimo denaro. Stanno facendo prostituire l’oggetto del nostro amore, e tutto sembra normale. “I sogni sono risposte a domande che ancora non abbiamo capito come formulare”, ha scritto qualcuno. Non dobbiamo permettere l’oscuramento dei nostri sogni, altrimenti smetteremo di inseguire le nostre domande. E saremo come dei figuranti della nostra esistenza.

(ha collaborato Carmelo Pennisi)

 

Anthony Weatherhill, originario di Manchester e nipote dello storico coach Matt Busby, si occupa da tempo di politica sportiva. E’ il vero ideatore della Tessera del Tifoso, poi arrivata in Italia sulla base di tutt’altri presupposti e intendimenti