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columnist
Guardavo una vecchissima foto di Platini a strisce e pensavo a quanto calcio ha incarnato nella sua vita, il tre volte Pallone d’Oro. Le Roi Michel è stato a lungo sole, come calciatore e come dirigente dei vertici del calcio, poi è calato il buio delle inchieste giudiziarie, la corruzione. Il sedicente eroe romantico del calcio si è rivelato piuttosto cinico quando, durante una recente intervista sul mondiale 1998, ride con gusto dicendo: “Non ci si rompe le scatole sei anni ad organizzare un mondiale per poi non fare nemmeno qualche piccolo imbroglio”. Si riferisce alla manipolazione dei gironi, che dovevano permettere alla Francia – paese ospitante – e al Brasile – campione in carica – di sfidarsi solo in finale. Eventualmente. Eventualmente? Eh chi lo sa…forse Le Roi Michel, lo sa.
Quello che è dato sapere noi del popolo, è che Le Roi Michel e l’emiro quatarino Tamim Ben Hamad Al Thani nel 2010 hanno pranzato amabilmente insieme a Sarkozy, all’allora primo ministro, alla consigliera allo sport e al segretario generale dell’Eliseo. Si sa, che a tavola è più semplice addivenire a un accordo che riempia la pancia a tutti, anche in tema di Mondiali 2022, un affare da miliardi di euro. Tutti indagati, i commensali. Mondiali 2022, i primi che si svolgeranno in inverno, vista l’impraticabilità climatica del Qatar in estate. Mondiali 2022, quelli che Amnesty International denuncia come disumani nell’organizzazione, con la gestione dei cantieri di costruzione delle strutture prossimi alla schiavitù, nessun diritto per i lavoratori, altissima incidenza della mortalità. Mondiali 2022, una specie di ritorno a casa per il Paris Saint Germain controllato dal Qatar Sports Investments che da anni abbisogna di tutti gli escamotage immaginabili da Platini e Infantino per aggirare le regole del Fair Play Finanziario. Curioso come fosse stato proprio Platini a volere quelle regole, ma non curioso quanto scoprire che uno degli avvocati del Qatar Sports Investmens si chiama Laurent Platini. Il figlio del Re, certo.
Le Roi Michel e buona parte della tavolata sono stati trattenuti per ore dalla polizia francese, onde evitare che i commensali si accordassero sulle versioni delle testimonianze da rendere. C’è curiosità intorno alle ordinazioni di quel pranzo, chissà quanto ognuno ha chiesto per sè. Michel ha fatto sapere di essere sereno.
È una esternazione che accomuna molti indagati: sono sereno.
Io invece non sono serena per niente.
Mi turba pensare che una partita di calcio possa essere un teatro di marionette con i fili tirati da burattinai che in testa si infilano la corona da re e copricapi emiri, incappucciati vari.
E mi turba ancora di più perché queste ignobili storie sovrastano le molte nobili narrazioni calcistiche esistenti, quelle popolari, come il Palermo Calcio Popolare, che nel 2016 battezza una nuova avventura sportiva fatta di maglie senza sponsor, goliardia sugli spalti, integrazione multietnica, priorità data alla scuola calcio che deve dare la possibilità al maggior numero di ragazzi di avvicinarsi allo sport nell’età dell’adolescenza, per preservare la salute di chi rischia di finire in un ambiente sociale malato. Non esiste eroe romantico migliore di questo calcio che aspira a essere il più popolare possibile.
Non so se l’azionariato popolare delle squadre di calcio possa salvare il calcio agonizzante nei vari obitori Uefa, Superlega, Eca. Le forme di azionariato europeo spaziano dal modello piramidale dei Socios in Spagna, al modello tedesco del 50+1 che attua la politica dei prezzi accessibili e il forte radicamento sul territorio, a quello anglosassone. Anche il governo italiano sembra aprire finestre sulla proprietà condivisa e popolare e a casa nostra Toromio lavora da tempo per questa causa.
Io, cosa sia meglio non lo so, so solo che condivido profondamente la frase che chiude la presentazione del Palermo Calcio Popolare sul suo sito: Lunga vita al Calcio popolare…contro il calcio moderno!
Mi sono laureata in fantascienze politiche non so più bene quando. In ufficio scrivo avvincenti relazioni a bilanci in dissesto e gozzoviglio nell’associazione “Brigate alimentari”. Collaboro con Shakespeare e ho pubblicato un paio di romanzi. I miei protagonisti sono sempre del Toro, così, tanto per complicargli un po’ la vita.
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