Evvai che siamo partiti con l’Europa, abbiamo vinto il Debrecen a Torino!
columnist
Dalle Alpi al Comunale
Torino…non proprio Torino, Alessandria, utilizzando un’arma non convenzionale ma sostanziale nella bassa, per avere la meglio sugli ungheresi: l’Autan.
Già, perché un po’ vuoi che siamo ospiti a casa nostra, un po’ vuoi che il panorama calcistico prevedeva che il Toro trascorresse le vacanze in riviera e non in Europa, fatto sta che un campo dove giocare a luglio in formato internazionale non ce l’avevamo. E allora giro di ballo tra Vercelli – no, ha il sintetico – e Udine – uh, soprattutto comodo, per una partita in casa – e infine Alessandria.
Eppure non troppi anni fa c’erano stati quei Mondiali – notti magiche, inseguendo un gol, sotto il cielo di un’estata italiana – per cui la città di Torino (e mi sento molto città di Torino, quando si parla dell’utilizzo delle tasse che pago) aveva investito 80 milioni di euro alfine di edificare lo stadio che gli avvocati juventini avevano definito “bellissimo, dalla visuale davvero eccellente” (tale Agnelli Gianni, imprenditore) nonché “dalla spettacolarità sicura. Poche partite per essere amato, uno stadio bellissimo” (Chiusano Vittorio, nobile).
Oh…lo stadio delle Alpi, bellissimo, sospiravano gli avvocati.
Settantamila spettatori di capienza e vent’anni di pari trattamento a Torino e Juventus, un milione di euro annui d’affitto alla società di gestione Pubbligest che incassa anche gli introiti pubblicitari, quelli derivanti dalla ristorazione e dall’urbanizzazione dell’area circostante lo stadio.
Però…però perché rispettare un contratto quando si possono fare i capricci e avere molto di più di quanto inizialmente stabilito?
Uno, due, tre, e parte la campagna denigratoria dello stadio Delle Alpi, giuro, lo stesso che agli avvocati era sembrato bellissimo. Il Delle Alpi in pochi mesi si trasforma da eccellente a osceno, adatto a tutto tranne che a giocare a calcio, una cattedrale dai costi di gestione insostenibili, brutto pure a vedersi. Le cose basta ripeterle un sufficiente numero di volte sui giornali per renderle vere. La Juve minaccia di rescindere il contratto, alcune partite di coppa Uefa parte e le va a giocare in altri stadi, insomma, fa le linguacce e strilla fino a che il sindaco Castellani concede allo specchiato Moggi una modifica del contratto, assicurando alla Juve la gestione della pubblicità al Delle Alpi. Contenta? Per il momento, perché in realtà sono gli anni in cui la Juve inizia a scrivere il progetto di uno stadio di proprietà, o meglio, l’avvincente trama fantascientifica di uno stadio di proprietà pubblica che diventa privato. Intreccio che ostenta tratti d’avventura e romantici, ma che si rivela un horror.
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Quello che in quegli anni ancora la Juve non sapeva, forse, è che avrebbe assegnato al Toro una parte da protagonista all’interno del suo progetto. La storia inizia con la nascita del Delle Alpi in seno ai Mondiali del ’90, ed evolve nel ritorno dei morti viventi, alimentato dalle Olimpiadi invernali del 2006.
Il Toro si presenta al nuovo secolo con il giusto grado di sfacelo voluto dalla caratterizzazione del suo ruolo all’interno della storia, pronto per il pernicioso acquisto da parte di Cimminelli, sotto la presidenza di Romero. A raccontarlo dieci anni prima, nessuno, neanche il più proverbiale pessimista granata, avrebbe mai creduto alla fantasiosa possibilità che un imprenditore legato mani e piedi all’indotto Fiat, tifoso bianconero, si sarebbe comprato il Toro e che il portavoce di Agnelli lo avrebbe presieduto. Certe cose succedono solo nella realtà, in un romanzo risulterebbero troppo inverosimili.
Le Olimpiadi si avvicinano e il Comunale, che ai Mondiali ’90 era stato bocciato come struttura obsoleta e non idonea al recupero, tanto da investire 80 milioni di euro nella costruzione di uno stadio nuovo, l’ex bellissimo Delle Alpi, ecco il Comunale, dicevo, nel nuovo secolo acquista inaspettatamente un valore storico e artistico che nessuno aveva notato quando anni prima si parlava di abbatterlo per costruire un’area commerciale al suo posto. Oh no no, è un monumento sportivo, la Torino del potere stabilisce che il Comunale sarà la bandiera delle Olimpiadi 2006, di più, stabilisce che tale bomboniera sarà data in dono al Toro per 99 anni, dietro il modico investimento di 30 milioni di euro, la cifra necessaria per la ristrutturazione. Ma il piano di fattibilità era risultato negativo! Ma no, ma no, la città è decisa a favorire il Toro fino in fondo…
Cimminelli è un lungimirante imprenditore e si dice subito entusiasta del progetto – dove firmo? Dove firmo?
E poi…vabbe’, vogliamo dare un contentino anche all’altra squadra di Torino che è stata esclusa dall’affarone? Il comune dà uno sguardo di sfuggita all’inventario dei beni pubblici e al piano regolatore e per 25 milioni di euro assegna il diritto di superficie sull’intera area del Delle Alpi – con parcheggi e sterminata area commerciale annessi – sì, il Delle Alpi, proprio l’ex stadio bellissimo costato dieci anni prima 80 milioni, il Delle Alpi, uno stadio praticamente nuovo. Calcolando che la Juve assegna prontamente i diritti di sfruttamento parcheggi e aree commerciali per 20 milioni e che il Toro versa 4,5 milioni per tre anni di affitto, la Juve risulta aver pareggiato l’investimento muovendo solo qualche foglio di carta. Un curioso investimento davvero, tanto da sembrare una regalia.
Cimminelli completa il progetto bianconero facendo del suo peggio, inizia i lavori di ristrutturazione – che nel 2005 assolvono correttamente allo stato di avanzamento previsto – indebitando il Toro al limite dell’economicamente sopportabile e lecito (soprattutto perché è chiaro che la struttura non potrà mai remunerare il capitale investito, non disponendo di parcheggi e area commerciale da sfruttare) e presenta una fidejussione che…abracadabra…per colpa di un mago o dell’altro, risulta falsa. Salta il banco granata, chi ha dato ha dato, chi ha pagato ha pagato, il comune si riprende il Comunale, ultima i lavori e non riconosce nulla di quanto già realizzato al Toro, che ormai si avvia al fallimento.
Caspita… neppure Stephen King avrebbe architettato qualcosa di così devastante per costruire a Torino due stadi che c’erano già.
Fossero almeno notizie frutto di spionaggio queste, e invece no, il romanzo criminale è sotto il cielo compreso tra Torino e Venaria e nulla sembra poi così strano, il potere crea le sue infrastrutture e alimenta altro potere.
Entrare nell’ex bellissimo stadio Delle Alpi non mi è più possibile, ma è qualcosa che non ha nulla a che fare con l’invidia, quanto con la ripugnanza. Meglio giocare ad Alessandria, tra le zanzare, piuttosto che in uno stadio che racconta una storia inventata, che di vero ha però la tragicità dei danni collaterali.
Mi sono laureata in fantascienze politiche non so più bene quando. In ufficio scrivo avvincenti relazioni a bilanci in dissesto e gozzoviglio nell’associazione “Brigate alimentari”. Collaboro con Shakespeare e ho pubblicato un paio di romanzi. I miei protagonisti sono sempre del Toro, così, tanto per complicargli un po’ la vita.
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